PARROCCHIA SACRA FAMIGLIA IN ROGOREDO

GRUPPO FAMIGLIE PARROCCHIALE  - 17 ottobre 2015   

Introduzione e I INCONTRO : Il desiderio del bene dell’altro : Mc 8,5-13

 

TESTO BIBLICO DI RIFERIMENTO : Il desiderio del Bene dell’altro

Dal Vangelo di Matteo (Mt 8,5-13)

'Entrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente».  Gli disse: «Verrò e lo guarirò». "Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu  entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. ''Pur essendo anch'io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa». '"Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! "Ora io vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va', avvenga per te come hai creduto». In quell'istante il suo servo fu guarito.

 

COMMENTO BIBLICO … per entrare nel testo

 v. 5-6 Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente».

Il racconto di Matteo è ambientato a Cafarnao, luogo di confine, di periferia, per usare un termine caro a Papa Francesco. Gesù entra in città con i suoi discepoli e gli viene incontro un centurione, un pagano, che lo informa sullo stato di grande sofferenza del proprio servo.

Il centurione è un ufficiale subalterno che sta a capo della guarnigione romana che presidia Cafarnao, città di confine. Il centurione non chiede nulla a Gesù, si limita a sottoporgli il caso, a esprimere la sua angoscia. Non è la religione a spingerlo ad avvicinarsi né il desiderio di Dio, bensì la sua forte preoccupazione, la terribile sofferenza del proprio servo e il timore per la sua salute. Il centurione riconosce Gesù come il Signore della vita ed è questo il primo gradino della fede, intuire che Lui può quello che a noi è impossibile.

 v.7 Gli disse: «Verrò e lo guarirò».

Gesù non ha preconcetti. Non esige nulla prima, accoglie e ascolta le parole dell'ufficiale romano e, senza esitare, decide di recarsi a casa sua. Gesù ha parlato precedentemente di sé esortando a un amore che va esteso pure al nemico, e ora mostra nella pratica il senso di ciò che aveva detto. Aveva infatti affermato: «avete inteso che fu detto: "amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico", ma io vi dico amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori» (Mt 5, 43-44). Qui Gesù ha di fronte una persona da tutti considerata come nemica del popolo ebraico: un centurione romano invasore e usurpatore, un pagano. Ma il disegno d'amore di Dio che Gesù viene a rivelarci è universale, riguarda anche coloro che erano ritenuti gli esclusi per eccellenza dalla salvezza. Oltre a questo esempio di accoglienza e ascolto, Gesù offre un altro insegnamento: si dichiara disposto a entrare nella casa del pagano, persona considerata impura. Denuncia così implicitamente la cecità di una legislazione che vuole distinguere le persone in base al loro credo o all’appartenenza raziale.

v. 8-9 Ma il centurione rispose: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”.

La risposta di Gesù sorprende il centurione, che non si aspettava certo che Gesù si recasse a casa sua. Si sente 'non degno', ciò vuol dire che considerava Gesù una persona molto superiore. Il secondo gradino verso la fede, lo vediamo qui, è quello dell'umiltà, che però non rinuncia ad andare oltre il limite dando voce a un desiderio buono e profondo e avanzando una richiesta che può apparire 'esagerata': «Di' una sola parola e il mio servo sarà guarito». Il centurione crede che la parola di Gesù sia capace di guarire. Da dove gli nasce questa fede così grande? Sicuramente ha già sentito parlare molto di Gesù e si è fatto una propria idea, ma è decisiva la sua esperienza professionale di centurione. Perché quando un centurione dà ordini, il soldato ubbidisce. Deve ubbidire! Così immagina sia anche per Gesù, egli crede profondamente che la Sua parola racchiuda una forza creatrice. Ecco un ulteriore gradino della fede, credere nella Parola di Dio, avere una fiducia illimitata nella Sua efficacia, nel fatto che Dio mantiene le sue promesse, di vita, di salvezza, di liberazione dal male e dalla morte.

v. 10 Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Anche Gesù si meraviglia della risposta; la fede di quest'uomo sorprende anche il Signore! Che l'uomo creda è una bella sorpresa per Lui, è qualcosa che Lui non può 'produrre' senza di noi.

