Itinerario formativo GFAM 2016-17

PARROCCHIA SACRA FAMIGLIA IN ROGOREDO

GRUPPO FAMIGLIE PARROCCHIALE  - materiale preparatorio incontro del 19/11

  II incontro - “Amoris Laetitia”  capitolo II

 

Preghiera d’inizio

Signore, Tu sei l’Amore.

Noi Ti ringraziamo per la felicità

e l’amore della nostra vita comune:

 vogliamo viverli come un tuo dono.

Insegnaci a progredire l’uno

per mezzo dell’altro sotto il tuo sguardo,

a fare la tua volontà tutti i giorni della nostra vita,

 a sottoporti i nostri progetti,

a offrirti le nostre gioie e le nostre pene,

ad abbandonarci alla tua provvidenza.

Aiutaci a superare tutte le difficoltà 

e le incomprensioni:

così l'unione e l'amore tra noi cresceranno

ogni giorno di più e in essi troveremo Te.

Il nostro amore, la nostra gioia,

la nostra disponibilità apportino ai nostri fratelli e sorelle

incoraggiamento e stimolo

e siano per la missione compiuta insieme

un contributo efficace, alla tua gloria di Padre.

Amen.

 

Dalla “Amoris Laetitia” di Papa Francesco

  1. Il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa. Sono innumerevoli le analisi che si sono fatte sul matrimonio e la famiglia, sulle loro difficoltà e sfide attuali. È sano prestare attenzione alla realtà concreta, perché « le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia », attraverso i quali « la Chiesa può essere guidata ad una intelligenza più profonda dell’inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia ». Non pretendo di presentare qui tutto ciò che si potrebbe dire circa i diversi temi relativi alla famiglia nel contesto attuale. Ma poiché i Padri sinodali hanno apportato uno sguardo sulla realtà delle famiglie di tutto il mondo, ritengo opportuno raccogliere alcuni dei loro contributi pastorali, aggiungendo altre preoccupazioni che provengono dal mio proprio sguardo…

 

57.Rendo grazie a Dio perché molte famiglie, che sono ben lontane dal considerarsi perfette, vivono nell’amore, realizzano la propria vocazione e vanno avanti anche se cadono tante volte lungo il cammino. A partire dalle riflessioni sinodali non rimane uno stereotipo della famiglia ideale, bensì un interpellante mosaico formato da tante realtà diverse, piene di gioie, drammi e sogni. Le realtà che ci preoccupano sono sfide. Non cadiamo nella trappola di esaurirci in lamenti autodifensivi, invece di suscitare una creatività missionaria. In tutte le situazioni « la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di verità e di speranza. […] I grandi valori del matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza umana ». Se constatiamo molte difficoltà, esse sono – come hanno affermato i Vescovi della Colombia – un invito a « liberare in noi le energie della speranza traducendole in sogni profetici, azioni trasformatrici e immaginazione della carità ».

 

Amoris Lætitia, capitolo II 

La realtà e le sfide delle famiglie

Per una comprensione sintetica che presume la lettura del testo integrale.

Il primo capitolo che affrontiamo insieme in realtà è il secondo capitolo della Amoris Laetitia.

Questo perché Papa Francesco - a partire dal lavoro di studio e ricerca condotto dai due sinodi sulla famiglia e dalle famose indagini fatte tra i fedeli –  analizza in questo secondo capitolo la realtà attuale e le principali difficoltà e sfide per le famiglie che si riscontrano nel nostro tempo. Non è certo un quadro completo, come sottolinea Papa Francesco, ma uno sguardo sulle realtà delle famiglie sulle quali il Papa ha espresso le proprie preoccupazioni e ci invita a riflettere partendo dalla nostra esperienza di famiglie e di comunità di famiglie. Da tempo la Chiesa è consapevole che non si può agire considerando sempre validi forme e modelli del passato senza una rilettura di essi che sappia custodire il “valore permanente“ da ciò che invece non è tale e non va scambiato per tale. Creto il prevalere di  un individualismo esasperato, un ritmo vita/lavoro che allontana le scelte permanenti rischia di far diventare  l’istituto familiare “luogo di passaggio” a cui ci si rivolge quando e finché conviene, minando le caratteristiche di esclusività e stabilità del matrimonio. Papa Francesco ci esorta a non temere di proporre il matrimonio solo per evitare di confrontarci con questo sentire diffuso: siamo in grado di farlo e dobbiamo offrire questi “valori” senza timore. Non per imporre norme con la forza, ma per presentare la gioia e la bellezza di questo dono ricevuto da Dio, cercando parole, motivazioni e testimonianze che invitino le  giovani generazioni  ad accogliere la sfida del matrimonio. Ci esorta anche a una sincera autocritica, a riconoscere che spesso il modo di presentare il messaggio cristiano ha aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo.

N 37 Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significato la loro vita insieme. Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita. Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle.

Anche per sentito dire da certi “racconti popolari” fatti da nonni e genitori, in passato il matrimonio era visto quasi esclusivamente in funzione del dovere della procreazione; si trascurava l’aspetto unitivo, cioè l’importanza che ha un legame stabile e orientato a promuovere la vita dei due sposi in tutti i suoi aspetti, nella formazione e realizzazione della coppia. Quante volte il matrimonio è stato presentato solo in maniera “canonistica e astratta”, non rendendolo desiderabile e attraente; per quanto tempo le giovani coppie, con i loro problemi, i loro orari, i loro linguaggi, sono state trascurate, dando per scontato la loro prosecuzione nel cammino della fede. Quante energie pastorali sprecate nell’attaccare o difendersi dal mondo “decadente”, mentre non siamo stati in grado di proporre e indicare strade positive e modelli riusciti. Non dobbiamo però perdere il contatto con la realtà ignorando la generale cultura del provvisorio che porta a fuggire da relazioni stabili, a consumare relazioni affettive solo per ricevere un utile o per rimedio alla solitudine. Gli affetti diventano come gli oggetti nella società dei consumi : usa e getta, e poi addio. La prospettiva di un impegno permanente suscita timore, a volte per problemi economici o lavorativi, o perché non si vedono possibilità nel futuro o perché influenzati dal fallimento di altre coppie o da ideologie che svalutano il matrimonio e la famiglia.

Le famiglie sono oggi “provocate” su tanti fronti e molti sono elencati in questo capitolo. Situazioni e sfide che affaticano spesso le famiglie, rendendole quasi «più preoccupate di prevenire problemi futuri che di condividere il presente». Ma, si domanda papa Francesco, «chi si occupa oggi di sostenere i coniugi, di aiutarli a superare i rischi che li minacciano, di accompagnarli nel loro ruolo educativo, di stimolare la stabilità dell’unione coniugale? Solo l’unione esclusiva e indissolubile tra un uomo e una donna svolge una funzione sociale piena: nessuna unione precaria o chiusa alla trasmissione della vita assicura il futuro della società».

Eppure in molti paesi assiste  allo smantellamento giuridico dell’istituto  familiare, con leggi che permettono varie alternative al matrimonio, che così perde le sue caratteristiche di forma esclusiva ( ma non escludente !!!), di indissolubilità e di apertura alla vita che paiono invece disvalori antiquati.

Particolare riferimento si trova qui alla questione complessa e confusa del Gender, sulla quale mi pare che Francesco abbai espresso a più riprese alcune idee decisive:

Scrive il Papa: “Un’altra sfida emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che «nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza

differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva

radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo » È inquietante che alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini. Non si deve ignorare che « sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare ». D’altra parte, « la rivoluzione biotecnologica nel campo della procreazione umana ha introdotto la possibilità di manipolare l’atto generativo, rendendolo indipendente dalla relazione sessuale tra uomo e donna. In questo modo, la vita umana e la genitorialità sono divenute realtà componibili e scomponibili, soggette prevalentemente ai desideri di singoli o di coppie ». Una cosa è comprendere la fragilità umana o la complessità della vita, altra cosa è accettare ideologie che pretendono di dividere in due gli aspetti inseparabili della realtà. Non cadiamo nel peccato di pretendere di sostituirci al Creatore. Siamo creature, non siamo onnipotenti. Il creato ci precede e dev’essere ricevuto come dono. Al tempo stesso, siamo chiamati a custodire la nostra umanità, e ciò significa anzitutto accettarla e rispettarla come è stata creata”.

Il capitolo, che pure presenta numerosi aspetti di difficoltà sul tema della famiglia, si chiude però con un segno di speranza su cui dobbiamo fermarci : «grazie a Dio per la presenza di molte famiglie che, ben lontane dal considerarsi perfette, vivono nell’amore, realizzano la propria vocazione e vanno avanti anche se cadono tante volte lungo il cammino». Questa è la forte esortazione di Papa Francesco alle famiglie: essere famiglie reali «piene di gioie, drammi e sogni. Le realtà che ci preoccupano sono sfide, che invitano a liberare in noi le energie della speranza traducendole in …azioni trasformatrici».

 

PARROCCHIA SACRA FAMIGLIA IN ROGOREDO

GRUPPO FAMIGLIE PARROCCHIALE  - materiale preparatorio incontro del 11/03

  VI incontro - “Amoris Laetitia”  capitolo VII

 

Preghiera d’inizio

0 Padre, ci hai donato l’immensa gioia di essere genitori, ci hai concesso il grande dono di continuare la tua Creazione nella vita dei nostri figli.

Noi siamo i custodi del tesoro più prezioso del mondo!

Quante gioie abbiamo nell’accompagnarli nel loro percorso, quante preoccupazioni nel vederli crescere.

Ci sembriamo così inadeguati ad un compito così importante.

Eppure lo hai affidato a noi, e te ne siamo grati.

Insegnaci ad amare, insegnaci ad essere educatori, insegnaci a vedere nel volto dei nostri figli la scintilla divina che Tu hai messo in loro.

Insegnaci a non aver mai paura, insegnaci a trovare in Te il modello, insegnaci a trovare in Te forza, gioia e coraggio.

O Maria, come è stato anche per Te, aiutaci ogni giorno a scoprire il progetto d’amore che Dio Padre ha per i nostri figli.

Amen

 

Letture : Dalle lettere di Paolo

Efesini 6,1-3 : ”Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre! Questo è il primo comandamento che è accompagnato da una promessa: perché tu sia felice e goda di una lunga vita sulla terra. E voi, padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e negli insegnamenti del Signore.

Colossesi 3 “Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. 21Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino” .

Dalla “Amoris Laetitia” di Papa Francesco: Cap VII

I genitori incidono sempre sullo sviluppo morale dei loro figli, in bene e in male. Di conseguenza, la cosa migliore è che accettino questa responsabilità inevitabile e la realizzino in maniera cosciente, entusiasta, ragionevole e appropriata. Poiché questa funzione educativa delle famiglie è così importante ed è diventata molto complessa, desidero trattenermi in modo speciale su questo punto.

