PROGETTO PASTORALE PARROCCHIALE 2010-2011
 
 
INTRODUZIONE
Nella riflessione e nella stesura di questo Progetto Pastorale Parrocchiale, ci siamo lasciati guidare soprattutto da quattro documenti della Chiesa che ci sono sembrati particolarmente illuminanti: ‘Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia’ (CEI, 29 giugno 2001), ‘Il volto missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia’ (CEI, 30 maggio 2004), la lettera di presentazione alla Diocesi del Sinodo 47° del card. Martini (1 febbraio 1995), e la lettera pastorale del card. Martini ‘Ripartiamo da Dio!’ (8 settembre 1995).
 
In ‘Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia’, al n.32 si dice:
       “Comunicare il Vangelo è il compito fondamentale della Chiesa. Questo si attua, in primo luogo, facendo il possibile perché attraverso la preghiera        liturgica la Parola del Signore contenuta nelle Scritture si faccia evento, risuoni nella storia, susciti la trasformazione del cuore dei credenti.
Ma ciò non basta. Il Vangelo è il più grande dono di cui dispongano i cristiani. Perciò essi devono condividerlo con tutti gli uomini e le donne che sono alla ricerca di ragioni per vivere, di una pienezza della vita”.
 
L’evangelizzazione, e cioè riportare il Vangelo all’interno della vita, è oggi certamente il tema fondamentale che detta anche le regole e lo stile della vita pastorale delle comunità cristiane. Lo Spirito spinge oggi a riscoprire i fondamenti della fede e della vita cristiana. Per questo consideriamo che, nonostante le contraddizioni e le fatiche che il nostro tempo vive, questo sia un tempo di particolare grazia e ci rendiamo disponibili a lavorare per rivivere nella nostra comunità lo spirito degli inizi della vita della Chiesa, con lo stesso coraggio e lo stesso entusiasmo, convinti che la Parrocchia è il luogo dell’esercizio permanente della nascita e della maturazione della fede e il luogo più immediato ed accessibile a tutti per incontrare in modo gratuito il mistero di Dio.
Essa non ha un territorio ma vive in un territorio e in esso «è la comunità cristiana che ne assume la responsabilità. Ha il dovere di portare l’annuncio a coloro che vi risiedono e sono lontani da essa, e deve farsi carico di tutti i problemi umani che accompagnano la vita di un popolo, per assicurare il contributo che la Chiesa può e deve portare. Così essa è dentro la società non solo il luogo della comunione dei credenti, ma anche segno e strumento di comunione per tutti coloro che credono nei veri valori dell’uomo» (Comunione Comunità, n. 44).
Sono tre i capitoli attorno ai quali si sviluppa il nostro Progetto Pastorale, secondo le indicazioni del card. Martini nella lettera pastorale ‘Ripartiamo da Dio!’, nel capitolo che esplicita le dimensioni della “comunità alternativa” (Ripartiamo da Dio!, n 3.1).
I tre capitoli sono frutto della riflessione dei membri del CPP, complementari e strettamente connessi uno all’altro, così come anche gli spunti più concreti per la comunità e per le persone, che cercheremo di applicare e verificare in futuro.
 
1.      DARE IL PRIMATO A DIO
 
a) Valore e prospettive
 
Occorre tornare a Cristo per scoprire il volto del Padre. Nella nostra vita concreta, restituire il primato a Dio significa conformarci a Cristo e assumerlo come modello della nostra vita.
Gesù si pone come modello e ci indica la strada per quanto riguarda la preghiera, la carità e la giustizia, sia in ambito personale che comunitario.
Dobbiamo educarci a motivare il nostro comportamento, personale e comunitario, affinché il senso del nostro impegno sia la sequela di Cristo, trasformando la semplice solidarietà umana in carità cristiana.
 
b) In concreto
Per maturare la fede:
Nella preghiera personale e comunitaria, nella catechesi e nella liturgia, dovremo trovare delle modalità, attraverso le quali la comunità si ritrovi a porre Dio al centro della propria azione.
Per rimettere Dio al primo posto nella propria vita occorre una scelta. Cosa deve fare la Parrocchia innanzitutto perchè la domanda dei sacramenti diventi scelta?
 
