Foglio delle Campane di Rogoredo
Comunicazione di Formazione Religiosa
 
foglio domenicale
 
 
 

TEMPO di PASQUA NELL’ ANNO DELLA MISERICORDIA 2

Il primo passaggio di questa nostra riflessione pasquale, prende in considerazione l’articolo del Credo Apostolico sul Signore Gesù Cristo che riprende la circostanza storica della passione “sotto Ponzio Pilato”. Questo sobrio accenno è decisivo. Mette in evidenza la questione del motivo della condanna a morte di Gesù.

 

Patì sotto Ponzio Pilato

La morte che Gesù ha patito è conseguenza della consegna degli uomini, in particolare dei capi del popolo, che cercarono di farlo mettere a morte dai romani nella peggiore delle maniere: la morte mediante la crocifissione, una pena che avrebbe gettato il discredito sulla pretesa di Gesù di essere il “messia”, l’inviato di Dio. Il tentativo di falsificare la pretesa di Gesù intendeva scagliare su di lui la condanna di Dt 21,23 «perché è maledetto chi pende dal legno».

Se Gesù fosse morto così, sarebbe caduto sotto il verdetto della Legge, e la sua missione non sarebbe stata una missione approvata da Dio e dunque lui sarebbe risultato un mentitore agli occhi della gente che lo seguiva e lo stimava.

Quale fu allora il motivo della condanna di Gesù? Perché il Credo con assoluta precisione ricorda che “patì sotto Ponzio Pilato”? Di chi fu la responsabilità storica della morte di Gesù? Il motivo della condanna, apre la questione decisiva del significato di questa morte, della morte di croce. Tale significato può essere delineato attorno a tre domande come scrive Mons. Brambilla :” Perché fu messo a morte Gesù? La morte di Gesù come morte di croce manifesta il tentativo subdolo di attribuire alla missione di Gesù un aspetto politico e rivoluzionario. L’accusa di sobillatore e liberatore era l’unica che potesse realmente mettere in agitazione e preoccupare i romani. Dietro questo tentativo si celava, però, un’altra intenzione: quella di gettare un sospetto sulla pretesa di Gesù e di rifiutare il suo messaggio sul Regno. Il ragionamento dei capi del popolo deve essere stato pressappoco così: se riusciamo a far morire Gesù in croce per mano dei romani, egli non è il Messia, il profeta mandato da Dio, e tanto meno l’ultimo inviato che sta in una relazione singolarissima con Dio. La morte di Gesù fu presentata come avversione al potere, come resistenza ai capi, come contestazione della loro immagine tradizionale di Dio. Questo primo significato della morte di croce di Gesù descrive, però, solo la sua figura esteriore, dice come fu immaginata la sua fine dai capi. La croce è effettivamente la pena del ribelle sociale o politico, comminata dai romani. In questo modo i capi e i personaggi influenti del popolo cercarono di far morire Gesù. Il motivo socio-politico è il motivo dichiarato apertamente, mentre il motivo religioso resta nascosto, ma alla fine è il motivo veramente inteso: Gesù fu messo a morte dagli uomini, e consegnato dai capi giudei; il suo sangue fu versato dagli uomini peccatori. Gesù, in prima battuta, si sottopone all’ambiguità, non la smaschera, non fa valere storicamente la sua pretesa. L’identità e la verità della sua missione viene lasciata in balìa del rifiuto degli uomini.

Ma una seconda domanda sorge subito spontanea: Gesù ha previsto la sua morte? “Alcuni hanno affermato che la morte di Gesù fu un “tragico destino”, un “malinteso grossolano” tra giudei e romani, un evento che si è abbattuto su Gesù. È importante, però, raggiungere una certezza sul fatto che Gesù accettò volontariamente la morte. È decisivo conoscere se il sangue versato dagli uomini, alla fine è il sangue che Gesù ha lasciato versare da loro. La volontarietà del “patire” di Gesù appare decisiva, perché rivela l’intenzione di Gesù e la sua carità, il suo atto supremo d’amore.

Già a partire dagli annunci della passione che ritroviamo lungo i racconti evangelici, possiamo affermare che Gesù metteva in conto una fine tragica della sua vita. Infatti, l’annuncio del Regno che comporta conversione e distacco dalla logica del mondo, il suo messaggio e soprattutto il suo stile unico e originale d’essere “uomo” e “maestro” ( in relazione alle donne, ai peccatori, ai malati ecc…) provocarono una larga ondata di avversione alla sua missione di “rappresentante di Dio” fuori dagli schemi.

L’evento della morte o quello di una fine violenta era certamente presente alla coscienza di Gesù ed egli ha dovuto in qualche modo integrarlo nel senso della sua missione e spiegarlo ai suoi discepoli che comunque non comprenderanno e vivranno il dramma della passione in maniera convulsa, disperata e alla fine carica di delusione.

