Comunicazione  di Formazione Religiosa. 

Campane  Foglio delle Campane di Rogoredo

foglio domenicale

 
                ANNO XXXI  domenica 10-2-2013 V dopo l'Epifania

 

Giornata diocesana della solidarietà

Il LAVORO:

 UN DONO PER TUTTI.

Comunicato della diocesi

 Il lavoro un dono per tutti è il titolo della prossima Giornata della Solidarietà. In un tempo come quello odierno potrebbe quasi apparire provocatorio in quanto, purtroppo, sono in molti a vivere situazioni di precarietà e mancanza di lavoro.
Qualcuno potrebbe obiettare: “a me nessuno dona un lavoro, malgrado mandi Curriculum in continuazione”. Proprio perché si stanno moltiplicando queste situazioni di difficoltà, ci pare opportuno proporre un momento di riflessione all’interno della comunità ecclesiale.
La domanda di fondo su cui provare a confrontarsi potrebbe essere: “cosa possiamo fare come Chiesa in questo tempo di crisi e travaglio?”
La scelta del titolo s’inserisce dentro le cosiddette quattro giornate: Famiglia – Vita – Malato  e Solidarietà che si celebrano tutte in un arco di tempo circoscritto e che anche come tematiche s’intrecciano. Si pensi solo al messaggio CEI per la Giornata per la Vita intitolato: “Generare la vita vince la crisi”, e che riporta la toccante testimonianza fatta a Bresso, di fronte  a Benedetto XVI lo scorso 2 giugno da due coniugi: “Al sopravvivere dell’attuale gravissima crisi economica, i clienti della nostra piccola azienda sono drasticamente diminuiti e quelli  rimasti dilazionano sempre più i pagamenti. Ci sono giorni e notti nei quali viene da chiedersi come fare a non perdere la speranza”. Ma anche la Giornata del Malato ha come icona il  brano de Il buon samaritano, una delle pagine più feconde per ragionare su cosa significhi  oggi costruire percorsi di solidarietà. Infine, la festa della Famiglia s’intitola “Di dono in dono” e mostra la necessità di una reciprocità di doni per costruire dinamiche famigliari virtuose.
Ritorniamo al titolo scelto: Il lavoro un dono per tutti.
Un primo filone di spunti può nascere dal pensare cosa significhi lavoraLa risposta alla ipotetica domanda: «Perché questo tavolo o La risposta alla ipotetica domanda: «Perché questo tavolo o questa visita medica vanno fatti bene?» era, in una tale cultura, tutta interna, intrinseca, a quel lavoro e a quella  determinata comunità o pratica professionale. La necessaria e importante ricompensa, monetaria o di altro tipo, che si riceveva in contraccambio di quella opera, non era – e qui sta il punto – la motivazione del lavoro ben fatto, ma era solo una dimensione, certamente importante e co-essenziale, che si poneva su di un altro piano: era, in un certo senso, un premio o un riconoscimento che quel lavoro era stato fatto bene, non il suo “perché”.
La cultura economica capitalistica dominante, e la sua teoria economica, stanno operando su questo fronte una rivoluzione silenziosa, ma di portata epocale: il denaro diventa il principale o unico “perché”, la motivazione dell’impegno nel lavoro, della sua qualità e quantità. Tutta la teoria economica del personale, che si basa esattamente su questa ipotesi antropologica, sta producendo lavoratori sempre più simili alla teoria.
È questa la cultura dell’incentivo, che si sta estendendo anche ad ambiti tradizionalmente non economici, come la sanità e la scuola, dove è divenuto normale pensare, e agire di conseguenza, che un maestro o un medico diventano buoni (eccellenti), solo se e solo in quanto adeguatamente remunerati e/o controllati. Peccato che una tale antropologia, parsimoniosa e quindi errata, sta producendo il triste risultato di riavvicinare sempre più il lavoro umano alla servitù se non alla schiavitù antica, perché chi paga non compra solo le prestazioni, ma anche le motivazioni delle persone e quindi la loro libertà. E dopo oltre un secolo e mezzo in cui abbiamo combattuto battaglie epocali di civiltà per la difesa dei diritti dei lavoratori dalla loro mercificazione e asservimento, oggi restiamo silenti e inermi di fronte al capitalismo contemporaneo che nel silenzio ideologico sta riducendo veramente il lavoro a merce, e non solo quello degli operai ma anche dei manager, sempre più proprietà delle imprese che li pagano, e li comprano».
 
