PARROCCHIA SACRA FAMIGLIA IN ROGOREDO

GRUPPO FAMIGLIE PARROCCHIALE  -  16  aprile 2016   

V INCONTRO : il desiderio di essere saziati – Mt 14,13-22

 

P.: Nel nome del Padre... 
Chiediamo al Signore che ci insegni a pregare:
 
Donami, o Signore,
la capacità di condividere
anche quel poco che a me sembra insignificante
perché nelle tue mani
possa diventare molto!
 
Preghiamo a cori alterni il Salmo 23 (22)
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
 
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
 
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
 
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

 

Ascoltiamo la Parola di Dio ( Mt 14,13-22 )

"Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

 

COMMENTO BIBLICO … per entrare nel testo

La Moltiplicazione dei pani è un miracolo notissimo quindi potrebbe sembrare un po’ scontato mentre invece si presenta  ricco di messaggi anche per la vita familiare. Lo troviamo in tutti gli evangelisti, con sottolineature particolari (Mt 14,13-21; 15,32-38; Mc 6,31-44; Le 9,10-17; Gv 6,1-13). Il  racconto  secondo Matteo si può riassumere nel titolo: Gesù risana e nutre il popolo nel deserto.

v.13 Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. L'introduzione collega questo con il brano precedente e crea il contesto per l'incontro con la folla. Che cosa ha saputo Gesù? I discepoli del Battista lo hanno informato dell'uccisione del loro maestro da parte di Erode (14,12). Così Gesù si ritira in un luogo deserto. Matteo crea in questo modo la composizione di luogo sia geografica sia emotiva: c'è un clima di pericolo che incombe anche su Gesù. Ciononostante la folla lo segue, persino in un luogo deserto. Questa particolare situazione da un lato evidenzia il desiderio della gente, la forza della sua ricerca. Dall'altro, prepara alla poca ospitalità del luogo e permette a Matteo, che scrive per i cristiani provenienti dal giudaismo, di rievocare il contesto delle grandi opere di Dio nell'Antico Testamento. Il primo quadro è cosi dominato dall'incontro tra quelle folle e Gesù che, spinto dalla compassione, si mette a guarire i malati.

 

14 Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Nel racconto è centrale la compassione di Gesù: tutto parte dal movimento del suo cuore, anzi da una spinta che viene descritta con le parole che indicano le viscere materne. Un modo molto plastico per descrivere fino a che punto il cuore di Dio si lascia toccare dalla vista degli uomini e delle donne, tutti figlie e figli suoi. Nonostante la minaccia incombente anche su di Lui — Giovanni Battista è appena stato assassinato — Gesù vede i loro bisogni e se ne prende cura, a partire da quelli più immediati e concreti: salute e cibo, i bisogni primari. Il Signore vede, si accorge della gente e si lascia toccare dalle sue richieste, mettendosi in gioco. Tuttavia, la guarigione è solo il primo gesto di salvezza che prepara quello centrale dei pani. Progressivamente, Matteo presenta Gesù come il profeta misericordioso che risana e nutre il popolo nel deserto.

 

15 Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Nel secondo momento entrano in scena i discepoli che sollecitano il maestro a congedare la folla, perché si procuri i viveri necessari. A loro modo anch'essi intendono occuparsi della folla, sottolineando la duplice inospitalità del posto: è tardi e sono nel deserto. Gesù, al contrario, inizia un dialogo coi discepoli, nell'intento di coinvolgerli sempre più, in prima persona, nella sua cura delle folle.

 

16-17 Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gesù fa appello direttamente ai suoi, smonta il loro tentativo di soluzione e chiede loro di risolvere il problema, li pone così di fronte alla loro diretta responsabilità. La provocazione porta i discepoli a confessare la loro inadeguatezza: Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci! C'è un'enorme sproporzione tra il bisogno della gente e le loro forze, la constatazione è realista. Eppure Gesù non si ferma alle misurazioni umane. Con decisione ordina: Portatemeli qui. Non sta a discutere, parte da ciò che hanno e lo accoglie, anzi chiede di affidarlo a Lui. Non chiede oltre le loro possibilità ma cerca semplicemente la loro collaborazione.