 

Amoris Lætitia, capitolo VII

Rafforzare l’educazione dei figli

 

Per una comprensione sintetica che presume la lettura del testo integrale.

Sono certo che questo capitolo è avvertito come importante e coinvolgente  molto più di altri che abbiamo già incontrato. Eppure viene collocato come “settimo”, dopo ben sei capitoli che lo hanno precedono, tutti  dedicati all’amore evangelicamente inteso che va a costituire la coppia e più ampiamente la famiglia, ma sempre a partire dalla dinamica di base che la genera e cioè il rapporto tra marito( uomo ) e moglie ( donna).

Certo la “sfida educativa” è una questione decisiva da sempre e per sempre. Il Papa la presenta in tutta la sua ampiezza toccando questioni fondamentali come  la formazione etica, l'apprendimento della disciplina, il paziente realismo, l'educazione sessuale, la trasmissione della fede ecc. La saggezza pratica presente in ogni paragrafo è notevole, soprattutto l'attenzione al principio di gradualità,  ai piccoli passi "che possono essere compresi, accettati e apprezzati” (N 271-273).

L’educazione morale implica chiedere a un bambino o a un giovane solo quelle cose che non rappresentino per lui un sacrificio sproporzionato, esigere solo quella dose di sforzo che non provochi risentimento o azioni puramente forzate. Il percorso ordinario è proporre piccoli passi che possano essere compresi, accettati e apprezzati, e comportino una rinuncia proporzionata. Diversamente, per chiedere troppo, non si ottiene nulla. La persona, appena potrà liberarsi dell’autorità, probabilmente smetterà di agire bene.

  1. Quando si propongono i valori, bisogna procedere a poco a poco, progredire in modi

diversi a seconda dell’età e delle possibilità concrete delle persone, senza pretendere di applicare metodologie rigide e immutabili. I contributi preziosi della psicologia e delle scienze dell’educazione mostrano che occorre un processo graduale nell’acquisizione di cambiamenti di comportamento, ma anche che la libertà ha bisogno di essere incanalata e stimolata, perché abbandonata a sé stessa non può garantire la propria maturazione…

 

C'è un punto particolarmente interessante e pedagogicamente fondamentale in cui il Santo Padre Francesco afferma chiaramente che "ossessione, tuttavia, non è istruzione. Non possiamo controllare tutte le situazioni che un bambino può sperimentare... Se i genitori sono ossessionati di sapere sempre dove sono i loro figli e controllare tutti i loro movimenti, essi cercheranno solo di dominare lo spazio. Ma questo non è un modo di educare, rafforzare e preparare i bambini ad affrontare le sfide. Ciò che è più importante è la capacità di aiutarli con amore a crescere nella libertà, la maturità, la disciplina generale e reale autonomia"

(N 260) La famiglia non può rinunciare ad essere luogo di sostegno, di accompagnamento, di

guida, anche se deve reinventare i suoi metodi e trovare nuove risorse. Ha bisogno di prospettare a che cosa voglia esporre i propri figli. A tale scopo non deve evitare di domandarsi chi sono quelli che si occupano di dare loro divertimento e intrattenimento, quelli che entrano nelle loro abitazioni attraverso gli schermi, quelli a cui li affidano per guidarli nel loro tempo libero. Soltanto i momenti che passiamo con loro, parlando con semplicità e affetto delle cose importanti, e le sane possibilità che creiamo perché possano occupare il loro tempo permetteranno di evitare una nociva invasione. C’è sempre bisogno di vigilanza. L’abbandono non fa mai bene. I genitori devono orientare e preparare i bambini e gli adolescenti affinché sappiano affrontare situazioni in cui ci possano essere, per esempio, rischi di aggressioni, di abuso o di tossicodipendenza.

 

Il Papa propone ai genitori una autentica formazione fondata sul “dialogo educativo che coinvolga la sensibilità e il linguaggio proprio dei figli”, in un atteggiamento di grande coerenza. Una formazione etica efficace implica il mostrare alla persona fino a che punto convenga a lei stessa agire bene. Oggi è spesso inefficace chiedere qualcosa che esiga sforzo e rinunce, senza mostrare chiaramente il bene che con ciò si potrebbe raggiungere” ( N 265).

Per agire bene non basta “giudicare in modo adeguato” o sapere con chiarezza che cosa si deve fare, benché ciò sia prioritario. Molte volte ( noi adulti ) siamo incoerenti con le nostre convinzioni personali, persino quando esse sono solide. Per quanto la coscienza ci detti un determinato giudizio morale, a volte hanno più potere altre cose che ci attraggono, se non abbiamo acquisito che il bene colto dalla mente si radichi in noi come profonda inclinazione affettiva, come gusto per il bene che pesi più di altre attrattive e che ci faccia percepire che quanto abbiamo colto come bene lo è anche “per noi” qui ed ora. Una formazione etica efficace implica il mostrare alla persona fino a che punto convenga a lei stessa agire bene. Oggi è spesso inefficace chiedere qualcosa che esiga sforzo e rinunce, senza mostrare chiaramente il

bene che con ciò si potrebbe raggiungere.

 

Con accenti pedagogici davvero innovativi il Papa ricorda che “l’educazione morale è un coltivare la libertà mediante proposte, motivazioni, applicazioni pratiche, stimoli, premi, esempi, modelli, simboli, riflessioni, esortazioni, revisioni del modo di agire e dialoghi che aiutino le persone a sviluppare quei principi interiori stabili che possono muovere a compiere spontaneamente il bene” (N 267) “La libertà è qualcosa di grandioso, ma possiamo perderla. L’educazione morale è un coltivare la libertà mediante proposte, motivazioni, applicazioni pratiche, stimoli, premi, esempi, modelli, simboli, riflessioni, esortazioni, revisioni del modo di agire e dialoghi che aiutino le persone a sviluppare quei principi interiori stabili che possono muovere a compiere spontaneamente il bene. La virtù è una convinzione che si è trasformata in un principio interno e stabile dell’agire. La vita virtuosa, pertanto, costruisce la libertà, la fortifica e la educa, evitando che la persona diventi schiava di inclinazioni compulsive disumanizzanti e antisociali. Infatti la dignità umana stessa esige che ognuno « agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e determinato da convinzioni personali. 

Ma nell’opera educativa deve prevedere in considerazione il valore della sanzione perché bambini e adolescenti si rendano conto che “le cattive azioni hanno delle conseguenze” (268). Ma in termini positivi Papa Francesco invita a orientare i figli a imparare la logica cristiana del perdono, a chiedere perdono, a riparare il danno causato agli altri, a riconoscere con gratitudine che è stato un bene per lui crescere in una famiglia, a sopportare le esigenze imposte da tutto il processo formativo. Insomma il Papa è persuaso che un figlio“corretto con amore si sente considerato, percepisce che è qualcuno, avverte che i suoi genitori riconoscono le sue potenzialità” (269).

Non poteva mancare da parte del Papa l’indicazione della famiglia come  luogo privilegiato dell’opera educativa: infatti, scrive: "la famiglia è la prima scuola dei valori umani, dove si impara il buon uso della libertà”  (N 274 - 276 ). “La famiglia è la prima scuola dei valori umani, dove si impara il buon uso della libertà. Ci sono inclinazioni maturate nell’infanzia che impregnano il profondo di una persona e permangono per tutta la vita come un’emozione favorevole nei confronti di un valore o come un rifiuto spontaneo di determinati comportamenti ( le buone abitudini…). Molte persone agiscono per tutta la vita in una certa maniera perché considerano valido quel modo di agire che hanno assimilato dall’infanzia, come per osmosi: “A me hanno insegnato così”; “questo è ciò che mi hanno inculcato”. Nell’ambito familiare si può anche imparare a discernere in modo critico i messaggi dei vari mezzi di comunicazione. Purtroppo, molte volte alcuni programmi televisivi o alcune forme di pubblicità incidono negativamente e indeboliscono valori ricevuti nella vita familiare”…” La famiglia è l’ambito della socializzazione primaria, perché è il primo luogo in cui si impara a collocarsi di fronte all’altro, ad ascoltare, a condividere, a sopportare, a rispettare, ad aiutare, a convivere. Il compito educativo deve suscitare il sentimento del mondo e della società come “ambiente familiare”, è un’educazione al saper “abitare”, oltre i limiti della propria casa.

Nel contesto familiare si insegna a recuperare la prossimità, il prendersi cura, il saluto. Lì si rompe il primo cerchio del mortale egoismo per riconoscere che viviamo insieme ad altri, con altri, che sono degni della nostra attenzione, della nostra gentilezza, del nostro affetto. Non c’è legame sociale senza questa prima dimensione quotidiana, quasi microscopica: lo stare insieme nella prossimità, incrociandoci in diversi momenti della giornata, preoccupandoci di quello che interessa tutti, soccorrendoci a vicenda nelle piccole cose quotidiane. La famiglia deve inventare ogni giorno nuovi modi di promuovere il riconoscimento reciproco”.

È significativa l’attenzione che il testo dedica alla educazione sessuale, un tema relativamente nuovo nella pastorale della Chiesa. L’Esortazione ne sostiene la necessità soprattutto oggi “in un’epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la sessualità”. Essa va realizzata “nel quadro di un’educazione all’amore, alla reciproca donazione” ( N 280 -281 ) “Il Concilio Vaticano II prospettava la necessità di « una positiva e prudente educazione sessuale » che raggiungesse i bambini prospettava la necessità di « una positiva e prudente educazione sessuale » che raggiungesse i bambini e gli adolescenti « man mano che cresce la loro età » e « tenuto conto del progresso della psicologia, della pedagogia e della didattica ». (Dichiarazione : Gravissimum educationis). Dovremmo domandarci se le nostre istituzioni educative hanno assunto questa sfida. È difficile pensare l’educazione sessuale in un’epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la sessualità. Si potrebbe intenderla solo nel quadro di una educazione all’amore, alla reciproca donazione. In tal modo il linguaggio della sessualità non si vede tristemente impoverito, ma illuminato. L’impulso sessuale può essere coltivato in un percorso di conoscenza di sé e nello sviluppo di una capacità di dominio di sé, che possano aiutare a far emergere capacità preziose di gioia e di incontro amoroso”.

Il testo avverte che l'espressione oggi diffusa 'sesso sicuro' trasmette  "un atteggiamento in se negativo” quasi a fare intendere  che la naturale finalità procreativa della sessualità abbia qualcosa di “insicuro” in se stessa, come se un eventuale nascituro fosse un nemico da cui proteggersi. (N 283). Frequentemente l’educazione sessuale si concentra sull’invito a “proteggersi”, cercando un “sesso sicuro”. Queste espressioni trasmettono un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, come se un eventuale figlio fosse un nemico dal quale doversi proteggere. Così si promuove l’aggressività narcisistica invece dell’accoglienza. È irresponsabile ogni invito agli adolescenti a giocare con i loro corpi e i loro desideri, come se avessero la maturità, i valori, l’impegno reciproco e gli obiettivi propri del matrimonio. Così li si incoraggia allegramente ad utilizzare l’altra persona come oggetto di esperienze per compensare carenze e grandi limiti.

