PARROCCHIA SACRA FAMIGLIA IN ROGOREDO

GRUPPO FAMIGLIE PARROCCHIALE  - Incontro del  18/02

V incontro – “Amoris Laetitia”  - capitolo IV parte II

 

CRESCERE NELLA CARITA’ CONIUGALE

Preghiera d’inizio

Ottienici, Gesù, per intercessione della tua  Madre Maria, di san Giuseppe e di san Paolo, d’avere in famiglia una “carità magnanima”, che ci renda capaci di donarci gli uni gli altri con vero affetto, anche quando, come risposta, avessimo ingratitudine e rifiuto.

“Una carità benigna” che ci aiuti ad imitare, nell’amore oblativo, il Cristo crocifisso, come chiede il tuo Apostolo a noi, coniugi cristiani

“Una carità non invidiosa” che, perciò, sappia scoprire e godere dei doni spirituali di cui è ricco colui / colei che il Padre ha scelto come nostro compagno/a di vita. Una carità che ci faccia accogliere, ogni giorno, i nostri familiari come dono di Dio e ci faccia evitare d’inseguire sogni fantastici d’una famiglia ideale (che non esiste).

“Una carità che, come quella di Paolo, non si vanti né si gonfi”, ma tutto attribuisca alla grazia del Signore.

“Una carità che non manchi di rispetto” per nessun membro della famiglia; e che anche in colui o in colei che avesse sbagliato in modo gravissimo, sappia scorgere l’immagine di Dio, sappia vedere il volto di Cristo.

“Una carità che non cerchi il proprio interesse” ma quello degli altri familiari, sapendo che tutti ci sono stati affidati dal Padre ; una carità che perciò «si sforzi di piacere a tutti in tutto, senza cercare l’utile proprio ma quello di tutti, perché giungano alla salvezza».

E se qualche volta, malgrado i propositi, la nostra “carità (come quella di Paolo) si adirasse”, fa’ che questa ira sia rivolta al peccato, non al peccatore, in modo che la correzione sia percepita da chi la riceve, come un gesto d’amore.

Quando, poi, dovessimo ricevere del male da qualcuno dei nostri familiari, ti preghiamo d’ottenerci “una carità che non ne tenga conto”, imitandoti, Gesù, quando, crocifisso, hai donato te stesso alla Chiesa per renderla santa ed immacolata.

Signore, fa’ che la nostra carità ci faccia vivere la beatitudine di chi “soffre per ogni ingiustizia”. Ottienici, in positivo, come genitori ed educatori, d’edificare insieme “la civiltà dell’amore”, con l’impegno a far di tutto perché i nostri figli siano sempre “buoni cristiani e buoni cittadini”.

Gesù, fa’ che “la nostra carità si compiaccia sempre e solo della verità”, che sei tu, o Signore. Facci capaci di testimoniare con la nostra vita familiare “lo splendore della tua Verità”, perché altri scoprano gli ideali evangelici che rendono bella ogni vita.

Vorremmo, infine, che “la nostra carità, come quella di Paolo, arrivasse a coprire tutto, a credere in tutti, a sperare sempre, e a sopportare ogni difficoltà”, soprattutto in famiglia, per vivere, così, la beatitudine promessa ai misericordiosi e ottenere, a nostra volta, la tua infinita misericordia.

Così anche noi, come l’Apostolo, potremo dire ai nostri figli, ai nostri nipoti e a nostri vicini: «Fatevi nostri imitatori (nella carità), come noi lo siamo di Cristo». Amen.

 

Lettura

  1. Darsi tempo, tempo di qualità, che consiste nell’ascoltare con pazienza e attenzione, finché l’altro abbia espresso tutto quello che aveva bisogno di esprimere. Questo richiede l’ascesi di non incominciare a parlare prima del momento adatto. Invece di iniziare ad offrire opinioni o consigli, bisogna assicurarsi di aver ascoltato tutto quello che l’altro ha la necessità di dire. Questo implica fare silenzio interiore per ascoltare senza rumori nel cuore e nella mente: spogliarsi di ogni fretta, mettere da parte le proprie necessità e urgenze, fare spazio. Molte volte uno dei coniugi non ha bisogno di una soluzione ai suoi problemi ma di essere ascoltato. Deve percepire che è stata colta la sua pena, la sua delusione, la sua paura, la sua ira, la sua speranza, il suo sogno. Tuttavia sono frequenti queste lamentele: “Non mi ascolta.

Quando sembra che lo stia facendo, in realtà sta pensando ad un’altra cosa”. “Parlo e sento che sta aspettando che finisca una buona volta”. “Quando parlo tenta di cambiare argomento, o mi dà risposte rapide per chiudere la conversazione”.

 

Commento e ripresa diretta del testo stesso nelle sue parti più significative

Le conseguenze di quanto detto nella prima parte del Cap IV a partire dall’ Inno alla Carità  sono riprese nella seconda parte del capitolo di cui offriamo una sintesi ragionata a partire dal titolo che introduce la seconda parte del testo : Crescere nella carità coniugale:

   [120] L’inno di san Paolo, che abbiamo percorso, ci permette di passare alla carità coniugale.