  •                   Il sacramenti della iniziazione cristiana, sono i momenti più importanti per poter coinvolgere anche gli adulti, che a volte solo in queste occasioni trovano gli spunti per una revisione della propria vita di fede.
  •                   In questo senso è importante la catechesi battesimale e postbattesimale, perché è occasione di incontro ed annuncio della fede accogliente della comunità.
  •                   La Parrocchia deve anche saper parlare di Dio , dando nuovo vigore all’esperienza della Parola annunciata nella propria comunità, dove tutti siano coinvolti, indipendentemente dalla propria preparazione.
  •                   Dare importanza al percorso di preparazione al matrimonio per i fidanzati.
  •                 Predisporre momenti di preghiera, per gli aderenti ai vari gruppi e per tutti, che coprano alcune ore del mattino o del pomeriggio, in particolari circostanze, momenti dedicati all’ascolto e studio della Parola.
  •                   Sembra importante riproporre con forza un cammino di educazione al senso della liturgia.
  •                  Ogni “gruppo” parrocchiale è parte importante della comunità e deve quindi vivere con speciale impegno gli appuntamenti unitari che vengono proposti (esercizi spirituali, incontri in Avvento e Quaresima, il Cenacolo settimanale del mercoledì).
  •                Se una adeguata presenza dei sacerdoti lo permette, si dovrebbe dare maggior importanza e risalto al sacramento della Riconciliazione e alla guida spirituale, momenti importanti per rimetter Dio al centro della nostra vita.
 
In particolare:
Liturgia
La liturgia è ambito cruciale per la vita di fede di una comunità e nella nostra parrocchia è particolarmente sentito. Ne sono un chiaro segno: la cura e la preparazione delle liturgie domenicali, festive e infrasettimanali, dei battesimi e dei funerali, i momenti di preghiera comunitari (Cenacolo, preghiere nei tempi forti), la presenza di molte persone che prestano un servizio nell'ambito liturgico (gruppo liturgico, coro, animatori, lettori, ministranti, volontari per la pulizia della chiesa).
Forse oggi si fa più fatica a trovare qualcuno disposto a impegnarsi in questo servizio: occorre allargare i “paletti della tenda”, creando relazioni che si trasformino poi in relazioni di fede e maturino fino al servizio nella comunità. Per facilitare poi l'accesso e la partecipazione alle liturgie (tenendo anche conto del prossimo arrivo di circa 1900 famiglie) si potrebbe anche pensare a: modificare gli orari delle messe domenicali; modificare gli orari della liturgia delle ore comunitaria (soprattutto serale) educare ai gesti liturgici; facilitare l'accesso alla chiesa per i disabili e gli anziani. Il gruppo liturgico ha bisogno di nuove persone.
 
Gruppi del Vangelo
I gruppi del vangelo rappresentano da anni una importante attività della nostra Parrocchia. Vi partecipano circa 100 persone. E’ importante che coloro che partecipano ad un gruppo compiano un cammino personale di crescita e di responsabilizzazione, anche missionaria e caritativa. Questa esperienza ha certamente bisogno di essere rivitalizzata, proposta con maggiore efficacia. Forse da troppo tempo ne diamo l’esistenza per scontata
 
 
2. LA FRATERNITA’
 
a)    Valore e prospettive
 
La fraternità è come la porta di entrata di una chiesa, ciò che permette a tutti di accedere in modo gratuito al mistero di Dio: una porta aperta sulla piazza, che ciascuno può spingere per entrare senza avere alcun titolo o merito per poterlo fare. È quanto Gesù diceva: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”. (Gv 13,34-35).   
 