È importante invece insegnare un percorso sulle diverse espressioni dell’amore, sulla cura reciproca, sulla tenerezza rispettosa, sulla comunicazione ricca di senso. Tutto questo, infatti, prepara ad un dono di sé integro e generoso che si esprimerà, dopo un impegno pubblico, nell’offerta dei corpi. L’unione sessuale nel matrimonio apparirà così come segno di un impegno totalizzante, arricchito da tutto il cammino precedente.

L’educazione dei figli dev’essere poi caratterizzata da un percorso di trasmissione della fede”

È fondamentale, infatti che i figli vedano il loro rapporto con Dio nelle azioni quotidiane a partire dalla preghiera personale e familiare e dalle espressioni della pietà religiosa e popolare. Questi numeri meritano di essere riportato integralmente (N 287-88-89)L’educazione dei figli dev’essere caratterizzata da un percorso di trasmissione della fede, che è reso difficile dallo stile di vita attuale, dagli orari di lavoro, dalla complessità del mondo di oggi, in cui molti, per sopravvivere, sostengono ritmi frenetici. Ciò nonostante, la famiglia deve continuare ad essere il luogo dove si insegna a cogliere le ragioni e la bellezza della fede, a pregare e a servire il prossimo. Questo inizia con il Battesimo, nel quale, come diceva sant’Agostino, le madri che portano i propri figli « cooperano al parto santo ( cioè generare Cristo nei figli) ». Poi inizia il cammino della crescita di quella vita nuova. La fede è dono di Dio, ricevuto nel Battesimo, e non è il risultato di un’azione umana, però i genitori sono strumento di Dio per la sua maturazione e il suo sviluppo. Perciò « è bello quando le mamme insegnano ai figli piccoli a mandare un bacio a Gesù o alla Vergine. Quanta tenerezza c’è in quel gesto! In quel momento il cuore dei bambini si trasforma in spazio di preghiera ». La trasmissione della fede presuppone che i genitori vivano l’esperienza reale di avere fiducia in Dio, di cercarlo, di averne bisogno, perché solo in questo modo « una generazione narra all’altra le tue opere, annuncia le tue imprese » (Sal 144,4) e « il padre farà conoscere ai figli la tua fedeltà » (Is 38,19). Questo richiede che invochiamo l’azione di Dio nei cuori, là dove non possiamo arrivare. Il granello di senape, seme tanto piccolo, diventa un grande arbusto (cfr Mt 13,31-32), e così riconosciamo la sproporzione tra l’azione e il suo effetto. Allora sappiamo che non siamo padroni del dono ma suoi amministratori premurosi. Tuttavia il nostro impegno creativo è un contributo che ci permette di collaborare con l’iniziativa di Dio. Pertanto, « si abbia cura di valorizzare le coppie, le madri e i padri, come soggetti attivi della catechesi […]. È di grande aiuto la catechesi familiare, in quanto metodo efficace per formare i giovani genitori e per renderli consapevoli della loro missione come evangelizzatori della propria famiglia “.

288 L’educazione alla fede sa adattarsi a ciascun figlio, perché gli strumenti già imparati o le ricette a volte non funzionano. I bambini hanno bisogno di simboli, di gesti, di racconti. Gli adolescenti solitamente entrano in crisi con l’autorità e con le norme, per cui conviene stimolare le loro personali esperienze di fede e offrire loro testimonianze luminose che si impongano per la loro stessa bellezza. I genitori che vogliono accompagnare la fede dei propri figli sono attenti ai loro cambiamenti, perché sanno che l’esperienza spirituale non si impone ma si propone alla loro libertà. È fondamentale che i figli vedano in maniera concreta che per i loro genitori la preghiera è realmente importante. Per questo i momenti di preghiera in famiglia e le espressioni della pietà popolare possono avere maggior forza evangelizzatrice di tutte le catechesi e tutti i discorsi.

Desidero esprimere in modo speciale la mia gratitudine a tutte le madri che pregano incessantemente, come faceva santa Monica, per i figli che si sono allontanati da Cristo.

  1. L’esercizio di trasmettere ai figli la fede, nel senso di facilitare la sua espressione e la sua crescita, permette che la famiglia diventi evangelizzatrice, e che spontaneamente inizi a trasmetterla a tutti coloro che le si accostano, anche al di fuori dello stesso ambiente familiare. I figli che crescono in famiglie missionarie spesso diventano missionari, se i genitori sanno vivere questo compito in modo tale che gli altri li sentano vicini e amichevoli, e così che i figli crescano in questo stile di relazione con il mondo, senza rinunciare alla propria fede e alle proprie convinzioni. Ricordiamo che Gesù stesso mangiava e beveva con i peccatori (cfr Mc 2,16; Mt 11,19), poteva fermarsi a conversare con la samaritana (cfr Gv 4,7-26), e ricevere Nicodemo di notte (cfr Gv 3,1-21), si lasciava ungere i piedi da una donna prostituta (cfr

Lc 7,36-50), e non esitava a toccare i malati (cfr Mc 1,40-45; 7,33). Lo stesso facevano i suoi apostoli, che non erano persone sprezzanti verso gli altri, reclusi in piccoli gruppi di eletti, isolati dalla vita della gente. Mentre le autorità li perseguitavano, loro godevano della simpatia di tutto il popolo.”

E’ così che le famiglie potranno essere sempre più luogo educativo ma anche vere Chiese domestiche e fermento evangelizzatore nella società odierna.

PARROCCHIA SACRA FAMIGLIA IN ROGOREDO

GRUPPO FAMIGLIE PARROCCHIALE  - Incontro del  18/02

V incontro – “Amoris Laetitia”  - capitolo IV parte II

 

CRESCERE NELLA CARITA’ CONIUGALE

Preghiera d’inizio

Ottienici, Gesù, per intercessione della tua  Madre Maria, di san Giuseppe e di san Paolo, d’avere in famiglia una “carità magnanima”, che ci renda capaci di donarci gli uni gli altri con vero affetto, anche quando, come risposta, avessimo ingratitudine e rifiuto.

“Una carità benigna” che ci aiuti ad imitare, nell’amore oblativo, il Cristo crocifisso, come chiede il tuo Apostolo a noi, coniugi cristiani

“Una carità non invidiosa” che, perciò, sappia scoprire e godere dei doni spirituali di cui è ricco colui / colei che il Padre ha scelto come nostro compagno/a di vita. Una carità che ci faccia accogliere, ogni giorno, i nostri familiari come dono di Dio e ci faccia evitare d’inseguire sogni fantastici d’una famiglia ideale (che non esiste).

“Una carità che, come quella di Paolo, non si vanti né si gonfi”, ma tutto attribuisca alla grazia del Signore.

“Una carità che non manchi di rispetto” per nessun membro della famiglia; e che anche in colui o in colei che avesse sbagliato in modo gravissimo, sappia scorgere l’immagine di Dio, sappia vedere il volto di Cristo.

“Una carità che non cerchi il proprio interesse” ma quello degli altri familiari, sapendo che tutti ci sono stati affidati dal Padre ; una carità che perciò «si sforzi di piacere a tutti in tutto, senza cercare l’utile proprio ma quello di tutti, perché giungano alla salvezza».

E se qualche volta, malgrado i propositi, la nostra “carità (come quella di Paolo) si adirasse”, fa’ che questa ira sia rivolta al peccato, non al peccatore, in modo che la correzione sia percepita da chi la riceve, come un gesto d’amore.

Quando, poi, dovessimo ricevere del male da qualcuno dei nostri familiari, ti preghiamo d’ottenerci “una carità che non ne tenga conto”, imitandoti, Gesù, quando, crocifisso, hai donato te stesso alla Chiesa per renderla santa ed immacolata.

Signore, fa’ che la nostra carità ci faccia vivere la beatitudine di chi “soffre per ogni ingiustizia”. Ottienici, in positivo, come genitori ed educatori, d’edificare insieme “la civiltà dell’amore”, con l’impegno a far di tutto perché i nostri figli siano sempre “buoni cristiani e buoni cittadini”.

Gesù, fa’ che “la nostra carità si compiaccia sempre e solo della verità”, che sei tu, o Signore. Facci capaci di testimoniare con la nostra vita familiare “lo splendore della tua Verità”, perché altri scoprano gli ideali evangelici che rendono bella ogni vita.

Vorremmo, infine, che “la nostra carità, come quella di Paolo, arrivasse a coprire tutto, a credere in tutti, a sperare sempre, e a sopportare ogni difficoltà”, soprattutto in famiglia, per vivere, così, la beatitudine promessa ai misericordiosi e ottenere, a nostra volta, la tua infinita misericordia.

Così anche noi, come l’Apostolo, potremo dire ai nostri figli, ai nostri nipoti e a nostri vicini: «Fatevi nostri imitatori (nella carità), come noi lo siamo di Cristo». Amen.

 

Lettura

  1. Darsi tempo, tempo di qualità, che consiste nell’ascoltare con pazienza e attenzione, finché l’altro abbia espresso tutto quello che aveva bisogno di esprimere. Questo richiede l’ascesi di non incominciare a parlare prima del momento adatto. Invece di iniziare ad offrire opinioni o consigli, bisogna assicurarsi di aver ascoltato tutto quello che l’altro ha la necessità di dire. Questo implica fare silenzio interiore per ascoltare senza rumori nel cuore e nella mente: spogliarsi di ogni fretta, mettere da parte le proprie necessità e urgenze, fare spazio. Molte volte uno dei coniugi non ha bisogno di una soluzione ai suoi problemi ma di essere ascoltato. Deve percepire che è stata colta la sua pena, la sua delusione, la sua paura, la sua ira, la sua speranza, il suo sogno. Tuttavia sono frequenti queste lamentele: “Non mi ascolta.

Quando sembra che lo stia facendo, in realtà sta pensando ad un’altra cosa”. “Parlo e sento che sta aspettando che finisca una buona volta”. “Quando parlo tenta di cambiare argomento, o mi dà risposte rapide per chiudere la conversazione”.

 

Commento e ripresa diretta del testo stesso nelle sue parti più significative

Le conseguenze di quanto detto nella prima parte del Cap IV a partire dall’ Inno alla Carità  sono riprese nella seconda parte del capitolo di cui offriamo una sintesi ragionata a partire dal titolo che introduce la seconda parte del testo : Crescere nella carità coniugale:

   [120] L’inno di san Paolo, che abbiamo percorso, ci permette di passare alla carità coniugale.