Un secondo filone di riflessioni si collega invece al “tutti” e ci rinvia al significato del lavorare insieme in ogni ambito: ecclesiale e civile. Questo stile, non scontato, educa al pensare insieme ed è antidoto all’individualismo – vera malattia del nostro tempo. Al
 
riguardo, colpisce vedere che i cosiddetti contratti di solidarietà previsti dalla legge non sempre si possono attuare anche per colpa degli egoismi di chi non è disposto a fare  sacrifici per il bene di tutti.
 
Come prepararsi e celebrare la giornata Quest’anno la proposta è quella di provare a trovare un momento per guardare la situazione lavorativa del proprio territorio, cercando di cogliere le problematiche emergenti (aziende che chiudono, persone che perdono il posto di lavoro, giovani che non trovano occupazione…) e i luoghi di speranza (situazioni virtuose, persone che s’inventano un lavoro, iniziative a sostegno dell’occupazione…).
 
Una proposta:
Sarebbe bene che fosse la comunità ecclesiale, in quanto parte della comunità civile, ad interrogarsi su cosa significhi vivere da cristiani questo tempo di crisi e travaglio. Concretamente, si dedichi una seduta del Consiglio Pastorale a questa riflessione, oppure un momento aperto a
tutti i parrocchiani. A nostro parere, è opportuno comunicare l’urgenza del sentirsi tutti interpellati da un tema che non è per meri specialisti, in quanto il lavoro tocca la  vita di ogni singola famiglia.L’efficacia dell’appuntamento sta tutta nel riuscire a partire dal territorio. Un’analisi generica sul lavoro oggi rischia di essere poco incisiva, invece potrebbe essere fecondo partire dalle storie lavorative di chi vive nella parrocchia per poi ragionare sul compito della chiesa locale e diocesana in merito a questi temi. Chiediamo pertanto ai Parroci di mandarci un breve reso conto a :

 

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entro il 15 marzo 2013.

 

 

 

 

Lente di ingrandimento : i soliti raccomandati ...

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articoletto su uno dei “ costumi diffusi”  tipicamente italiani …

“La causa maggiore della raccomandazione, in Italia, è proprio quella che ha messo in risalto il direttore generale dell'Aler: funziona. Nella pratica, non c'è un giudizio diffuso che sia di sincera condanna. Anzi, a molti sembra un sistema di vita che ha una sua efficienza. In un libro di qualche anno fa, intitolato La raccomandazione , l'antropologa americana Dorothy Louise Zinn diceva che il sistema comincia dalla nascita. Quando un italiano è pronto per venire al mondo, le probabilità che sua madre, appena arrivata in ospedale, abbia chiesto, tramite vari gradi di conoscenza, una stanza singola per starsene in pace, sono molto alte; ed esercita tramite terzi pressioni sulle infermiere, esprimendo la volontà di avere il proprio figlio tra le braccia, qualche minuto in più del consentito. Cioè, nella sostanza: qualche minuto in più degli altri.
Il sistema si alimenta fino alla fine dell'esistenza. Subito dopo, i congiunti si muovono tra conoscenze varie per ottenere un funerale migliore e una posizione favorevole al cimitero. In mezzo ai due punti estremi, ci sono le scuole, i concorsi, il lavoro; ci sono i posti al teatro, le file da saltare, i passaporti, i posti auto, un tavolo in giardino al ristorante, il pesce più fresco in pescheria, e via con un elenco lunghissimo di eventi minuscoli o sostanziosi nei quali la differenza la fa il tuo pacchetto di conoscenze, il minor grado possibile di separazione dal potente di turno.
La vita di un italiano, a prescindere dalle grandi corruzioni che sono in atto da tempo e che in queste settimane esplodono alla vista di tutti, è legata alla raccomandazione come a uno statuto naturale. Le tangenti, le minacce, le pressioni, gli imbrogli e le corruzioni sono conseguenza (quasi) naturale di un sistema di vita basato sul concetto di disuguaglianza. Perché in fondo la raccomandazione non serve ad altro che a creare una differenza tra me e tutti gli altri. Io voglio ottenere tramite una rete di amicizie cose, posizioni e rendite migliori; agli altri, lascio il resto. Non voglio accettare le regole condivise con la mia comunità: voglio qualcosa in più. Cioè: voglio vivere meglio degli altri. Una comunità dovrebbe basarsi sul concetto contrario. Cercare cioè di ottenere il meglio per tutti. La raccomandazione invece distribuisce disparità, e come conseguenza crea sfiducia nella neutralità. Se vado al ristorante, in fondo ho paura che mi rifilino cibo meno buono, perché non mi conoscono. E il cibo buono lo riservino per coloro che hanno ottenuto la raccomandazione. Ma non mi rendo conto che tale pratica l'ho messa in moto io tutte le altre volte. La vita italiana, nella sostanza, è modellata sull'ossessione che si ha in provincia: lì, non conta cosa vuoi fare, ma quante persone conosci. Ora, non tutti gli italiani che praticano la raccomandazione quotidiana sono abili a farne una pratica di corruzione ad alto livello. Però è come se qui la vita fosse un continuo allenamento, una lunghissima preparazione atletica, minuziosa e quotidiana, al malcostume, alla disuguaglianza dei diritti, alla propensione al privilegio. E quindi, chiunque abbia il talento di approfittarne, arriva con il massimo della preparazione. Il problema, però, non è se ogni italiano sia propenso a diventare il protagonista delle ruberie della scena italiana. No: quello che riguarda tutti noi, è se abbiamo la forza di riconoscere, indignarci e reagire, quando qualcuno procede per vie traverse - noi che siamo abituati fin dalla nascita a vivere in un mondo così. E ci sembra anche che, un mondo così, bene o male, abbia funzionato. 
 