Essa è l’amore che unisce gli sposi,115 santificato, arricchito e illuminato dalla grazia del sacramento del matrimonio. È « un’unione affettiva »,spirituale e oblativa, che però raccoglie in sé la tenerezza dell’amicizia e la passione erotica, benché sia in grado di sussistere anche quando i sentimenti e la passione si indebolissero. Il Papa Pio XI ha insegnato che tale amore permea tutti i doveri della vita coniugale…  Infatti, tale amore forte, versato dallo Spirito Santo, è il riflesso dell’Alleanza indistruttibile tra Cristo e l’umanità, culminata nella dedizione sino alla fine, sulla croce: « Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi come Cristo ci ha amato. L’amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale ».

Il Papa ricorda a questo punto tanto agli sposi quanto ai pastori della Chiesa che:

    [122] non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica « un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio »

Tuttavia ribadisce chiaramente quanto segue:

    [123]  L’unione che si cristallizza nella promessa matrimoniale per sempre, è più che una formalità sociale o una tradizione, perché si radica nelle inclinazioni spontanee della persona umana; e, per i credenti, è un’alleanza davanti a Dio che esige fedeltà: « Il Signore è testimone fra te e la donna della tua giovinezza, che hai tradito, mentre era la tua compagna, la donna legata a te da un patto: […] nessuno tradisca la donna della sua giovinezza. Perché io detesto il ripudio » (Ml 2,14.15.16).

   [124] Un amore debole o malato, incapace di accettare il matrimonio come una sfida che ri chiede di lottare, di rinascere, di reinventarsi e ricominciare sempre di nuovo fino alla morte, non è in grado di sostenere un livello alto di impegno. Cede alla cultura del provvisorio, che impedisce un processo costante di crescita. Però « promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata ». Perché tale amore possa attraversare tutte le prove e mantenersi fedele nonostante tutto, si richiede il dono della grazia che lo fortifichi e lo elevi…

    [125]. Il matrimonio, inoltre, è un’amicizia che comprende le note proprie della passione, ma

sempre orientata verso un’unione via via più stabile e intensa. Perché « non è stato istituito soltanto per la procreazione », ma affinché l’amore reciproco « abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità » Questa peculiare amicizia tra un uomo e una donna acquista un carattere totalizzante che si dà unicamente nell’unione coniugale. Proprio perché è totalizzante questa unione è anche esclusiva, fedele e aperta alla generazione. Si condivide ogni cosa, compresa la sessualità, sempre nel reciproco rispetto.

    [126] Nel matrimonio è bene avere cura della gioia dell’amore. Quando la ricerca del piacere è ossessiva, rinchiude in un solo ambito e non permette di trovare altri tipi di soddisfazione. La gioia, invece, allarga la capacità di godere e permette di trovare gusto in realtà varie, anche nelle fasi della vita in cui il piacere si spegne. Per questo san Tommaso diceva che si usa la parola “gioia” per riferirsi alla dilatazione dell’ampiezza del cuore.

 

Tutto questo sempre e comunque nella logica della realtà e non di una idealità insostenibile:

    [135] Non fanno bene alcune fantasie su un amore idilliaco e perfetto, privato in tal modo di ogni stimolo a crescere. Un’idea celestiale dell’amore terreno dimentica che il meglio è quello che non è stato ancora raggiunto, il vino maturato col tempo. Come hanno ricordato i Vescovi del Cile, « non esistono le famiglie perfette che ci propone la pubblicità ingannevole e consumistica. In esse non passano gli anni, non esistono le malattie, il dolore, la morte […]. La pubblicità consumistica mostra un’illusione che non ha nulla a che vedere con la realtà che devono affrontare giorno per giorno i padri e la madri di famiglia ».

E’ questo un monito che ricalca la critica alla famiglia consumistica proposta dai mass media: non esiste né la “famiglia Mulino Bianco”, ma neppure la “famiglia angelicata”. Essere una famiglia cristiana non vuol dire non avere difetti o imperfezioni. La famiglia cristiana è chiamata alla santità, ma santità e perfezione non sono sinonimi e comunque è un processo, lungo, laborioso, fatto di cadute e di progressi.

Entra poi in gioco nelle parole del pontefice il tema della sessualità vissuta come parte essenziale della vita di coppia, non come “di più” ma con la consapevolezza che il piacere legato all’amore fisico è dono di Dio, e che l’altro, il coniuge, è Creatura e in quanto tale detentrice di una dignità che non va mai messa in gioco: della sessualità l’unica parte da mettere sotto controllo è l’idea del possesso, della considerazione dell’altro-da-sé come oggetto.