Essa è l’amore che unisce gli sposi,115 santificato, arricchito e illuminato dalla grazia del sacramento del matrimonio. È « un’unione affettiva »,spirituale e oblativa, che però raccoglie in sé la tenerezza dell’amicizia e la passione erotica, benché sia in grado di sussistere anche quando i sentimenti e la passione si indebolissero. Il Papa Pio XI ha insegnato che tale amore permea tutti i doveri della vita coniugale…  Infatti, tale amore forte, versato dallo Spirito Santo, è il riflesso dell’Alleanza indistruttibile tra Cristo e l’umanità, culminata nella dedizione sino alla fine, sulla croce: « Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi come Cristo ci ha amato. L’amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale ».

Il Papa ricorda a questo punto tanto agli sposi quanto ai pastori della Chiesa che:

    [122] non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica « un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio »

Tuttavia ribadisce chiaramente quanto segue:

    [123]  L’unione che si cristallizza nella promessa matrimoniale per sempre, è più che una formalità sociale o una tradizione, perché si radica nelle inclinazioni spontanee della persona umana; e, per i credenti, è un’alleanza davanti a Dio che esige fedeltà: « Il Signore è testimone fra te e la donna della tua giovinezza, che hai tradito, mentre era la tua compagna, la donna legata a te da un patto: […] nessuno tradisca la donna della sua giovinezza. Perché io detesto il ripudio » (Ml 2,14.15.16).

   [124] Un amore debole o malato, incapace di accettare il matrimonio come una sfida che ri chiede di lottare, di rinascere, di reinventarsi e ricominciare sempre di nuovo fino alla morte, non è in grado di sostenere un livello alto di impegno. Cede alla cultura del provvisorio, che impedisce un processo costante di crescita. Però « promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata ». Perché tale amore possa attraversare tutte le prove e mantenersi fedele nonostante tutto, si richiede il dono della grazia che lo fortifichi e lo elevi…

    [125]. Il matrimonio, inoltre, è un’amicizia che comprende le note proprie della passione, ma

sempre orientata verso un’unione via via più stabile e intensa. Perché « non è stato istituito soltanto per la procreazione », ma affinché l’amore reciproco « abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità » Questa peculiare amicizia tra un uomo e una donna acquista un carattere totalizzante che si dà unicamente nell’unione coniugale. Proprio perché è totalizzante questa unione è anche esclusiva, fedele e aperta alla generazione. Si condivide ogni cosa, compresa la sessualità, sempre nel reciproco rispetto.

    [126] Nel matrimonio è bene avere cura della gioia dell’amore. Quando la ricerca del piacere è ossessiva, rinchiude in un solo ambito e non permette di trovare altri tipi di soddisfazione. La gioia, invece, allarga la capacità di godere e permette di trovare gusto in realtà varie, anche nelle fasi della vita in cui il piacere si spegne. Per questo san Tommaso diceva che si usa la parola “gioia” per riferirsi alla dilatazione dell’ampiezza del cuore.

 

Tutto questo sempre e comunque nella logica della realtà e non di una idealità insostenibile:

    [135] Non fanno bene alcune fantasie su un amore idilliaco e perfetto, privato in tal modo di ogni stimolo a crescere. Un’idea celestiale dell’amore terreno dimentica che il meglio è quello che non è stato ancora raggiunto, il vino maturato col tempo. Come hanno ricordato i Vescovi del Cile, « non esistono le famiglie perfette che ci propone la pubblicità ingannevole e consumistica. In esse non passano gli anni, non esistono le malattie, il dolore, la morte […]. La pubblicità consumistica mostra un’illusione che non ha nulla a che vedere con la realtà che devono affrontare giorno per giorno i padri e la madri di famiglia ».

E’ questo un monito che ricalca la critica alla famiglia consumistica proposta dai mass media: non esiste né la “famiglia Mulino Bianco”, ma neppure la “famiglia angelicata”. Essere una famiglia cristiana non vuol dire non avere difetti o imperfezioni. La famiglia cristiana è chiamata alla santità, ma santità e perfezione non sono sinonimi e comunque è un processo, lungo, laborioso, fatto di cadute e di progressi.

Entra poi in gioco nelle parole del pontefice il tema della sessualità vissuta come parte essenziale della vita di coppia, non come “di più” ma con la consapevolezza che il piacere legato all’amore fisico è dono di Dio, e che l’altro, il coniuge, è Creatura e in quanto tale detentrice di una dignità che non va mai messa in gioco: della sessualità l’unica parte da mettere sotto controllo è l’idea del possesso, della considerazione dell’altro-da-sé come oggetto.

    [148] L’educazione dell’emotività e dell’istinto è necessaria, e a tal fine a volte è indispensabile porsi qualche limite. L’eccesso, la mancanza di controllo, l’ossessione per un solo tipo di piaceri, finiscono per debilitare e far ammalare lo stesso piacere, e danneggiano la vita della famiglia. In realtà si può compiere un bel cammino con le passioni, il che significa orientarle sempre più in un progetto di autodonazione e di piena realizzazione di sé che arricchisce le relazioni interpersonali in seno alla famiglia. Non implica rinunciare ad istanti di intensa gioia, ma assumerli in un intreccio con altri momenti di generosa dedizione, di speranza paziente, di inevitabile stanchezza, di sforzo per un ideale. La vita in famiglia è tutto questo e merita di essere vissuta interamente.

    [150] Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature. Quando la si coltiva e si evita che manchi di controllo, è per impedire che si verifichi « l’impoverimento di un valore autentico ». San Giovanni Paolo II ha respinto l’idea che l’insegnamento della Chiesa porti a « una negazione del valore del sesso umano » o che semplicemente lo tolleri «per la necessità stessa della procreazione». Il bisogno sessuale degli sposi non è oggetto di disprezzo e «non si tratta in alcun modo di mettere in questione quel bisogno»

    [151] La sessualità non è una risorsa per gratificare o intrattenere, dal momento che è un linguaggio interpersonale dove l’altro è preso sul serio, con il suo sacro e inviolabile valore. In tal modo « il cuore umano diviene partecipe, per così dire, di un’altra spontaneità ». In questo contesto, l’erotismo appare come manifestazione specificamente umana della sessualità. In esso si può ritrovare «il significato sponsale del corpo e l’autentica dignità del dono».

    [153] In questa epoca diventa alto il rischio che anche la sessualità sia dominata dallo spirito velenoso dell’“usa e getta”. Il corpo dell’altro è spesso manipolato come una cosa da tenere finché offre soddisfazione e da disprezzare quando perde attrattiva. Si possono forse ignorare o dissimulare le costanti forme di dominio, prepotenza, abuso, perversione e violenza sessuale, che sono frutto di una distorsione del significato della sessualità e che seppelliscono la dignità degli altri e l’appello all’amore sotto un’oscura ricerca di sé stessi?

    [156] Riprendiamo la sapiente spiegazione di san Giovanni Paolo II: «L’amore esclude ogni genere di sottomissione, per cui la moglie diverrebbe serva o schiava del marito […]. La comunità o unità che essi debbono costituire a motivo del matrimonio, si realizza attraverso una reciproca donazione, che è anche una sottomissione vicendevole»

 

A corollario di questo, con grande sapienza e realismo, il Papa avverte che oggi, più che mai, il matrimonio è la scelta continua dell’altro. E’ una sfida al conoscersi ogni momento di più e meglio perché – col prolungarsi della vita – è necessario approfondire i motivi della relazione, trasformarli, in ossequio alle varie fasi della vita:

    [163] prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei decenni, e questo comporta la necessità di ritornare a scegliersi a più riprese. Forse il coniuge non è più attratto da un desiderio sessuale intenso che lo muova verso l’altra persona, però sente il piacere di appartenerle e che essa gli appartenga, di sapere che non è solo, di aver un “complice” che conosce tutto della sua vita e della sua storia e che condivide tutto. È il compagno nel cammino della vita con cui si possono affrontare le difficoltà e godere le cose belle. Anche questo genera una soddisfazione che accompagna il desiderio proprio dell’amore coniugale. Non possiamo prometterci di avere gli stessi sentimenti per tutta la vita.

 

Infine va notata la chiusura veramente intensa e carica di commozione dell’ intero  capitolo :

    [164] Nella storia di un matrimonio, l’aspetto fisico muta, ma questo non è un motivo perché

l’attrazione amorosa venga meno. Ci si innamora di una persona intera con una identità propria,

non solo di un corpo, sebbene tale corpo, al di là del logorio del tempo, non finisca mai di esprimere in qualche modo quell’identità personale che ha conquistato il cuore. Quando gli altri non possono più riconoscere la bellezza di tale identità, il coniuge innamorato continua ad essere capace di percepirla con l’istinto dell’amore, e l’affetto non scompare. Riafferma la sua decisione di appartenere ad essa, la sceglie nuovamente ed esprime tale scelta attraverso una vicinanza fedele e colma di tenerezza. La nobiltà della sua decisione per essa, essendo intensa e profonda, risveglia una nuova forma di emozione nel compimento della missione coniugale. Perché « l’emozione provocata da un altro essere umano come persona [...] non tende di per sé all’atto coniugale». Acquisisce altre espressioni sensibili perché l’amore « è un’unica realtà, seppur con diverse dimensioni; di volta in volta, l’una o l’altra dimensione può emergere maggiormente ».Il vincolo trova nuove modalità ed esige la decisione di riprendere sempre nuovamente a stabilirlo. Non solo però per conservarlo, ma per farlo crescere. È il cammino di costruirsi giorno per giorno. Ma nulla di questo è possibile se non si invoca lo Spirito Santo, se non si grida ogni giorno chiedendo la sua grazia, se non si cerca la sua forza soprannaturale, se non gli si richiede ansiosamente che effonda il suo fuoco sopra il nostro amore per rafforzarlo, orientarlo e trasformarlo in ogni nuova situazione.

PARROCCHIA SACRA FAMIGLIA IN ROGOREDO

GRUPPO FAMIGLIE PARROCCHIALE   

  IV incontro - “Amoris Laetitia” -  capitolo IV parte I -  con i fidanzati del 28/1

 

Qui di seguito trovate lo schema dell’incontro comune anche con i fidanzati  in occasione della Festa della Famiglia. Inoltre vi ho già preparato - di seguito - anche il materiale per incontro di febbraio dove affronteremo al II parte del cap. 4 di AL

Preghiera d’inizio

Gesù, Maria e Giuseppe,

in voi contempliamo

lo splendore dell'amore vero,

a voi con fiducia ci rivolgiamo.

 

Santa Famiglia di Nazareth,

rendi anche le nostre famiglie

luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,

autentiche scuole del Vangelo

e piccole Chiese domestiche.