Occorre dunque saper riproporre lo stile dell’amore di Dio, attraverso il dialogo, l’accoglienza, la gratuità, il perdono, accettando di non essere perfetti e di vivere in una comunità non perfetta: con tutti i suoi limiti e consapevole di avere bisogno di condividere misericordia e perdono (come del resto gli scritti della Chiesa primitiva ci riportano a proposito delle comunità dei primi cristiani).
 
b) In concreto:
 
A.    In questo senso diventa determinante lo stile dei rapporti all'interno della comunità: bisogna avere attenzione a riallacciare i rapporti nei gruppi, tra le persone, per non lasciare indietro nessuno; abituarsi a non giudicarsi vicendevolmente; crescere nell’attitudine al perdono e all’accettarsi nelle diversità.
 
 B.    E’ importante ridare importanza ai momenti di formazione e di spiritualità condivisi, non preoccuparsi solo del fare e delle azioni concrete. E’ importante comprendere in modo esplicito che la Parrocchia cerca di educare ad un cammino personale di continua conversione del cuore, per rivivere nella nostra comunità, l’esperienza delle prime comunità cristiane “molte sono le membra, ma uno solo è il corpo”, riconoscendo e valorizzando i doni di ciascuno.
     
C. Occorre dedicare e creare momenti e spazi di incontro in Parrocchia per la conoscenza reciproca e la vita comune (es. dopo la Messa) e, nell’amore reciproco, tenere conto delle diverse esigenze e disponibilità di ognuno (tempo, capacità, età, cultura, impegno singolo o di coppia, ecc.)
In particolare:
  • Esperienza particolarmente significativa della nostra comunità è il gruppo famiglia. Nato circa 12 anni fa dalla volontà di poche coppie che avevano il desiderio di approfondire temi di spiritualità familiare e di confrontarsi su tematiche inerenti al rapporto di coppia e con i figli, il gruppo si incontrava nelle case. Nel tempo ha accolto un numero sempre maggiore di famiglie e ha iniziato a incontrarsi in Parrocchia.
Successivamente, e per alcuni anni, hanno camminato fianco a fianco due distinti gruppi familiari, separati più che altro da un discorso di età e che si sono riuniti nell’anno 2007/08.
Negli anni si è più volte modificata la modalità di svolgimento degli incontri ma, in linea di massima, viene scelto ogni anno un tema che si possa ricondurre alla vita familiare e che si possa approfondire con l’aiuto delle Scritture e di altri testi, sul quale riflettere e confrontarsi.
Il gruppo famiglia, nel corso dell’anno, propone anche momenti di convivenza e condivisione, si attiva per l’organizzazione in Parrocchia della Festa della Famiglia e della Giornata della Vita, e cerca di rendersi utile prendendosi a cuore alcune situazioni familiari difficili, di solito in ambito parrocchiale.
Non sono previste iniziative specifiche per le situazioni matrimoniali canonicamente irregolari ma si cerca di rendere partecipi e particolarmente responsabili anche persone che vivono situazioni di questo tipo.
Nell’ambito della pastorale familiare il gruppo famiglia è coinvolto nella realizzazione del corso annuale per la preparazione del fidanzati al matrimonio e degli incontri di preparazione dei genitori al Battesimo dei figli.
Si sono create, negli anni, relazioni significative tra famiglie, anche se non sono mancati problemi relativi sia all’organizzazione che all’attenzione a tutti. Perché il gruppo famiglia sia sempre più fonte di aiuto e di stimolo, è necessario sviluppare in modo ancora maggiore e più profondo uno stile che si ispiri a quello di Gesù, missionario accogliente, capace di ascoltare, di prendersi a cuore le singole persone valorizzandone la vocazione, le ricchezze e le capacità. Inoltre, anche in vista dell’arrivo di tante famiglie che popoleranno il nuovo quartiere, le famiglie del gruppo dovranno dimostrarsi aperte accoglienti, trovando i modi per ‘contagiare’ e coinvolgere altre famiglie.
Verso la fine degli anni ’90 è nato il cosiddetto ‘PICCOLORATORIO’, dall’esigenza di alcune mamme di condividere il proprio tempo trascorso insieme ai figli piccoli con altrettante mamme, e si è presto rivolto a tutte le famiglie con bambini in età 0-8 anni, cioè la fascia d’età non ancora raggiunta dalla catechesi. Il Piccoloratorio - spazio attrezzato, aperto un pomeriggio alla settimana e parzialmente organizzato con attività strutturate - non ha mai voluto essere un servizio di “accudimento bambini” ma un momento in cui creare occasioni di incontro tra bambini, tra bambini e genitori e tra genitori stessi e occasioni di “pre-evangelizzazione” attraverso brevi e semplici momenti di preghiera e di impegno che coinvolgessero la famiglia. Da qui era nato anche l’impegno di animare le Messe mensili dei battesimi come momento di gioia e di accoglienza: un’esperienza che non vorremmo perdere, anche se si intravede qualche oggettiva difficoltà. Negli ultimi anni il Piccoloratorio aveva interrotto la sua attività: ci sembra importante che la sua recente riapertura avvenga con uno stile di semplicità che contraddistingue il rapporto “con” e “tra” i piccoli per poter creare spontanee occasioni di incontro e poter proporre piccoli ma significativi gesti di solidarietà, accoglienza, dialogo e semplici cammini di spiritualità pre-catechesi “ufficiale”.
 
