Comunicazione di Formazione Religiosa.
Foglio delle Campane di Rogoredo
foglio domenicale
ANNO XXXII domenica 9-2-2014 - V dopo l'Epifania
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Giornata mondiale del malato
Il tema della XXII Giornata Mondiale del malato «Fede e carità - “...anche noi
dobbiamo dare la vita per i fratelli”» sottolinea l’importanza di educare operatori pastorali e sanitari, persone ammalate e sofferenti, famiglie, ragazzi , giovani e tutta la comunità cristiana alla cultura del dono. La vita dell’uomo è un dono ricevuto che trova la sua pienezza e il suo completamento solo quando viene ridonata con generosità ai fratelli. Ma perché questo sia possibile, occorre che ci lasciamo plasmare dallo Spirito del Vangelo alla carità e alla misericordia, vera profezia in una società che conosce sempre più prepotenti accenti di egocentrismo e che è segnata fortemente dalla cultura dell’avere, del consumare e dello sprecare...Non possiamo negare che oggi l’esercizio del dono debba sovente incontrarsi e forse scontrarsi con concezioni utilitaristiche, dove l’interesse diventa fattore decisivo di scelte e progetti.
Ha affermato Papa Francesco: «La cultura dello scarto tende a diventare una mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona, non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano. Vorrei che prendessimo l'impegno contro la cultura dello spreco, per una cultura della solidarietà e dell'incontro…. » (Udienza generale del 5 giugno 2013). In una società segnata in modo così forte da un accentuato individualismo, con tratti di narcisismo sempre più evidente, c’è ancora posto per il dono e per l’azione del donare come atto autentico di umanizzazione? La dimensione del dono può ancora diventare “cultura” capace di determinare le logiche dominanti nella società post-moderna? In altre parole: è possibile che la cultura del dono si affermi fino al punto di divenire “ formativa “ dell’essere e dell’agire e quindi determinare in modo evangelico le relazioni reciproche e perfino l’economia?
Se le risposte a queste domande fossero negative saremmo destinati a vivere sempre più in una società ingiusta e sofferente, dove uomini e donne sarebbero sempre più incapaci di camminare verso una pienezza di vita e una gioia del cuore che non può convivere con la cultura dell’avere.La via della gioia, desiderio ultimo e profondo di tutti gli uomini, sta proprio nel percorrere i sentieri del dono di sé. Scrive Enzo Bianchi: “L’accumulazione che non conosce la logica del dono, accresce sempre la dipendenza dalle cose e separa l’uomo dall’uomo, l’uomo dagli altri. Non c’è vera gioia senza gli altri, come è vero che non c’è speranza se non sperando insieme. Ma la speranza è frutto del donare, della condivisione, della solidarietà”...
Promuovere “la cultura del dono” per una rinnovata pastorale che si occupi veramente della salute in senso evangelico, significa anzitutto affermare il riconoscimento incondizionato della dignità di ogni persona umana, “Sua trasparente immagine”. È questo atteggiamento di fondo, in un tempo di “crisi etica e antropologica” - come dicono gli esperti- che ci renderà capaci non solo di rispetto della vita e di ogni vita, ma anche di intraprendenza nel prenderci cura della persona ferita dalla storia, malata, gravemente disabile perché la sua esistenza sia percepita come realtà buona e degna di essere vissuta. È necessario poi il riconoscimento della cosiddetta dimensione fraterna” dell’esistenza . Tutti apparteniamo alla comunità umana e lo siano in modo essenziale. La cultura del dono a presuppone una cultura della relazione. Vivere con e per l’altro è via sia alla mia che alla sua piena realizzazione. Come è stato evidenziato nel Convegno Nazionale di pastorale della salute a S. Giovanni rotondo, “è necessario raggiungere ogni destinatario del nostro servizio pastorale, nella sua individualità e storia personale. Per questo, quanti animano nei modi più diversi il mondo della pastorale siano esperti nell’arte della relazione soprattutto quando hanno a che fare con i malati e i loro parenti . Le parrocchia , in correlazione con gli uffici diocesani della pastorale della salute, curino con la dovuta attenzione la formazione umana e spirituale degli operatori di questo delicato settore. La nostra comunità , in questo senso, si è mobilitata già dallo scorso anno per offrire sia al personale sanitario , sia ai diversi “ volontari” che operano nel mondo della salute un percorso di formazione, di coordinamento e di scambio che speriamo possa sempre più crescere in efficacia e partecipazione. Il tema della XXII Giornata Mondiale del Malato, “Anche noi dobbiamo donare la vita per i fratelli” (1Gv 3,16), vorrebbe aiutare operatori volontari e sanitari di professione a prendere coscienza dell’importanza del dono di sé, gratuito e generoso, per le persone sofferenti, prezioso contributo all’umanizzazione della sofferenza e atto di giustizia, oltre che annuncio della presenza di un Dio che, attraverso le nostre mani, desidera prendersi cura di quanti stanno vivendo momenti di prova. La logica del crocifisso è quella della “compassione”, dove dentro rapporto empatico sincero, accolgo il dolore dell’altro fino a portare consolazione. “Accettare l’altro che soffre significa, infatti, assumere in qualche modo la sua sofferenza, cosicché essa diventa anche mia. Ma proprio perché ora è divenuta sofferenza condivisa, nella quale c’è la presenza di un altro, questa sofferenza è penetrata dalla luce dell’amore…La con-solatio è “un essere con” nella solitudine, che allora non è più solitudine…”. Gli operatori della salute, ministri della vita , si sentano provocati e incoraggiati a scoprirsi soggetti attivi nel promuovere la cultura del dono e ogni atto terapeutico sia espressione anche di relazione umana autentica, vissuta nella gratuità del rapporto e nella fraternità. Se crescerà la consapevolezza che “l’essere umano è fatto per il dono... che la logica del dono non esclude la giustizia e non si giustappone ad essa in un secondo momento e che lo sviluppo economico sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità” allora potremo veramente guardare al futuro con più serenità e speranza .Per tutti noi stare accanto ai malati e alle persone sofferenti, visitarle con amorevolezza e discrezione è una delle opere di misericordia più belle e necessari da vivere.
A cura di D. Marco
Lente d’ingrandimento : dalla EVANGELII GAUDIIUM
Proseguiamo la nostra proposta di rilettura di alcune parti dell’ esortazione apostolica di papa Francesco .
“La Bibbia in pillole
curiosità bibliche a cura di D. Di Donato
Domenica 9 Febbraio, durante la Messa, leggeremo Gv 4, 46-54
In questo brano , al versetto 48 , leggiamo: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”
Bisogna mettere in rilievo, come il verbo pisteuō (credere) ,ricorrente tre volte , stia ad indicare tre stadi progressivi di fede. Il primo è quello generato dalla constatazione di segni e miracoli, che Gesù non predilige (v.48). Il secondo è quello relativo alla parola di Gesù (v.50), che attende comunque una verifica (v.52) (verbo pynthanomai - investigare) . Solo il terzo stadio indica la Fede matura, nella quale si può constatare la vera natura del Cristo, solo donatore di vita ( v.53) .
A questo punto l’adesione a Gesù, da personale, diventa contagiosa: “credette lui e tutta la sua famiglia”