 

Santa Famiglia di Nazareth,

mai più nelle famiglie si faccia esperienza

di violenza, chiusura e divisione:

chiunque è stato ferito o scandalizzato

conosca presto consolazione e guarigione

 

Gesù, Maria e Giuseppe,

ascoltate, esaudite la nostra supplica. Amen

 


LETTURA

Testo dalla lettera di San Paolo ai Corinzi :

« La carità è paziente,

benevola è la carità;

non è invidiosa,

non si vanta,

non si gonfia d’orgoglio,

non manca di rispetto,

non cerca il proprio interesse,

non si adira,

non tiene conto del male ricevuto,

non gode dell’ingiustizia

ma si rallegra della verità.

Tutto scusa,

tutto crede,

tutto spera,

tutto sopporta » (1 Cor 13,4-7)

 

 

Presentazione e introduzione al momento di confronto scambio …

Uno dei ”cuori“ pulsanti  dell’ “Amoris Laetitia” di Papa Francesco è il capitolo 4 che si apre con l’inno di S. Paolo all’amore che abbiamo appena ascoltato, uno dei testi più scelti dagli sposi per le letture del loro  matrimonio.  Il Papa lo rilegge infatti in  relazione all’amore coniugale. Il capitolo IV della AL è,  a tutti gli effetti,  un piccolo sunto del  matrimonio e della vita amorosa ad uso delle una coppie cristiane. In esso viene riversata davvero tutta la sapienza  della Chiesa sulla sponsalità. Si trovano anche moltissimi i richiami alle precedenti encicliche sul tema ed in particolare ai predecessori diretti di Papa Francesco, cioè Benedetto XVI e San Giovanni Paolo II.

Nella prima parte – dalla quale partiremo noi per il confronto di oggi tra coppie sposate e fidanzati, il testo si propone di spiegare le apparentemente semplici parole di San Paolo costruendo, a partire da esse, una profonda riflessione su come devono essere le relazioni tra gli sposi alla luce del pensiero paolino. Un commentatore lo ha descritto così E’ – a tutti gli effetti – il manuale per gli sposi e per i pastori che accompagnano gli sposi nel loro percorso di vita, sia nei corsi prematrimoniali ma, anche dopo e durante la vita coniugale… “ Per cui nulla di più indicato per il nostro incontro di oggi.

 

Per aiutare il confronto tra di noi nella seconda parte dell’incontro proviamo a riprendere i diversi aspetti del testo di Paolo così come li ripropone il Papa ad uso delle coppie:

 

Si comincia con la pazienza:

    [92] Essere pazienti non significa lasciare che ci maltrattino continuamente, o tollerare aggressioni fisiche, o permettere che ci trattino come oggetti. Il problema si pone quando pretendiamo che le relazioni siano idilliache o che le persone siano perfette, o quando ci collochiamo al centro e aspettiamo unicamente che si faccia la nostra volontà. Allora tutto ci spazientisce, tutto ci porta a reagire con aggressività. Se non coltiviamo la pazienza, avremo sempre delle scuse per rispondere con ira.

Segue …la benevolenza…

    [93] Paolo vuole mettere in chiaro che la “pazienza” nominata al primo posto non è un atteggiamento totalmente passivo, bensì è accompagnata da un’attività, da una reazione dinamica e creativa nei confronti degli altri. Indica che l’amore fa del bene agli altri e li promuove. Perciò si traduce come “benevola”

…si invita a fuggire la gelosia…

    [95] si rifiuta come contrario all’amore un atteggiamento espresso con il termine zelos (gelosia o invidia). Significa che nell’amore non c’è posto per il provare “dispiacere” a causa del bene/ successo dell’altro. L’invidia è una tristezza per il bene altrui che dimostra che non ci interessa la felicità degli altri, poiché siamo esclusivamente concentrati sul nostro benessere. Il vero amore apprezza i successi degli altri, non li sente come una minaccia, e si libera del sapore amaro dell’invidia. Accetta il fatto che ognuno ha doni differenti e strade diverse nella vita.

   [96] L’amore invece ci porta a un sincero apprezzamento di ciascun essere umano, riconoscendo il suo diritto alla felicità e alla realizzazione di se in primo luogo nei confronti dell’amato / amata. Forse ci si aspettava qualcosa sulla gelosia intesa come sentimento legato alla esclusività del rapporto… Ma il Papa non ha letto in questo senso il testo di Paolo.

…non si vanta e non si gonfia d’orgoglio….

    [97] Chi ama, non solo evita di parlare troppo di sé stesso, ma inoltre, poiché è centrato negli altri, sa “stare al suo posto”, senza pretendere di stare sempre al centro dell’attenzione del mondo intero.

    [98] Gesù ricordava ai suoi discepoli che nel mondo del potere ciascuno cerca di dominare l’altro, e per questo dice loro: « tra voi non sarà così » (Mt 20,26). La logica dell’amore cristiano non è quella di chi si sente superiore agli altri e ha bisogno di far loro sentire il suo potere, ma quella per cui « chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore » (Mt 20,27). Nella vita familiare non può regnare la logica del dominio degli uni sugli altri, o la competizione per vedere chi è più intelligente o potente, perché tale logica fa venir meno l’amore. Vale anche per la famiglia questo consiglio: « Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili » (1 Pt 5,5).

…non manca di rispetto… ( oggi è questione molto attuale !!! )

    [99] l’amore non opera in maniera rude, non agisce in modo scortese, non è duro nel tratto. I suoi modi, le sue parole, i suoi gesti, sono gradevoli e non aspri o rigidi e tantomeno possessivi e violenti. ( e qui forse la gelosia c’ entra …) La cortesia « è una scuola di sensibilità e disinteresse » che esige dalla persona che « coltivi la sua mente e i suoi sensi, che impari ad ascoltare, a parlare e in certi momenti a tacere ». Essere amabile non è uno stile che un cristiano possa scegliere o rifiutare: è parte delle esigenze irrinunciabili dell’amore perciò… ogni giorno, « entrare nella vita dell’altro, anche quando fa parte “ordinariamente” della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto. […] E l’amore, quanto più è intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di attendere che l’altro apra la porta del suo cuore ».

    [100] Chi ama è capace di dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano. Vediamo, per esempio, alcune parole che Gesù diceva alle persone: « Coraggio figlio! » (Mt 9,2). « Grande è la tua fede! » (Mt 15,28). « Alzati! » (Mc 5,41). « Va’ in pace » (Lc 7,50). « Non abbiate paura » (Mt 14,27). Non sono parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano. Nella famiglia bisogna imparare questo linguaggio amabile di Gesù.

…non cerca il suo interesse…

    [101] Il Papa lo chiama anche “distacco generoso“. L’amore “non cerca il proprio interesse”, o “non cerca quello che è suo”. Questa espressione è usata pure in un altro testo da Paolo:« Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri » (Fil 2,4). Davanti ad un’affermazione così chiara delle Scritture, bisogna evitare di attribuire priorità all’amore per sé stessi come se fosse più nobile del dono di sé stessi agli altri. Una certa priorità dell’amore per sé stessi può intendersi solamente come una condizione psicologica, in quanto chi è incapace di amare sé stesso incontra difficoltà ad amare gli altri: « Chi è cattivo con sé stesso con chi sarà buono? […] Nessuno è peggiore di chi danneggia sé stesso » (Sir 14,5-6).

…non tiene conto del male ricevuto...

    [103] L’indignazione in se è sana quando ci porta a reagire di fronte a una grave ingiustizia, ma è dannosa quando tende ad impregnare tutti i nostri atteggiamenti verso gli altri. Anche perché è facile essere giudici ma è difficile giudicarsi o lasciarsi giudicare su propri errori.

    [104] Il Vangelo invita piuttosto a guardare la trave nel proprio occhio (cfr Mt 7,5), e come cristiani non possiamo ignorare il costante invito della Parola di Dio a non alimentare l’ira: « Non lasciarti vincere dal male » (Rm 12,21). « E non stanchiamoci di fare il bene » (Gal 6,9). Una cosa è sentire la forza dell’aggressività che erompe e altra cosa è acconsentire ad essa, lasciare che diventi un atteggiamento permanente: « Adiratevi, ma non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira”

Ecco allora un preziosissimo consiglio per tutti : Non bisogna mai finire la giornata senza fare pace in famiglia. « E come devo fare la pace? Mettermi in ginocchio? No! Soltanto un piccolo gesto, una cosina così, e l’armonia familiare torna. Basta una carezza, senza parole. Ma mai finire la giornata in famiglia senza fare la pace! »

La chiave di volta di tutto il sistema non può alla fine che essere il perdono, che non è “lasciar correre” ma un atteggiamento interiore che parte da una conversione interiore.     

    [106] Quando siamo stati offesi o delusi, il perdono è possibile e auspicabile, ma nessuno dice che sia facile. La verità è che « la comunione familiare può essere conservata e perfezionata solo con un grande spirito di sacrificio. Esige, infatti, una pronta e generosa disponibilità di tutti e di ciascuno alla comprensione, alla tolleranza, al perdono, alla riconciliazione. Nessuna famiglia ignora come l’egoismo, il disaccordo, le tensioni, i conflitti aggrediscano violentemente e a volte colpiscano mortalmente la propria comunione: di qui le molteplici e varie forme di divisione nella vita familiare ».

    [107] Oggi sappiamo che per poter perdonare abbiamo bisogno di passare attraverso l’esperienza liberante di comprendere e perdonare noi stessi. Tante volte i nostri sbagli, o lo sguardo critico delle persone che amiamo, ci hanno fatto perdere l’affetto verso noi stessi. Questo ci induce alla fine a guardarci dagli altri, a fuggire dall’affetto, a riempirci di paure nelle relazioni interpersonali. Dunque, poter incolpare gli altri si trasforma in un falso sollievo. C’è bisogno di pregare con la propria storia, di accettare sé stessi, di saper convivere con i propri limiti, e anche di perdonarsi, per poter avere questo medesimo atteggiamento verso gli altri.

    [108]  Ma questo presuppone l’esperienza squisitamente cristiana di ”di essere perdonati da Dio”, giustificati gratuitamente e non per i nostri meriti. Siamo stati raggiunti da un amore previo ad ogni nostra opera, che offre sempre una nuova opportunità, promuove e stimola. Se accettiamo che l’amore di Dio è senza condizioni, che l’affetto del Padre non si deve comprare né pagare, allora potremo amare al di là di tutto, perdonare gli altri anche quando sono stati ingiusti con noi. Diversamente, la nostra vita in famiglia cesserà di essere un luogo di comprensione, accompagnamento e stimolo, e sarà uno spazio di tensione permanente e di reciproco castigo.

Infine il n 111 del capitolo 4 di Amoris Laetitia ci spiega come:

    L’elenco si completa con quattro espressioni che parlano di una totalità: “tutto”. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. In questo modo, si sottolinea con forza il dinamismo contro-culturale dell’amore, capace di far fronte a qualsiasi cosa lo possa minacciare...