 
3. LO STILE DELLA MISSIONE
 
a)    Valore e prospettive
L’annuncio del Vangelo e la possibilità di renderlo vero nella coscienza delle persone e della comunità cristiana, non passa solo attraverso l’oggettività e la verità della parola detta, ma anche attraverso lo stile con cui la si pronuncia. Non ogni stile missionario è stile cristiano, non ogni modo di proporre il Vangelo è modo evangelico. Nella missione, nell’evangelizzare, si tratta di rivivere lo stile di Gesù, nelle sue dimensioni di gratuità e di essenzialità. Lo stile con cui si annuncia il Vangelo è parte dell’annuncio stesso.
I riferimenti più chiari in questo senso, Gesù li ha dati parlando del ‘piccolo gregge’, del ‘granellino di senapa’, del ‘sale e del lievito’, e ancora con altre parabole. È lo stile della piccolezza, della debolezza (richiamata anche spesso da s. Paolo), dell’accoglienza, dell’ascolto, della gratuità, dell’attenzione a tutti ma anche a ciascuno in particolare.
 
b) In concreto:

ANZIANI

Se lo stile della missione si caratterizza anche per l'attenzione agli ultimi, allora gli anziani sono un settore privilegiato per la missione.
Tre le realtà presenti in parrocchia e in quartiere:
-        il gruppo anziani della parrocchia, molto attivo e partecipato, si è perso in quanto sono venuti a mancare le persone responsabili e tutte le attività si sono fermate,.Lo scorso anno 2010 ha ripreso la sua attività di aggregazione grazie a nuovi e vecchi responsabili.
 
-          la casa di riposo GECRA dove vi sono alcuni volontari che prestano la loro opera e viene celebrata una Messa periodicamente;
 
-      la visita ai malati svolta per lo più dalle suore e dai sacerdoti. Per il futuro sarebbe bello riuscire a trovare qualche altro volontario che si impegni, così come sarebbe bello poter coinvolgere ed educare i giovani, i ragazzi e gli adolescenti a farsi carico degli anziani.
 