 

v.19a E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione...

Più che la straordinarietà di un miracolo, Matteo è preoccupato di descrivere l'autorevolezza di Gesù — che è seduto sul monte, come Mosè, e fa sedere le folle sull'erba — e concreto della folla: lo vede e, senza neppure che sia richiesto si preoccupa della fame della gente. Ma non è solo questo. A che ai meno esperti, il racconto evoca risonanze antiche. Infatti Matteo evoca celebri rimandi biblici: Mosè che sfama il popolo  nel deserto (Es 16, 3-4) ed Elia che nutre cento persone cc soli venti pani d'orzo (2Re 4,42-43). Su questo sfondo anticotestamentario, l'episodio appare una solenne inaugurazione dei tempi messianici, ossia del Regno di Dio: ne sono segno sovrabbondanza dei doni di Dio e la gioia del banchetto che L stesso prepara per i suoi. Il pasto imbandito esprime la volontà di comunione da parte di Dio. All'interno di questo gesto cura — Gesù che sfama la folla — spicca in maniera indisgiungibile il duplice valore dei cinque gesti sul pane: quello immediato che sazia la fame delle persone e il significato eucaristico tessuto con discrezione e per allusioni. La notazione cronologica unisce la cena eucaristica del giovedì santo con il gesto compiuto nel deserto: “Venuta la sera” : il particolare del mettere a sedere la folla richiama l'atto di adagiarsi a mensa; infine Matteo fa scomparire i due pesci dalla scena  parlando solo di pane. Molti sono i particolari che alimentano l'accostamento delle due scene. Ma, soprattutto, in tutte e due le sequenze tornano i quattro verbi fondamentali che definiscono la struttura delle benedizioni ebraiche (berakót) in occasione del pasto ebraico della vigila di Shabath detto Birkat-a-mason ( benedizione sul pane ): «prendere, benedire, spezzare e dare». Ecco dunque la profondità del messaggio: aldilà della sorpresa per una folla straordinariamente saziata, si rivela la cura misericordiosa Gesù, il profeta perseguitato che realizza le attese antiche del popolo, nutrendo la folla in tutti i suoi bisogni (salute, vita, amore) e inaugurando i tempi messianici con il banchetto comunione che Dio allestisce con l'umanità, a partire da quel più diseredata e povera.

v.19b. Spezzò i pani, li diede ai discepoli e i discepoli alla folla.

Il maestro non si sostituisce i discepoli, chiede la collaborazione e poi dà la capacità di compiere ciò che ha richiesto. Qui ci viene presentato il senso autentico della chiesa e la modalità  del suo agire che coinvolge anche l’agire delle famiglie chiamate a “dare” quel pane spezzato da Gesù che non arriva magicamente a sfamare nessuno se non viene “distribuito” dai “suoi”.   

  1. 20-21 tutti mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Il commento conclusivo sottolinea la sovrabbondanza del cibo messo a disposizione di una folla numerosa. Ciò corrisponde alla tradizione biblica (Es 16,12; Sal 78,29) ed è nota distintiva della sovrabbondanza dei doni di Dio, propri del tempo messianico (Sal 22,27; 132,15; Gr 31,14). Anche la cifra 'dodici' ha un valore messianico: le dodici ceste sono da mettere in relazione con il gruppo dei dodici discepoli di Gesù, a loro volta pensati in rapporto alle dodici tribù di Israele, come nucleo originario del nuovo popolo messianico convocato attorno a Gesù. Il numero di cinquemila uomini serve a dare risalto al gesto misericordioso di Gesù. L'esclusione delle donne e dei bambini corrisponde al modo giudaico di contare i partecipanti al culto sinagogale: ma anche questi esclusi sono destinatari del gesto benefico di Gesù.

 

PER AIUTARE LA RIFLESSIONE DI COPPIA

La moltiplicazione dei pani non è il più sorprendente dei miracoli di Gesù, ma certo si presta a essere una chiave sintetica per interpretare tutti gli altri miracoli. Infatti, nonostante l'eccezionalità dell'evento, il vangelo insiste soprattutto sul messaggio che trasmette: la rivelazione di Gesù come il Messia misericordioso che si prende cura della folla, sfamando tutti i suoi bisogni. La narrazione intende dunque mostrare chi è Lui nei nostri confronti e come risponde al bisogno di ciascuno di noi. Come Gesù sfama il desiderio dell'uomo?