Ma ecco sorgere la terza domanda: Gesù ha dato un senso alla sua morte? : “Egli non ha solo patito sotto Ponzio Pilato, il suo sangue non è stato solo “versato” dagli uomini, alla fine bisogna chiedersi: egli si è “lasciato versare” il suo sangue? Egli ha donato la sua vita? È la domanda più difficile. L’ultima cena è il luogo dove Gesù ha anticipato il senso della sua morte in un’azione profetica, accompagnata dalle parole sul pane e sul calice. Nel contesto di una comunione particolarmente intima con i suoi, la cena pasquale di Gesù propone una forte tensione tra due aspetti: fra la comunione definitiva offerta nel gesto del pane spezzato/calice condiviso e la sua prossima separazione dai discepoli.

Gesù propone un gesto sconvolgente in cui sembra venir meno quello che è donato: la pretesa di essere il Figlio unico del Padre attraverso la morte/separazione che è il frutto del rifiuto di quella pretesa. Qui si trova l’abisso ineffabile di come Gesù ha vissuto (e compreso) la sua morte: il morire di Gesù, e il morire di croce, è la condizione di una dedizione incondizionata di sé a Dio e di una solidarietà assoluta agli uomini peccatori, che si realizza precisamente nel non far valere la propria identità di Figlio, ma nell’affidarla radicalmente nelle mani del Padre suo. Nel gesto della cena è anticipato (realmente!) il valore della croce di Gesù e insieme i ‘identità del Crocifisso”.

I Vangeli Sinottici, Paolo e Giovanni affermano unanimemente che la morte di Gesù è «redenzione», «sacrificio», «riscatto». Gesù porta a compimento tutti i sacrifici dell’AT e li realizza nel gesto di dare la sua vita per la moltitudine, nell’offerta personale di se stesso al Padre, in comunione con la Sua volontà salvifica universale, “per noi uomini e per la nostra salvezza” .

Gesu è il redentore, è colui che da la sua vita in riscatto per la moltitudine, non perché sia tenuto a pagare qualcosa a qualcuno, ma perché è il volto visibile del Dio/Trinità fedele a se stesso, che non può lasciare gli uomini in balìa del peccato e della morte. Come scriveva Giovanni Paolo II “Egli è il vero Redentore dell’uomo e della storia, colui che ci riscatta dalla schiavitù del peccato, colui che ci mostra l’amore tenerissimo del Padre che non vuole che nessuno dei suoi figli vada perduto“. L’evangelista Luca nell’episodio di Zaccheo aveva detto che «il figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». Con la morte di croce Gesù realizza in pienamente la verità di questa frase e veramente instaura il Regno di Dio superando tutti gli schemi e le locihe umane, secondo un disegno che solo il Padre conosce. Così, nella morte Gesù si rende manifesto e completo il significato salvifico della sua vita “per la mia vita”.

 

A cura di don Marco


 

 

 


 

  

“La Bibbia in pillole”

curiosità bibliche  a cura di D. Di Donato 

 Domenica, 10 Aprile, durante la Messa, leggeremo Romani 1,1 - 16 .

In questo brano , al versetto 1, leggiamo “Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata” Il titolo doulos  (servo), nell’ambiente romano indica lo schiavo. Ma il senso pieno di questo vocabolo, va preso dagli scritti del Primo Testamento, dove il popolo di Israele e in particolare Mosè, sono detti ʿăbādîm «servi» . Proprio da qui deriva l’attribuzione di questo titolo : alla figura mediatrice enigmatica del “Servo di Yhwh” del Secondo Isaia ( Is 42,19; 49,1 - 12; 50,4 - 9; 52,13 – 53,12). Mentre però il doulos Christou  indica di più il rapporto con il Signore Gesù, il secondo titolo klêtos apostolos” (chiamato a essere apostolo) , indica la sua relazione con gli altri uomini. Mentre doulos indica di più lo status , klêtos apostolos indica il suo ministero

 
 
 CALENDARIO 
 

10/4 Domenica III di PASQUA

Uscita 4° corso (1amd)

ore 16.00: Vieni a prendere un caffè con noi: Problemi attuali di bioetica

ore 17.45: Pallavolo U18

 

11/4 Lunedì

ore 10.00 Gruppo del vangelo con don Marco

ore 21.00 Corale

 

12/4 Martedì

ore 21.00: CDO /4

 

13/4 Mercoledì

ore 9.00 -10.30: Guardaroba Caritas -

ore 17.00: San Vincenzo

 

14/4 Giovedì

ore 21.00: Lectio Divina decanale con l’AC (Parrocchia della Medaglia)

 

15/4 Venerdì

ore 15.30: S. Messa GECRA

ore 20.30:Serata raccolta fondi per giovani GMG

ore 21.00: Concerto

 

16/4 Sabato

ore 10.00: Catechesi 1° anno (2ael)/9 (ultimo)

ore 16.00: Incontro gruppo famiglie -

ore 17.45: Pallavolo U18

 

17/4 Domenica IV di PASQUA

ore 16.00: “Giotto: fede e arte” (in sala conferenze) a cura di A. Dell’Acqua

ore 17.45: Pallavolo U18

 

SUFFRAGI

 

11/4 Lunedì

ore 18.00 Sulsenti Giulia

 

13/4 Mercoledì

ore 18.00 Immacolata Murace

 

 ARCHIVIO

 

Ha fatto ritorno alla casa del Padre celeste: Formaggi Luciana di anni 78.