Quando usiamo della nostra libertà per credere in Lui, Dio dice: che bello! Così Gesù propone ai discepoli, tutti ebrei, la fede di questo pagano come modello. C'è sempre un rischio sottile in chi è o si presume  'religioso' : quello di 'fidarsi' della propria giustizia più che della benevolenza di Dio, della propria “bontà” più che della Sua grazia: questa non è fede, ne è piuttosto una caricatura che non si sostiene nella vita, non apre alla relazione profonda col Signore. L'estraneo, il pagano, l'uomo di di confine, sa spesso accorgersi con maggiore libertà ed evidenza  che tutto è grazia, tutto è dono. Così è stato per il padre Abramo, pagano anche lui, padre di Israele poiché ha avuto fiducia nella parola del Signore. Una fede come quella di Abramo - nota Gesù - è più presente in questo straniero che tra i suoi stessi figli.

 

v.11 Ora io vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli... Nel Regno dei cieli entrano solo quelli che hanno creduto alla parola, come Abramo, che vivono di fede e fiducia, a qualsiasi popolo appartengano.

E’ bello inoltre constatare che nel Regno dei cieli si sta a mensa, luogo tipico della vita familiare. E’ infatti la fiducia nel Padre, lo stare a mensa tra noi e con Lui che ci salva, non la nostra pretesa giustizia! E stare a mensa significa condividere il cibo, raccontarsi gli uni gli altri della propria vita, trascorrere amabilmente del tempo insieme rinvigorendo il corpo e gli affetti. Questo accade nel Regno dei cieli, dove conosceremo un di più di umanità, a tutti i livelli, grazie alla confidenza con il Signore e alla certezza che siamo salvati dal Suo amore infinito. 

v.12 ...mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti ".

Nel Regno dei cieli la nuova Legge di Dio proclamata da Gesù dall'alto della Montagna delle Beatitudini è una risposta ai desideri più profondi del cuore umano. I pagani sinceri e onesti come il centurione e tante altre persone venute da Oriente o da Occidente, percepiscono in Gesù la risposta alle loro attese più profonde e lo accolgono. Chi invece non crede all'amore del Padre è ancora avvolto nelle tenebre che sono fuori dalla luce dell'amore, dalla verità di se stessi e della vita. In quel luogo di lontananza dall'amore c'è pianto invece di gioia, stridore di denti invece del viso disteso in un sorriso: lì abitano la tristezza e la rabbia infinita di una vita chiusa nella solitudine e nell’ egoismo. Scriveva il filosofo Hegel: “l’Inferno per l’uomo consiste nella condanna a vivere per sempre soli con se stessi.”  Il messaggio di Gesù non è, in primo luogo, una dottrina o una morale, né un rito o un insieme di norme, ma un'esperienza profonda di Dio che risponde a ciò che il cuore umano desidera, in primo luogo al bisogno di non essere solo ma di essere “in relazione”

 v.13 E Gesù disse al centurione: « Va', avvenga per te come hai creduto».

In quell'istante il suo servo fu guarito. In queste parole riecheggiano quelle di Maria: Avvenga a me secondo la tua parola (Lc 1,38). Anche il centurione, come Maria, è prototipo del credente e per entrambi accade che la volontà del Signore corrisponda con ciò che anch’essi desiderano : il bene dell’altro .  La fede opera questa comunione di intenti tra l'uomo e Dio creando così l'istante esatto (l'ora – il Kairos ) in cui accadono la salvezza e la guarigione perché accade prima di tutto il miracolo dell’uscire da se stessi “per volere che l’altro sia” .

 

PER APPROFONDIRE LA RIFLESSIONE DI COPPIA…   

La famiglia è il luogo essenziale per generare il desiderio di apertura fiduciosa verso gli altri , verso le diversità, verso il bene e la responsabilità del  “ volere e del fare il bene degli altri “ .