Il racconto di questo 'miracolo' propone almeno tre modi: con la Parola (la premessa era che Gesù parla alla folla del cibo (il Signore si prende cura del corpo della gente: guarisce i malati e, semplicemente, si preoccupa che mangino), infine con l'eucaristia, nutrimento per lo spirito e risposta al bisogno di vita piena. Anche questo non è un miracolo che intende suscitare lo stupore sul 'potere' di Gesù, piuttosto rivela la cura concreta e globale che Gesù ha per ogni essere umano: Lui sa tutto ciò di cui abbiamo bisogno e ci nutre.

 

Si ritirò in un luogo deserto. Non è mai casuale la composizione di luogo che il vangelo ci propone. Gesù, il Figlio di Dio, intenzionalmente sceglie di ritirarsi in disparte, in un luogo deserto proprio in un momento trepido della sua vita, coi rischi che si fanno più evidenti attorno a lui. Non è in fuga. Al contrario, proprio per curare meglio la sua missione e per rispondere ai bisogni della gente, Gesù sapeva scegliere e fermarsi nei luoghi adatti. Ciò richiama anche noi a trovare momenti di 'deserto' in cui stare con il Signore, pur nei frenetici ritmi di vita quotidiana. È essenziale trovare spazi per stare individualmente con il Padre e altri in cui starci come coppia; anche solo dedicandosi del tempo l'un l'altra si è, in realtà, 'intrecciati' con Gesù! Inoltre, è importante valorizzare momenti di confronto e dialogo in coppia; almeno qualche volta occorre stare proprio soli, in due, senza figli. Magari sarebbe bello in qualche luogo che può favorire anche un po' di meditazione.

 

Sentì compassione per loro.

La moltiplicazione dei pani parte dallo sguardo di Gesù, dalla sua capacità di vedere il bisogno e farsi raggiungere dalla sofferenza dell'altro (il mio coniuge, mio fratello, ecc.). Gesù vive la compassione ossia si lascia toccare e scomodare; 'sente' il dolore dell'altro come proprio. In fondo è un gesto delicato, quotidiano, ma che ha bisogno di essere rinnovato continuamente anche in famiglia. In qualche modo occorre imparare a vedere oltre se stessi, a riconoscere i bisogni dell'altro/a. È il passo preliminare per rispondere al desiderio di amore che ciascuno porta in sé. La cura di Gesù è molto concreta: non è fatta di sole parole e non è nemmeno troppo 'spirituale'. Parte dalla cura del corpo, dai bisogni elementari come per lo più accade in tutte le famiglie: il vangelo mostra quanto l'agire di Gesù sia intessuto di quotidianità. Il prendersi cura l'uno dell'altro, in famiglia, il pensare al nutrimento e all'accudimento reciproco sono un prolungamento dello stile di Gesù. Il vangelo parte da una risposta ai bisogni umani fatta di gesti concreti e familiari: dar da bere, nutrire, vestire, curare, visitare... Come più avanti elencherà nella parabola del cosiddetto 'giudizio finale' (Mt 25). Accanto a questo non si trascuri che Gesù risponde alla folla che lo segue anche dedicando molto tempo all'annuncio. Lo testimoniano molti altri episodi del vangelo (ad es. Mt 5,1) e anche alcuni racconti paralleli di questo brano. In altri termini, pure la Parola di Gesù è nutrimento per il cuore dell'uomo. Al termine di questo anno di incontri questa parola suona come un invito concreto a verificare quanto l'ascolto del suo vangelo sia stato per ciascuno di noi luogo di nutrimento e risposta ai bisogni e ai desideri più profondi della nostra vita. Sarà poi motivo di gratitudine fare memoria di quelle Parole di Gesù che ci hanno accompagnato.