 

E noi cosa pensiamo di ciò che il Papa ha voluto qui proporci ? Da fidanzati, da sposati ci pare “sostenibile” una visione così ? Quali aspetti condividiamo e abbiamo spesso sperimentato nella nostra vita di coppia ?

Quali ci paiono “sogno” irrealizzabile e perché ?

Il fatto del credere come interagisce con questo modo di intendere la relazione coniugale? Una forma di vita insieme così intesa può prescindere dalla fede ?

Scrive infatti il Papa al n 163 “Nulla di questo è possibile se non si invoca lo Spirito Santo, se non si grida ogni giorno chiedendo la sua grazia, se non si cerca la sua forza soprannaturale, se non gli si richiede ansiosamente che effonda il suo fuoco sopra il nostro amore per rafforzarlo, orientarlo e trasformarlo in ogni nuova situazione.

Siamo d’accordo oppure no ?

 

Pausa

 

Scambio in gruppo

PARROCCHIA SACRA FAMIGLIA IN ROGOREDO

GRUPPO FAMIGLIE PARROCCHIALE  - materiale preparatorio incontro del 17/12

  III incontro - “Amoris Laetitia”  capitolo I

 


Preghiera d’inizio

« Beato chi teme il Signore

e cammina nelle sue vie.

Della fatica delle tue mani ti nutrirai,

sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda

nell’intimità della tua casa;

i tuoi figli come virgulti d’ulivo

intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto

l’uomo che teme il Signore.

Ti benedica il Signore da Sion.

Possa tu vedere il bene di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita!

Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!

Pace su Israele! » (Sal 128,1-6).

Gloria…

 

Dalla “Amoris Laetitia” di Papa Francesco

  1. La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua (cfr Gen 4), fino all’ultima pagina dove appaiono le nozze della Sposa e dell’Agnello (cfr Ap 21,2.9).

Le due case che Gesù descrive, costruite sulla roccia o sulla sabbia (cfr Mt 7,24-27), rappresentano tante situazioni familiari, create dalla libertà di quanti vi abitano, perché, come scrive il poeta, « ogni casa è un candelabro »…Varchiamo dunque la soglia di questa casa serena, con la sua famiglia seduta intorno alla mensa festiva. Al centro troviamo la coppia del padre e della madre con tutta la loro storia d’amore. In loro si realizza quel disegno primordiale che Cristo stesso evoca con intensità: « Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina? » (Mt 19,4). E riprende il mandato del Libro della Genesi: « Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne » (Gen 2,24).

29.Con questo sguardo, fatto di fede e di amore, di grazia e di impegno, di famiglia umana e di Trinità divina, contempliamo la famiglia che la Parola di Dio affida nelle mani dell’uomo, della donna e dei figli perché formino una comunione di persone che sia immagine dell’unione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. L’attività generativa  ed educativa è, a sua volta, un riflesso dell’opera creatrice del Padre. La famiglia è chiamata a condividere la preghiera quotidiana, la lettura della Parola di Dio e la comunione eucaristica per far crescere l’amore e convertirsi sempre più in tempio dove abita lo Spirito…Davanti ad ogni famiglia si presenta l’icona della famiglia di Nazaret, con la sua quotidianità fatta di fatiche e persino di incubi, come quando dovette patire l’incomprensibile violenza di Erode, esperienza che si ripete tragicamente ancor oggi in tante famiglie di profughi rifiutati e inermi. Come i magi, le famiglie sono invitate a contemplare il Bambino e la Madre, a prostrarsi e ad adorarlo (cfr Mt 2,11). Come Maria, sono esortate a vivere con coraggio e serenità le loro sfide familiari, tristi ed entusiasmanti, e a custodire e meditare nel cuore le meraviglie di Dio (cfr Lc 2,19.51). Nel tesoro del cuore di Maria ci sono anche tutti gli avvenimenti di ciascuna delle nostre famiglie, che ella conserva premurosamente. Perciò può aiutarci a interpretarli per riconoscere nella storia familiare il messaggio di Dio.

 

Amoris Lætitia, capitolo I

Alla luce della Parola

 

Per una comprensione sintetica che presume la lettura del testo integrale.

«La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua, fino all’ultima pagina dove appaiono le nozze della Sposa e dell’Agnello». Inizia così il primo capitolo dell’Esortazione apostolica Amoris lætitia in cui papa Francesco riflette sulla famiglia a partire dalle Sacre Scritture. Lo abbiamo messo come secondo nella nostra rilettura proprio perché vorremmo rileggere le sfide e le questioni aperte dal cap. II alla luce della Parola di Dio riprendendo e lasciando illuminare da Essa anche le domande e le questioni emerse nello scambio della scorsa volta. 

Facendosi guidare dal Salmo 128, che ancora oggi si proclama sia nella liturgia nuziale ebraica che in quella cristiana, il Papa varca la soglia della famiglia seduta intorno alla mensa festiva. Prendendo spunto dalle situazioni descritte nel salmo, richiama il progetto originario di Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e l’ha creato maschio e femmina, e, sorprendentemente, l’“immagine di Dio” ha come parallelo esplicativo proprio la coppia “maschio e femmina”. La coppia, che ama e genera la vita, manifesta il Dio creatore e salvatore e la relazione feconda della coppia diventa un’immagine per scoprire e descrivere il mistero di Dio Trinità che è comunione d’amore. E la famiglia è il suo riflesso vivente.

Papa Francesco, citando il secondo capitolo della Genesi, riflette poi sulla solitudine di Adamo nel giardino dell’Eden, solitudine che è risolta solo nell’incontro con un volto, con un “tu”, con una donna, in un rapporto di dialogo e reciprocità. I due insieme e solo insieme ( maschio e femmina insieme formano “l’UOMO”) costituiscono la famiglia il cui frutto e futuro dell’amore si incarna nei figli: il Papa, riprendendo il salmo, mette in evidenza l’importanza dei figli all’interno della famiglia collocandoli nella “ giusta “ relazione con i genitori come anche il titoli dei capitoli suggeriscono : In primis TU E LA SPOSA e in secundis I FIGLI COME VIRGULTI DI ULIVO…

La riflessione continua richiamando la dimensione di “Chiesa domestica” che emerge dal Nuovo Testamento, dove si parla della «Chiesa che si riunisce nella casa» in cui si prega insieme e in cui Dio si presenta con la sua benedizione. Indimenticabile è la scena dipinta nell’Apocalisse: «Sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

La Bibbia considera la famiglia anche come sede della catechesi dei figli, il luogo dove i genitori diventano i primi maestri della fede per i loro figli in un lavoro “artigianale”, da persona a persona. Su questo abbiamo avuto occasione di riflettere insieme molte volte , non ultima la quattro giorni in Valcanale. La questione oggi è più decisiva che mai decisiva e ci interpella direttamente  mostrandoci come sia necessaria una solida e permanente formazione degli adulti- genitori.

«L’idillio presentato dal Salmo 128 non nega una realtà amara che segna tutte le Sacre Scritture». Infatti nella famiglia è presente anche il dolore, il male e la violenza. È a causa del peccato che la relazione d’amore tra l’uomo e la donna si trasforma in un dominio e vediamo la stessa Bibbia attraversata da sofferenza e sangue: il fratricidio di Caino, i litigi tra i figli e le spose dei patriarchi, le tragedie della famiglia di Davide, ecc. Anche nel Vangelo è presente la sofferenza della malattia e della morte. Questo ci mostra come la Parola di Dio non è «una sequenza di tesi astratte, bensì una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino».

Continuando la sua meditazione sul Salmo 128, papa Francesco riflette sul lavoro: «Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene», recita il salmista. Infatti già nella creazione Dio pone l’uomo nel giardino dell’Eden perché lo coltivi e lo custodisca. Il lavoro rende possibile lo sviluppo della società, il sostentamento della famiglia e anche la sua stabilità e la sua fecondità. Purtroppo non manca la disoccupazione e la precarietà lavorativa, come vediamo anche nel racconto in cui Gesù descrive gli operai che attendono, oziando nella piazza del paese, che qualcuno li chiami a lavorare. Anche noi se ci guardiamo attorno, nel nostro territorio, nel nostro paese, vediamo in quale situazione di precarietà vivono i nostri figli, infatti tanti di loro sono disoccupati o sono costretti a cercare lavoro lontano dalla loro famiglia d’origine, oppure si accontentano di un lavoro precario e sottopagato. O ancora vediamo come il nostro territorio soffra per la presenza di tante famiglie che sono rimaste senza lavoro. Non solo, quando l’uomo si comporta da tiranno nei confronti della natura, allora provoca tanta devastazione intorno a sé.

Il primo capitolo dell’Amoris lætitia si conclude poi sottolineando che Cristo ha introdotto la legge dell’amore e il dono di sé agli altri come segno distintivo dei suoi discepoli. In questo modo la famiglia umana diventa una «comunione di persone immagine dell’unione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. L’attività generativa ed educativa è, a sua volta, un riflesso dell’opera creatrice del Padre. La famiglia è chiamata a condividere la preghiera quotidiana, la lettura della Parola di Dio e la comunione eucaristica per far crescere l’amore e convertirsi sempre più in tempio dove abita lo Spirito».

Questa sintesi non sostituisce la lettura del testo che presenta anche nello stile dell’esposizione, un vero e proprio “ accompagnamento” da parte del Papa in questo affascinante seppur sintetico viaggio attraverso le scritture, viaggio che dovremmo intraprendere costantemente anche nelle nostre famiglie imparando ad avere una sempre maggiore familiarità con la Scrittura dal leggere insieme e condividere anche in un dialogo adeguato con i figli. Da questo punto di vista potrebbe risultare preziosa a valorizzazione dell’esperienza dei gruppi del vangelo presente da anni nella nostra comunità, uno dei quali potrebbe essere costituito proprio “all’interno” del cammino dei gruppi familiari… 

PARROCCHIA SACRA FAMIGLIA IN ROGOREDO

GRUPPO FAMIGLIE PARROCCHIALE  - 15 ottobre 2016

Incontro di inizio anno - Presentazione cammino e lettura dell’ “Amoris Laetitia”

 


Preghiera d’inizio

Gesù, Maria e Giuseppe

a voi, Santa Famiglia di Nazareth,

oggi, volgiamo lo sguardo

con ammirazione e confidenza;

in voi contempliamo

la bellezza della comunione nell'amore vero;

a voi raccomandiamo tutte le nostre famiglie,

perché si rinnovino in esse le meraviglie della grazia.

 

Santa Famiglia di Nazareth,

scuola attraente del Vangelo:

insegnaci a imitare le tue virtù

con una saggia disciplina spirituale,

donaci lo sguardo limpido

che sa riconoscere l'opera della Provvidenza

nelle realtà quotidiane della vita.