Segnalato  da A . Maraschi che ringraziamo per l’attenzione mostrata per il al nostro piccolo foglio settimanale .

 

 

 

 

    “La Bibbia in pillole”

 curiosità bibliche  a cura di D. Di Donato 

  Domenica, 10 Febbraio, durante la Messa, leggeremo Luca 19, 1-10

 

Al versetto 2 , leggiamo :” Un uomo, di nome Zaccheo” . Il nome Zaccheo traduce in greco l’ebraico Zaccahy ( “il puro”) che è un peccatore, perché compromesso con il potere romano.
E’ significativo ciò che dice Gesù (“oggi debbo fermarmi a casa tua”) perché in greco “sêmeron dei me meinai”  indicava un obbligo morale inderogabile . Un'altra cosa interessante, è che il brano viene aperto e chiuso dal verbo ‘cercare’ : le due ricerche si sono ritrovate e hanno fatto di Zaccheo un ‘figlio di Abramo’ .

 

 
 
CALENDARIO SETTIMANALE 
 

 

Domenica 10/2
Ore 9.00 6° incontro fidanzati; ore 10.00 ‘Domenica insieme’ primo corso; ore 15,30 Festa di carnevale in Oratorio; ore 15,30 Battesimi; ore 18.00 S. Cresime adulti zona Sud di Milano.
 
Lunedì 11 /2
GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
Ore 15.00 S. Messa e Benedizione di Lourdes per Terza Età e anziani; ore 17.00 Centro d’Ascolto Caritas; ore 21.00 Corale per soprani e tenori.
 
Martedì 12/2
Ore 21.00 Incontro per Festone di Maggio (1° incontro).
 
Mercoledì 13/2
Ore 9,00-10,30 guardaroba Caritas; ore 17.00 S. Vincenzo; ore 21.00 ‘Cenacolo’; ore 21.00 Corale per contralti e bassi, in Oratorio.

Giovedì 14/2
Ore 20,45 Incontro diocesano giovani con il Cardinale;
ore 21.00 Incontro animatori dei gruppi del Vangelo (per marzo).
 
Venerdì 15/2
Ore 15.00 Incontro Terza Età (festa di carnevale); ore 21.00 Concerto, in chiesa orchestra dell’Assunta in Vigentino.
 
Sabato 16/2
Ritiro Pre-Ado;
Ore 9.30-10,30 Centro d’Ascolto Caritas; ore 14,30 Caritas decanale c/o Parr. S.M.Liberatrice.
 
Domenica 17/2
Ritiro Pre-Ado;
ore 9.00 7° incontro fidanzati; ore 17,30 Vespri e adorazione; ore 18.00 S. Messa; ore 20.00 Incontro CVS giovani aperto a tutti.
 
SUFFRAGI
 
Lunedì 11/2. Ore 8,30 Luciano Ceccarelli.
Martedì 12/2.
Ore 18.00 Salin Aldo e defunti della famiglia, Meazzi Angelo.
 
Mercoledì 13/2. Ore 8,30 Milesi Amabile e Paganoni Nicodemo.
 
Sabato 16/2. Ore 8,30 Luciana.
 
ARCHIVIO
 
Con il sacramento del Battesimo entrano a fare parte della Chiesa di Gesù: Guazzolini Arianna, Polizzotto Riccardo, Nardin Stefano, Fernando Minol Shron, Picerno Achille.
 
E’ tornata alla ‘Casa del Padre’ Galli Giuseppina anni 98.
 
VARIE
 
 
S.O.S. Caritas : Necessitano: vestiti per bimbo/a 2-3-4 anni.Grazie!