 

«Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!»: la povertà dei mezzi. Quante volte avviene nella nostra vita che vediamo i bisogni, ne siamo sinceramente toccati, ma non sappiamo cosa fare! Un sano realismo ci fa toccare l'inadeguatezza dei nostri mezzi e la sproporzione delle forze. Come i discepoli, anche noi a volte siamo presi dall'ansia del domani, dalle preoccupazioni per le risposte concrete...: Ormai è tardi,. congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare. Quanti nostri tentativi di soluzione sono dettati da calcoli e da criteri di prudenza o addirittura divengono fughe, che vorrebbero sollevarci da una responsabilità diretta, rimandando ad altri. Questi nostri tentativi suonano come uno sbrigativo: "congeda la folla perché vada... e si arrangi". Dopo un'intensa giornata (di lavoro, di impegni, etc.) è più facile mettersi sul divano delle fatiche e delle gioie di coniuge e figli, e fermarsi a condividerle. Pur nella stanchezza che ci appesantisce sarebbe tuttavia importante anche solo poter ammettere l'uno con l'altra la propria debolezza, il senso di inadeguatezza o il non sapere come fare che, a volte, ci lascia sconsolati: non abbiamo altro che cinque pani e due pesci. Gesù ci dà un esempio di come stare di fronte alla sproporzione di questa povertà. Anzitutto, sa valorizzare ciascuno per quel che ha: voi stessi date loro da mangiare. Dà un incarico, affida ai discepoli una responsabilità al punto tale da lasciarli increduli: Non abbiamo altro che... Quanto somiglia alle nostre reazioni quando siamo chiamati a fare qualcosa: "Io? Ma come? Io nel matrimonio dovrei essere riflesso del Suo Amore? Ma se non ho altro che le mie imperfezioni...; anche insieme siamo poco (5 pani e 2 pesci)...".  Qui tocchiamo con mano la fiducia che Dio ripone in noi, dandoci un simile compito. La risposta di Gesù di fronte alle poche vivande dei discepoli ci insegna un'accoglienza incondizionata. Non conta la quantità, il condividere il poco, anche il poco che si è in una data situazione, permette a Lui di farlo bastare per tutti. Questo è il vero miracolo che testimonia anche Paolo: «Ti basta la mia Grazia. La mia potenza si manifesta appieno nella tua debolezza» (2Cor 12). Anche il nostro amore di sposi, messo nelle mani di Dio, si moltiplica e può diventare riflesso del Suo amore, e trasformare la debolezza in forza. Gesù sfama ultimamente il desiderio dell'uomo con un banchetto che ha risonanze eucaristiche, ma che primariamente è un pasto. La Bibbia ci insegna a valorizzare questo gesto così quotidiano: mangiare insieme tra le persone non è mai solo un tempo per cibarsi, ma un'occasione per incontrare l'altro. Il pasto è momento di comunione, una pausa in cui si sta e si condivide. Il Signore non chiede opere difficili quanto piuttosto di riscoprire il tesoro racchiuso già nei gesti quotidiani. Allora possiamo apprezzare il valore ulteriore dischiuso dagli stessi gesti che Gesù compie che diventano per noi  il segno eloquente del suo condividere tutto, a partire da se stesso. Ripetere il gesto di Gesù non è semplicemente “ fare “ un rito ma è l'avvio di un cammino di dono e di condivisione: del pane, dei beni materiali, delle nostre capacità, tempo, così come ha fatto Lui…” Fate questo in memoria ( cioè “come ho fatto io” ) di me”. 

 

Tutti mangiarono a sazietà. Gesù sazia il desiderio di tutti i suoi figli, parte dai bisogni del corpo per saziare quello di amore, di incontro, di riconoscimento presente nella profondità del nostro cuore: di amore viviamo, gioiamo e gustiamo la vita, di mancanza di amore soffriamo e moriamo. Sentire la sua presenza, nutrirsi del suo pane, ci fa capaci di donare attenzioni e cura, ascolto e perdono a tutti coloro che incontriamo. Per questo chiede anche a noi di diventare cibo buono per gli altri e di farci tramite del pane/amore che lui stesso ci dona. Tanto più in famiglia, luogo della dedizione e della cura per eccellenza, luogo in cui il pane dell'amore del Signore diventa vita nei figli, nella relazione tra gli sposi, nell'apertura a chi è nel bisogno.