 

Santa Famiglia di Nazareth,

custode fedele del mistero della salvezza:

fa' rinascere in noi la stima del silenzio,

rendi le nostre famiglie cenacoli di preghiera

e trasformale in piccole Chiese domestiche,

rinnova il desiderio della santità,

sostieni la nobile fatica del lavoro, dell'educazione,

dell'ascolto, della reciproca comprensione         e del perdono.

 

Santa Famiglia di Nazareth,

ridesta nella nostra società la consapevolezza

del carattere sacro e inviolabile della famiglia,

bene inestimabile e insostituibile.

Ogni famiglia sia dimora accogliente di bontà e di pace

per i bambini e per gli anziani,

per chi è malato e solo,

per chi è povero e bisognoso.

 

Gesù, Maria e Giuseppe

voi con fiducia preghiamo, a voi con gioia  affidiamo il nostro cammino.Amen

 

Introducendoci…al nuovo anno pastorale

L’anno pastorale  ci vedrà  impegnati come comunità locale e come chiesa diocesana, oltre alla verifica della ricezione della lettera pastorale dell’Arcivescovo, all’accoglienza dell’esortazione Apostolica di papa Francesco “Amoris laetitia”, del suo discorso al Convegno di Firenze e delle attenzioni espresse nell’Esortazione Apostolica “Evangelii gaudium” che non va messa da  parte come ormai cosa passata... Ma per quanto ci riguarda, noi avevamo già scelto di approfondire l’”Amoris laetitia, come cammino del gruppo famiglie per cui... siamo in linea

 

Per introdurci alla lettura e al confronto sui tempi di Amoris Laetitia …

Trovate qui una sintesi dei capitoli dell’esortazione di papa Francesco sulla vita familiare che riprenderemo insieme durante quest’an. Non è il testo dell’introduzione che farà don Marco sabato no 15 ( oggi ) che  sarà invece  reso disponibile successivamente. Con l’ equipe si è scelto di suddividere i diversi capitoli che affronteremo come vedete sopra. 

Sintesi della “Amoris Laetitia”

“Amoris laetitia” (AL - “La gioia dell’amore”), l’Esortazione apostolica post-sinodale “sull’amore nella famiglia”, datata non a caso 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, raccoglie i risultati di due Sinodi sulla famiglia indetti da Papa Francesco nel 2014 e nel 2015, le cui Relazioni conclusive sono largamente citate, insieme a documenti e insegnamenti dei suoi Predecessori e alle numerose catechesi sulla famiglia dello stesso Papa Francesco. Tuttavia, come già accaduto per altri documenti magisteriali, il Papa si avvale anche dei contributi di diverse Conferenze episcopali del mondo (Kenya, Australia, Argentina…) e di citazioni di personalità significative come Martin Luther King o Erich Fromm. Particolare una citazione dal film “Il pranzo di Babette”, che il Papa ricorda per spiegare il concetto di gratuità.

Premessa

L’Esortazione apostolica colpisce per ampiezza e articolazione. Essa è suddivisa in nove capitoli e oltre 300 paragrafi. Ma si apre con sette paragrafi introduttivi che mettono in piena luce la consapevolezza della complessità del tema e l’approfondimento che richiede. Si afferma che gli interventi dei Padri al Sinodo hanno composto un «prezioso poliedro» (AL 4) che va preservato. In questo senso il Papa scrive che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero». Dunque per alcune questioni «in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti, “le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale [...] ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato”» (AL 3). Questo principio di inculturazione risulta davvero importante persino nel modo di impostare e comprendere i problemi che, aldilà delle questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa, non può essere «globalizzato».

Ma soprattutto il Papa afferma subito e con chiarezza che bisogna uscire dalla sterile contrapposizione tra ansia di cambiamento e applicazione pura e semplice di norme astratte. Scrive: «I dibattiti che si trovano nei mezzi di comunicazione o nelle pubblicazioni e perfino tra i ministri della Chiesa vanno da un desiderio sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento, all’atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative generali o traendo conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche» (AL 2).

Capitolo primo: “Alla luce della Parola”

Poste queste premesse, il Papa articola la sua riflessione a partire dalle Sacre Scritture con il primo capitolo, che si sviluppa come una meditazione sul Salmo 128, caratteristico della liturgia nuziale ebraica come di quella cristiana. La Bibbia «è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari» (AL 8) e a partire da questo dato si può meditare come la famiglia non sia un ideale astratto, ma un «compito “artigianale”» (AL 16) che si esprime con tenerezza (AL 28) ma che si è confrontato anche con il peccato sin dall’inizio, quando la relazione d’amore si è trasformata in dominio (cfr AL 19). Allora la Parola di Dio «non si mostra come una sequenza di tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino» (AL 22).

Capitolo secondo: “La realtà e le sfide delle famiglie”

A partire dal terreno biblico nel secondo capitolo il Papa considera la situazione attuale delle famiglie, tenendo «i piedi per terra» (AL 6), attingendo ampiamente alle Relazioni conclusive dei due Sinodi e affrontando numerose sfide, dal fenomeno migratorio alla negazione ideologica della differenza di sesso (“ideologia del gender”); dalla cultura del provvisorio alla mentalità antinatalista e all’impatto delle biotecnologie nel campo della procreazione; dalla mancanza di casa e di lavoro alla pornografia e all’abuso dei minori; dall’attenzione alle persone con disabilità, al rispetto degli anziani; dalla decostruzione giuridica della famiglia, alla violenza nei confronti delle donne. Il Papa insiste sulla concretezza, che è una cifra fondamentale dell’Esortazione. E sono la concretezza e il realismo che pongono una sostanziale differenza tra «teorie» di interpretazione della realtà e «ideologie».

Citando la Familiaris consortio Francesco afferma che «è sano prestare attenzione alla realtà concreta, perché “le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia”, attraverso i quali “la Chiesa può essere guidata ad una intelligenza più profonda dell'inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia”» (AL 31). Senza ascoltare la realtà non è possibile comprendere né le esigenze del presente né gli appelli dello Spirito, dunque. Il Papa nota che l’individualismo esasperato rende difficile oggi donarsi a un’altra persona in maniera generosa (cfr AL 33). Ecco una interessante fotografia della situazione: «Si teme la solitudine, si desidera uno spazio di protezione e di fedeltà, ma nello stesso tempo cresce il timore di essere catturati da una relazione che possa rimandare il soddisfacimento delle aspirazioni personali» (AL 34).

L’umiltà del realismo aiuta a non presentare «un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono» (AL 36). L’idealismo allontana dal considerare il matrimonio quel che è, cioè un «cammino dinamico di crescita e realizzazione». Per questo non bisogna neanche credere che le famiglie si sostengano «solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia» (AL 37). Invitando a una certa “autocritica” di una presentazione non adeguata della realtà matrimoniale e familiare, il Papa insiste che è necessario dare spazio alla formazione della coscienza dei fedeli: “Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle” (AL37). Gesù proponeva un ideale esigente ma «non perdeva mai la vicinanza compassionevole alle persone fragili come la samaritana o la donna adultera» (AL 38).

Capitolo terzo: “Lo sguardo rivolto a Gesù: la vocazione della famiglia”

Il terzo capitolo è dedicato ad alcuni elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa circa il matrimonio e la famiglia. La presenza di questo capitolo è importante perché illustra in maniera sintetica in 30 paragrafi la vocazione alla famiglia secondo il Vangelo così come è stata recepita dalla Chiesa nel tempo, soprattutto sul tema della indissolubilità, della sacramentalità del matrimonio, della trasmissione della vita e della educazione dei figli. Vengono ampiamente citate la Gaudium et spes del Vaticano II, la Humanae vitae di Paolo VI, la Familiaris consortio di Giovanni Paolo II.

Lo sguardo è ampio e include anche le «situazioni imperfette». Leggiamo infatti: «”Il discernimento della presenza dei “semina Verbi” nelle altre culture (cfr Ad gentes, 11) può essere applicato anche alla realtà matrimoniale e familiare. Oltre al vero matrimonio naturale ci sono elementi positivi presenti nelle forme matrimoniali di altre tradizioni religiose”, benché non manchino neppure le ombre” (AL 77). La riflessione include anche le «famiglie ferite» di fronte alle quali il Papa afferma —citando la Relatio finalis del Sinodo del 2015 —«occorre sempre ricordare un principio generale: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni” (Familiaris consortio, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione. Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione» (AL 79).

Capitolo quarto: “L’amore nel matrimonio”

Il quarto capitolo tratta dell’amore nel matrimonio, e lo illustra a partire dall’”inno all’amore” di San Paolo in 1 Cor 13, 4-7. Il capitolo è una vera e propria esegesi attenta, puntuale, ispirata e poetica del testo paolino. Potremmo dire che si tratta di una collezione di frammenti di un discorso amoroso che è attento a descrivere l’amore umano in termini assolutamente concreti. Si resta colpiti dalla capacità di introspezione psicologica che segna questa esegesi. L’approfondimento psicologico entra nel mondo delle emozioni dei coniugi — positive e negative —e nella dimensione erotica dell’amore. Si tratta di un contributo estremamente ricco e prezioso per la vita cristiana dei coniugi, che non aveva finora paragone in precedenti documenti papali.

A suo modo questo capitolo costituisce un trattatello dentro la trattazione più ampia, pienamente consapevole della quotidianità dell’amore che è nemica di ogni idealismo: «non si deve gettare sopra due persone limitate — scrive il Pontefice —il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio”» (AL 122). Ma d’altra parte il Papa insiste in maniera forte e decisa sul fatto che «nella stessa natura dell’amore coniugale vi è l’apertura al definitivo» (AL 123), proprio all’interno di quella «combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri» (Al 126) che è appunto il matrimonio.

Il capitolo si conclude con una riflessione molto importante sulla «trasformazione dell’amore» perché «il prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei decenni, e questo comporta la necessità di ritornare a scegliersi a più riprese» (AL 163). L’aspetto fisico muta e l’attrazione amorosa non viene meno ma cambia: il desiderio sessuale col tempo si può trasformare in desiderio di intimità e “complicità”. «Non possiamo prometterci di avere gli stessi sentimenti per tutta la vita. Ma possiamo certamente avere un progetto comune stabile, impegnarci ad amarci e a vivere uniti finché la morte non ci separi, e vivere sempre una ricca intimità» (AL 163).

Capitolo quinto: “L’amore che diventa fecondo”

Il quinto capitolo è tutto concentrato sulla fecondità e la generatività dell’amore. Si parla in maniera spiritualmente e psicologicamente profonda dell’accogliere una nuova vita, dell’attesa propria della gravidanza, dell’amore di madre e di padre. Ma anche della fecondità allargata, dell’adozione, dell’accoglienza del contributo delle famiglie a promuovere una “cultura dell’incontro”, della vita nella famiglia in senso ampio, con la presenza di zii, cugini, parenti dei parenti, amici. L’Amoris laetitia non prende in considerazione la famiglia «mononucleare», perché è ben consapevole della famiglia come rete di relazioni ampie. La stessa mistica del sacramento del matrimonio ha un profondo carattere sociale (cfr AL 186). E all’interno di questa dimensione sociale il Papa sottolinea in particolare sia il ruolo specifico del rapporto tra giovani e anziani, sia la relazione tra fratelli e sorelle come tirocinio di crescita nella relazione con gli altri.