Questo è il fondamentale compito di ogni famiglia e lo è ancor di più per la famiglia cristiana chiamata ad “educarsi al pensiero e allo stile di Cristo e del suo Vangelo” In una delle catechesi per l’anno del Sinodo,  Papa Francesco scrive : ” … Una caratteristica essenziale della famiglia, è la sua naturale vocazione a educare i figli perché crescano nella responsabilità di sé e degli altri. E citando l’Apostolo Paolo il Papa prosegue :  «Voi figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino” (Col 3, 20-21) . Questa è una regola sapiente: il figlio che è educato ad ascoltare i genitori e a obbedire ai genitori i quali non devono comandare in una maniera brutta, per non scoraggiare i figli. I figli, infatti, devono crescere senza scoraggiarsi, passo a passo. Se voi genitori dite ai figli: “Saliamo su quella scaletta” e prendete loro la mano e passo dopo passo li fate salire, le cose andranno bene. Ma se voi dite: “Vai su!” – “Ma non posso” – “Vai!”, questo si chiama esasperare i figli, chiedere ai figli le cose che non sono capaci di fare. Per questo, il rapporto tra genitori e figli deve essere di una saggezza, di un equilibrio tanto grande. Figli, obbedite ai genitori, ciò piace a Dio. E voi genitori, non esasperate i figli, chiedendogli cose che non possono fare. E questo bisogna fare perché i figli crescano nella responsabilità di sé e degli altri, nel desiderio di volere non solo il loro bene – magari il loro benessere materiale - ma anche e soprattutto il bene degli altri da cui il loro bene alla fine dipende inevitabilmente.    

Sembrerebbe una constatazione ovvia, eppure anche ai nostri tempi non mancano le difficoltà nell’ educare in questo senso . “E’ difficile educare per i genitori che vedono i figli solo la sera, quando ritornano a casa stanchi dal lavoro. Quelli che hanno la fortuna di avere lavoro! E’ ancora più difficile per i genitori separati, che sono appesantiti da questa loro condizione:  poverini, hanno avuto difficoltà, si sono separati e tante volte il figlio è preso come ostaggio e il papà gli parla male della mamma e la mamma gli parla male del papà, e si fa tanto male. Ma io dico ai genitori separati: mai, mai, mai prendere il figlio come ostaggio! Vi siete separati per tante difficoltà e motivi, la vita vi ha dato questa prova, ma i figli non siano quelli che portano il peso di questa separazione, non siano usati come ostaggi contro l’altro coniuge, crescano sentendo che la mamma parla bene del papà, benché non siano insieme, e che il papà parla bene della mamma. Per i genitori separati questo è molto importante e molto difficile, ma possono farlo”. Questo favorisce anche una sensibilità di comprensione dell’altro e non di giudizio che chiude e non da spazio. Viceversa si esalta, anche indirettamente, un modello che pone al centro se stessi e le proprie uniche ragioni usate contro l’altro o gli altri in forma di “ diritti violati ecc..”  