ORATORIO
L’Oratorio è l’attenzione missionaria della Parrocchia alle generazioni giovani. Fino a non molto tempo fa l’Oratorio faceva leva sull’animazione del tempo libero. Oggi per la presenza di molte agenzie che animano il tempo libero l’Oratorio deve ritrovare maggiormente il proprio stile. Il riferimento essenziale è al primato delle relazioni sull’organizzazione.
Così per l’ambito della catechesi dell’iniziazione cristiana nuovo spazio deve essere trovato per l’incontro con la famiglia intera (superando anche lo schema: catechesi ai ragazzi – qualche incontro per i genitori). La catechesi inoltre deve essere sempre più esperienziale e non solo intellettuale.
Per l’accompagnamento dei preadolescenti e degli adolescenti è da perseguire l’utilizzo di linguaggi diversi, la proposta di momenti di protagonismo e di servizio (anche nella liturgia), un atteggiamento non di controllo-giudizio del loro cammino, ma di accoglienza e incoraggiamento.
Per i 18-19enni e i giovani, superata la preoccupazione avere gruppi numerosi, è molto importante la relazione personale con i singoli ragazzi. Lo scopo del cammino è stimolare ad una “scelta” della propria fede (uno strumento è la stesura della propria regola di vita).
Il doposcuola è l’occasione di accompagnamento dei ragazzi delle medie che hanno più difficoltà (e non solo scolastiche). E’ importante non creare un ghetto dei ragazzi problematici, ma favorire un luogo di integrazione di capacità diverse in cui studiare insieme.
Lo sport può essere uno strumento della missione dell’Oratorio se rimane un ambito di integrazione tra chi è bravo e chi è meno bravo; l’agonismo quindi non deve prendere il sopravvento sulle persone.
La palestra dell’Oratorio permette un incontro positivo con altre realtà del territorio che si dedicano allo sport. Occorre quindi curare le relazioni con chi la utilizza per superare la logica di solo affitto.
La musica può essere un mezzo educativo. Essa può anche essere posta a servizio della liturgia (coro – strumenti in chiesa).
 
 CENTRO DI ASCOLTO
Il Centro di Ascolto nasce più di 10 anni fa all’interno della Caritas parrocchiale; attualmente è operativo due ore alla settimana. Il 47° Sinodo Diocesano sottolinea che in esso “la comunità cristiana rende quotidianamente visibile l’attenzione e la sollecitudine per i poveri, accoglie e ascolta le persone in difficoltà e le orienta verso le strutture ecclesiali e civili competenti per offrire il servizio richiesto di caso in caso”. Per questo è importante che in futuro possa rivestire sempre più un ruolo educativo e missionario nei confronti della comunità: essere di stimolo e richiamo rispetto all’importanza di uno stile di ascolto e di accoglienza, “vegliare” e “svegliare” rispetto alle povertà vecchie e nuove senza paure, informare la comunità su quanto viene svolto nel rispetto delle sofferenze e delle diversità, sollecitare scelte di vicinanza stimolando l’attivazione di aiuti informali che possano coinvolgere i singoli, le famiglie e le risorse del territorio.
Attualmente sentiamo una forte esigenza che il nostro Centro di Ascolto si ‘metta in rete’ con altri, di altre Parrocchie, soprattutto del Decanato, per operare meglio e avere positivi confronti.
 
TERRITORIO
Attualmente esistono sul territorio realtà interessanti che già offrono servizi di vario genere:
-                il Circolo Mondini, presente dal 1972, propone attività culturali e ricreative ad adulti e bambini nonché due scuole di italiano per stranieri;
 
-               la Rogoredo ‘84, associazione sportiva dilettantistica, propone iniziative di intrattenimento, sportive e di solidarietà;
 

-               l’iniziativa “I care” (in via Freikofel, iniziativa di Daniele Checchi) è un luogo in cui ragazzi della fascia d’età 11-16 anni, guidati da adulti,
           si confrontano su temi sociali e di attualità e propongono attività di volontariato, solidarietà e dialogo anche verso coetanei o bambini attraverso            due giorni settimanali di doposcuola per ragazzi delle medie e delle elementari e sostegno per bambini stranieri;

 
-              i “campetti rossi” luogo di incontro e scambio spontaneo e immediato tra bambini e tra genitori.
 