Capitolo sesto: “Alcune prospettive pastorali”

Nel sesto capitolo il Papa affronta alcune vie pastorali che orientano a costruire famiglie solide e feconde secondo il piano di Dio. In questa parte l’Esortazione fa largo ricorso alle Relazioni conclusive dei due Sinodi e alle catechesi di Papa Francesco e di Giovanni Paolo II. Si ribadisce che le famiglie sono soggetto e non solamente oggetto di evangelizzazione. Il Papa rileva «che ai ministri ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi problemi attuali delle famiglie» (AL 202). Se da una parte bisogna migliorare la formazione psico-affettiva dei seminaristi e coinvolgere di più la famiglia nella formazione al ministero (cfr AL 203), dall’altra «può essere utile (…) anche l’esperienza della lunga tradizione orientale dei sacerdoti sposati» (AL 202).

Quindi il Papa affronta il tema del guidare i fidanzati nel cammino di preparazione al matrimonio, dell’accompagnare gli sposi nei primi anni della vita matrimoniale (compreso il tema della paternità responsabile), ma anche in alcune situazioni complesse e in particolare nelle crisi, sapendo che «ogni crisi nasconde una buona notizia che occorre saper ascoltare affinando l’udito del cuore» (AL 232). Si analizzano alcune cause di crisi, tra cui una maturazione affettiva ritardata (cfr AL 239).

Inoltre si parla anche dell’accompagnamento delle persone abbandonate, separate o divorziate e si sottolinea l’importanza della recente riforma dei procedimenti per il riconoscimento dei casi di nullità matrimoniale. Si mette in rilievo la sofferenza dei figli nelle situazioni conflittuali e si conclude: “Il divorzio è un male, ed è molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi. Per questo, senza dubbio, il nostro compito pastorale più importante riguardo alle famiglie è rafforzare l’amore e aiutare a sanare le ferite, in modo che possiamo prevenire l’estendersi di questo dramma nella nostra epoca” (AL 246). Si toccano poi le situazioni dei matrimoni misti e di quelli con disparità di culto, e la situazione delle famiglie che hanno al loro interno persone con tendenza omosessuale, ribadendo il rispetto nei loro confronti e il rifiuto di ogni ingiusta discriminazione e di ogni forma di aggressione o violenza. Pastoralmente preziosa è la parte finale del capitolo: “Quando la morte pianta il suo pungiglione”, sul tema della perdita delle persone care e della vedovanza.

Capitolo settimo: “Rafforzare l’educazione dei figli”

Il settimo capitolo è tutto dedicato all’educazione dei figli: la loro formazione etica, il valore della sanzione come stimolo, il paziente realismo, l’educazione sessuale, la trasmissione della fede, e più in generale la vita familiare come contesto educativo. Interessante la saggezza pratica che traspare a ogni paragrafo e soprattutto l’attenzione alla gradualità e ai piccoli passi «che possano essere compresi, accettati e apprezzati» (AL 271).

Vi è un paragrafo particolarmente significativo e pedagogicamente fondamentale nel quale Francesco afferma chiaramente che «l’ossessione non è educativa, e non si può avere un controllo di tutte le situazioni in cui un figlio potrebbe trovarsi a passare (…). Se un genitore è ossessionato di sapere dove si trova suo figlio e controllare tutti i suoi movimenti, cercherà solo di dominare il suo spazio. In questo modo non lo educherà, non lo rafforzerà, non lo preparerà ad affrontare le sfide. Quello che interessa principalmente è generare nel figlio, con molto amore, processi di maturazione della sua libertà, di preparazione, di crescita integrale, di coltivazione dell’autentica autonomia» (AL 261).

Notevole è la sezione dedicata all’educazione sessuale, intitolata molto espressivamente: “Sì all’educazione sessuale”. Si sostiene la sua necessità e ci si domanda “se le nostre istituzioni educative hanno assunto questa sfida (…) in un’epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la sessualità”. Essa va realizzata “nel quadro di un’educazione all’amore, alla reciproca donazione” (AL 280). Si mette in guardia dall’espressione “sesso sicuro”, perché trasmette “un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, come se un eventuale figlio fosse un nemico dal quale doversi proteggere. Così si promuove l’aggressività narcisistica invece dell’accoglienza” (AL 283).

Capitolo ottavo: “Accompagnare, discernere e integrare la fragilità”

Il capitolo ottavo costituisce un invito alla misericordia e al discernimento pastorale davanti a situazioni che non rispondono pienamente a quello che il Signore propone. Il Papa qui scrive usa tre verbi molto importanti: “accompagnare, discernere e integrare” che sono fondamentali nell’affrontare situazioni di fragilità, complesse o irregolari. Quindi il Papa presenta la necessaria gradualità nella pastorale, l’importanza del discernimento, le norme e circostanze attenuanti nel discernimento pastorale, e infine quella che egli definisce la «logica della misericordia pastorale».

Il capitolo ottavo è molto delicato. Per leggerlo si deve ricordare che «spesso il lavoro della Chiesa assomiglia a quello di un ospedale da campo» (AL 291). Qui il Pontefice assume ciò che è stato frutto della riflessione del Sinodo su tematiche controverse. Si ribadisce che cos’è il matrimonio cristiano e si aggiunge che «altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo». La Chiesa dunque «non manca di valorizzare gli “elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più” al suo insegnamento sul matrimonio» (AL 292).

Per quanto riguarda il “discernimento” circa le situazioni “irregolari” il Papa osserva: “sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione” (AL 296). E continua: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia ‘immeritata, incondizionata e gratuita’”(AL 297). Ancora: “I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale” (AL 298).

In questa linea, accogliendo le osservazioni di molti Padri sinodali, il Papa afferma che “i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni forma di scandalo”. “La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali (…) Essi non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa (…) Questa integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli” (AL 299).

Più in generale il Papa fa una affermazione estremamente importante per comprendere l’orientamento e il senso dell’Esortazione: “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete (…) è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché il ‘grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi’, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi” (AL 300). Il Papa sviluppa in modo approfondito esigenze e caratteristiche del cammino di accompagnamento e discernimento in dialogo approfondito fra i fedeli e i pastori. A questo fine richiama la riflessione della Chiesa “su condizionamenti e circostanze attenuanti” per quanto riguarda la imputabilità e la responsabilità delle azioni e, appoggiandosi a San Tommaso d’Aquino, si sofferma sul rapporto fra “le norme e il discernimento” affermando: “E’ vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari. Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti a una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma” (AL 304).

Nell’ultima sezione del capitolo: “La logica della misericordia pastorale”, Papa Francesco, per evitare equivoci, ribadisce con forza: “Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture” (AL 307). Ma il senso complessivo del capitolo e dello spirito che Papa Francesco intende imprimere alla pastorale della Chiesa è ben riassunto nelle parole finali: “Invito i fedeli che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia a un colloquio con i loro pastori o con laici che vivono dediti al Signore. Non sempre troveranno in essi una conferma delle proprie idee e dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno scoprire un cammino di maturazione personale. E invito i pastori ad ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone e di comprendere il loro punto di vista, per aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il loro posto nella Chiesa” (AL 312). Sulla “logica della misericordia pastorale” Papa Francesco afferma con forza: «A volte ci costa molto dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio. Poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e questo è il modo peggiore di annacquare il Vangelo» (AL 311).

Capitolo nono: “Spiritualità coniugale e familiare”

Il nono capitolo è dedicato alla spiritualità coniugale e familiare, «fatta di migliaia di gesti reali e concreti» (AL 315). Con chiarezza si dice che «coloro che hanno desideri spirituali profondi non devono sentire che la famiglia li allontana dalla crescita nella vita dello Spirito, ma che è un percorso che il Signore utilizza per portarli ai vertici dell’unione mistica» (AL 316). Tutto, «i momenti di gioia, il riposo o la festa, e anche la sessualità, si sperimentano come una partecipazione alla vita piena della sua Risurrezione» (AL 317). Si parla quindi della preghiera alla luce della Pasqua, della spiritualità dell’amore esclusivo e libero nella sfida e nell’anelito di invecchiare e consumarsi insieme, riflettendo la fedeltà di Dio (cfr AL 319). E infine la spiritualità «della cura, della consolazione e dello stimolo». «Tutta la vita della famiglia è un “pascolo” misericordioso. Ognuno, con cura, dipinge e scrive nella vita dell’altro» (AL 322), scrive il Papa. È profonda «esperienza spirituale contemplare ogni persona cara con gli occhi di Dio e riconoscere Cristo in lei» (AL 323).

Nel paragrafo conclusivo il Papa afferma: “Nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare (…). Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare ! (…). Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa” (AL 325). L’Esortazione apostolica si conclude con una Preghiera alla Santa Famiglia (AL 325).

Considerazioni conclusive

Come è possibile comprendere già da un rapido esame dei suoi contenuti, L’Esortazione apostolica Amoris laetitia intende ribadire con forza non l’«ideale» della famiglia, ma la sua realtà ricca e complessa. Vi è nelle sue pagine uno sguardo aperto, profondamente positivo, che si nutre non di astrazioni o proiezioni ideali, ma di un’attenzione pastorale alla realtà. Il documento è una lettura densa di spunti spirituali e di sapienza pratica utile ad ogni coppia umana o a persone che desiderano costruire una famiglia. Si vede soprattutto che è stata frutto di esperienza concreta con persone che sanno per esperienza che cosa sia la famiglia e il vivere insieme per molti anni. L’Esortazione parla infatti il linguaggio dell’esperienza.

 

CALENDARIO Incontri  2016-17

Sab 15 Ott    ore 16.00: Incontro gruppo famiglie – intro. anno  e intro.  Amoris Laetitia

Sab 19 Nov    ore 16.00: Incontro gruppo famiglie : Amoris Laetitia. Cap 2.

Sab 17 Dic     ore 16.00: Incontro gruppo famiglie  Amoris Laetitia Cap. 1

Sab 28 Gen   ore 16.00: Incontro comune gruppo famiglie – cammino fid . Amoris Laetitia 4/a

Sab 18 Feb    ore 16.00: Incontro gruppo famiglie : Amoris Laetitia 4 /b

Sab 11 Mar    ore 16.00: Incontro gruppo famiglie : Amoris Laetitia Cap 7

Sab 8 Apr      ore 16.00: Incontro gruppo famiglie   Amoris Laetitia Cap 8