Importante allora è porsi la domanda :  come educare al desiderio del bene degli altri ? Quale tradizione buona  abbiamo oggi da trasmettere come cristiani ai nostri figli e alle nostre figlie?  Un esempio ce lo ha dato il racconto letto.  La famiglia è stata accusata in empi recenti d’essere , tra l’altro, luogo di autoritarismo, di favoritismo, di conformismo, di repressione affettiva che genera conflitti ecc... comportamenti che favoriscono più  chiusura che apertura di cuore e di mente.  Scrive il Papa : ” Di fatto, si è aperta una frattura tra famiglia e società, tra famiglia e scuola, il patto educativo oggi si è rotto; e così, l’alleanza educativa della società con la famiglia è entrata in crisi perché è stata minata la fiducia reciproca. I sintomi sono molti. Per esempio, nella scuola si sono intaccati i rapporti tra i genitori e gli insegnanti. A volte ci sono tensioni e sfiducia reciproca; e le conseguenze naturalmente ricadono sui figli. D’altro canto, si sono moltiplicati i cosiddetti “esperti”, che hanno occupato il ruolo dei genitori anche negli aspetti più intimi dell’educazione. Sulla vita affettiva, sulla personalità e lo sviluppo, sui diritti e sui doveri, gli “esperti” sanno tutto: obiettivi, motivazioni, tecniche. E i genitori devono solo ascoltare, imparare e adeguarsi. Privati del loro ruolo, essi diventano spesso eccessivamente apprensivi e possessivi nei confronti dei loro figli, fino a non correggerli mai: “Tu non puoi correggere il figlio”. Tendono ad affidarli sempre più agli “esperti”, anche per gli aspetti più delicati e personali della loro vita, mettendosi nell’angolo da soli; e così i genitori oggi corrono il rischio di autoescludersi dalla vita dei loro figli. E questo è gravissimo! Oggi ci sono casi di questo tipo. Non dico che accada sempre, ma ci sono. La maestra a scuola rimprovera il bambino e fa una nota ai genitori. Io ricordo un aneddoto personale. Una volta, quando ero in quarta elementare ho detto una brutta parola alla maestra e la maestra, una brava donna, ha fatto chiamare mia mamma. Lei è venuta il giorno dopo, hanno parlato fra loro e poi sono stato chiamato. E mia mamma davanti alla maestra mi ha spiegato che quello che io ho fatto era una cosa brutta, che non si doveva fare; ma la mamma lo ha fatto con tanta dolcezza e mi ha chiesto di chiedere perdono davanti a lei alla maestra. Io l’ho fatto e poi sono rimasto contento perché ho detto: è finita bene la storia. Ma quello era il primo capitolo! Quando sono tornato a casa, incominciò il secondo capitolo… Immaginatevi voi, oggi, se la maestra fa una cosa del genere, il giorno dopo si trova i due genitori o uno dei due a rimproverarla, perché gli “esperti” dicono che i bambini non si devono rimproverare così. Si sono cambiate le cose “!... Ma  i genitori non devono  autoescludersi dall’educazione dei figli, soprattutto dall’educarli a riconoscere i propri sbagli ed errori perché questo è essenziale per educarli alla responsabilità verso se stessi e verso gli altri ma anche verso il mondo. 

Conclude il Papa : “ Le comunità cristiane sono chiamate ad offrire sostegno alla missione educativa delle famiglie, e lo fanno anzitutto con la luce della Parola di Dio. L’apostolo Paolo ricorda la reciprocità dei doveri tra genitori e figli: «Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino» (Col 3,20-21). Alla base di tutto c’è l’amore, quello che Dio ci dona, un amore che ha delle caratteristiche ben precise : «non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, … tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13,5-6). Questa è la forma dell’amore che genera il desiderio del bene degli altri così come ci ha  testimoniato Gesù con la sua vita .

Anche nelle migliori famiglie bisogna sopportarsi, e ci vuole tanta pazienza per sopportarsi! Ma è così la vita. La vita non si fa in laboratorio, si fa nella realtà. Lo stesso Gesù è passato attraverso l’educazione familiare e forse proprio lì ha imparato a “ curare, perdonare, accogliere…  Anche in questo caso, la grazia dell’amore di Cristo porta a compimento ciò che è inscritto nella natura umana. Quanti esempi stupendi abbiamo di genitori cristiani pieni di saggezza umana! Essi mostrano che la buona educazione familiare è la colonna vertebrale dell’umanesimo. La sua irradiazione sociale è la risorsa che consente di compensare le lacune, le ferite, i vuoti di paternità e maternità che toccano i figli meno fortunati. Questa irradiazione può fare autentici miracoli. E nella Chiesa succedono ogni giorno questi miracoli, come accadeva ai tempi di Gesù…

Buon lavoro a tutti … per la vita