    [148] L’educazione dell’emotività e dell’istinto è necessaria, e a tal fine a volte è indispensabile porsi qualche limite. L’eccesso, la mancanza di controllo, l’ossessione per un solo tipo di piaceri, finiscono per debilitare e far ammalare lo stesso piacere, e danneggiano la vita della famiglia. In realtà si può compiere un bel cammino con le passioni, il che significa orientarle sempre più in un progetto di autodonazione e di piena realizzazione di sé che arricchisce le relazioni interpersonali in seno alla famiglia. Non implica rinunciare ad istanti di intensa gioia, ma assumerli in un intreccio con altri momenti di generosa dedizione, di speranza paziente, di inevitabile stanchezza, di sforzo per un ideale. La vita in famiglia è tutto questo e merita di essere vissuta interamente.

    [150] Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature. Quando la si coltiva e si evita che manchi di controllo, è per impedire che si verifichi « l’impoverimento di un valore autentico ». San Giovanni Paolo II ha respinto l’idea che l’insegnamento della Chiesa porti a « una negazione del valore del sesso umano » o che semplicemente lo tolleri «per la necessità stessa della procreazione». Il bisogno sessuale degli sposi non è oggetto di disprezzo e «non si tratta in alcun modo di mettere in questione quel bisogno»

    [151] La sessualità non è una risorsa per gratificare o intrattenere, dal momento che è un linguaggio interpersonale dove l’altro è preso sul serio, con il suo sacro e inviolabile valore. In tal modo « il cuore umano diviene partecipe, per così dire, di un’altra spontaneità ». In questo contesto, l’erotismo appare come manifestazione specificamente umana della sessualità. In esso si può ritrovare «il significato sponsale del corpo e l’autentica dignità del dono».

    [153] In questa epoca diventa alto il rischio che anche la sessualità sia dominata dallo spirito velenoso dell’“usa e getta”. Il corpo dell’altro è spesso manipolato come una cosa da tenere finché offre soddisfazione e da disprezzare quando perde attrattiva. Si possono forse ignorare o dissimulare le costanti forme di dominio, prepotenza, abuso, perversione e violenza sessuale, che sono frutto di una distorsione del significato della sessualità e che seppelliscono la dignità degli altri e l’appello all’amore sotto un’oscura ricerca di sé stessi?

    [156] Riprendiamo la sapiente spiegazione di san Giovanni Paolo II: «L’amore esclude ogni genere di sottomissione, per cui la moglie diverrebbe serva o schiava del marito […]. La comunità o unità che essi debbono costituire a motivo del matrimonio, si realizza attraverso una reciproca donazione, che è anche una sottomissione vicendevole»

 

A corollario di questo, con grande sapienza e realismo, il Papa avverte che oggi, più che mai, il matrimonio è la scelta continua dell’altro. E’ una sfida al conoscersi ogni momento di più e meglio perché – col prolungarsi della vita – è necessario approfondire i motivi della relazione, trasformarli, in ossequio alle varie fasi della vita:

    [163] prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei decenni, e questo comporta la necessità di ritornare a scegliersi a più riprese. Forse il coniuge non è più attratto da un desiderio sessuale intenso che lo muova verso l’altra persona, però sente il piacere di appartenerle e che essa gli appartenga, di sapere che non è solo, di aver un “complice” che conosce tutto della sua vita e della sua storia e che condivide tutto. È il compagno nel cammino della vita con cui si possono affrontare le difficoltà e godere le cose belle. Anche questo genera una soddisfazione che accompagna il desiderio proprio dell’amore coniugale. Non possiamo prometterci di avere gli stessi sentimenti per tutta la vita.

 

Infine va notata la chiusura veramente intensa e carica di commozione dell’ intero  capitolo :

    [164] Nella storia di un matrimonio, l’aspetto fisico muta, ma questo non è un motivo perché

l’attrazione amorosa venga meno. Ci si innamora di una persona intera con una identità propria,

non solo di un corpo, sebbene tale corpo, al di là del logorio del tempo, non finisca mai di esprimere in qualche modo quell’identità personale che ha conquistato il cuore. Quando gli altri non possono più riconoscere la bellezza di tale identità, il coniuge innamorato continua ad essere capace di percepirla con l’istinto dell’amore, e l’affetto non scompare. Riafferma la sua decisione di appartenere ad essa, la sceglie nuovamente ed esprime tale scelta attraverso una vicinanza fedele e colma di tenerezza. La nobiltà della sua decisione per essa, essendo intensa e profonda, risveglia una nuova forma di emozione nel compimento della missione coniugale. Perché « l’emozione provocata da un altro essere umano come persona [...] non tende di per sé all’atto coniugale». Acquisisce altre espressioni sensibili perché l’amore « è un’unica realtà, seppur con diverse dimensioni; di volta in volta, l’una o l’altra dimensione può emergere maggiormente ».Il vincolo trova nuove modalità ed esige la decisione di riprendere sempre nuovamente a stabilirlo. Non solo però per conservarlo, ma per farlo crescere. È il cammino di costruirsi giorno per giorno. Ma nulla di questo è possibile se non si invoca lo Spirito Santo, se non si grida ogni giorno chiedendo la sua grazia, se non si cerca la sua forza soprannaturale, se non gli si richiede ansiosamente che effonda il suo fuoco sopra il nostro amore per rafforzarlo, orientarlo e trasformarlo in ogni nuova situazione.