E’ auspicabile che queste realtà possano meglio “dialogare” tra loro per uno scambio di informazioni e interessi al fine di poter aumentare la partecipazione e l’interscambio in uno stile di apertura verso le diversità culturali, etniche e religiose che possano arricchire e creare rapporti di fratellanza, unità e pace.
La Parrocchia dovrà essere molto attenta nei prossimi anni ad avere contatti con le Istituzioni civili, specie nella “nuova Rogoredo” di Santa Giulia e Montecity, sollecitando l’attenzione verso la nascita di quei servizi necessari al territorio (scuola, ASL, anziani, centri di aggregazione, ecc…).
TEATRO
Il teatro nell'ambito dell'oratorio è sempre stato un motivo forte di aggregazione. Grandi e piccini si lasciano coinvolgere volentieri in questa avventura. Questa attività, per chi la organizza (registi, tecnici, scenografi,coreografi) deve essere una platea aperta a tutti, dove anche la persona in difficoltà di apprendimento va inserita, dandole occasioni dove possa esprimere le sue capacità, anche se ridotte. Visto sotto questo aspetto, il teatro in piccola parte anch'esso fa parte dello stile della missione evangelica, dove ci si dedica agli altri, aprendo loro le porte e dando loro cosi un'opportunità di crescita.
In particolare:
Dovremo curare in modo particolare, anche attraverso gli strumenti offerti dal Decanato e dalla Diocesi, della formazione dei responsabili.
Anche in Parrocchia sarà necessario ampliare la disponibilità dei sacerdoti per la direzione spirituale e la cura del cammino spirituale dei singoli.
 
                                                                                                                         Milano, 10.06.2008
 
 
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DIONIGI TETTAMANZI
 
Lettera alle comunità cristiane del
 
Decanato Vigentino Milano
 
Carissimi,
è ancora molto vivo in me il ricordo per l'accoglienza che mi avete riservato in occasione della Visita pastorale al vostro Decanato del Vi­gentino. Ricordo in particolare la bella celebrazione eucaristica dello scorso 4 maggio, nella parrocchia Madonna di Fatima. Pregando insieme, ci siamo confermati nella fede e abbiamo potuto riscoprire che l'amore di Dio è sempre in mezzo a noi. Il suo è un amore fedele che non viene mai meno.
Ora, a conclusione della mia Visita, desidero offrirvi alcuni spunti di ri­flessione perché possiate sempre meglio orientare il cammino delle vostre co­munità nel solco del percorso che l'intera Diocesi sta compiendo.
Gli incontri che hanno preceduto la mia Visita già vi hanno permesso di approfondire la conoscenza reciproca: vi chiedo di farne tesoro per tendere ad una più intensa e concreta collaborazione tra le diverse parrocchie del vostro Decanato. Oggi viviamo un tempo nel quale è sempre più necessario testimo­niare una autentica comunione perché l'annuncio del Vangelo sia più credibile e incisivo. Non lasciatevi vincere dalla tentazione di ritenere che ogni parroc­chia possa progettare e promuovere una propria attività pastorale in assoluta autonomia senza collaborare con le altre. Vigiliamo con attenzione contro que­sto pericolo dell'autosufficienza, che talvolta può svilire i numerosi segni di ge­nerosità ed intraprendenza pastorale. I doni che scaturiscono da una comu­nità e la animano sono una ricchezza da condividere, non motivo di autorefe­renzialità.
Le vostre celebrazioni, i diversi momenti formativi, anche le varie inizia­tive che contraddistinguono il vostro lavoro pastorale sappiano trasmettere e comunicare in maniera sempre più vera e convinta il fondamento della nostra fede: la presenza del Risorto che continuamente rinnova le coscienze ed è principio della nostra speranza.
Sappiate rinnovare il vostro slancio missionario impegnandovi a leggere e a conoscere questo nostro tempo, che ci presenta nuove sfide da affrontare con coraggio e creatività, guardando avanti e sapendo interpretare evangelicamente ciò che ci è dato di vivere.
Vivete in quartieri di periferia che sanno dimostrare una singolare viva­cità, ma allo stesso tempo soffrono dei problemi tipici di queste zone della no­stra città. È necessario condividere le risorse e cercare di rispondere con gra­tuito spirito di servizio ai bisogni di tante persone, specialmente dei più poveri. Nei miei diversi Discorsi alla Città per la vigilia di S. Ambrogio ho spesso sot­tolineato la necessità di ridisegnare "il volto amico e solidale della Città", cer­cando di ricostruire un "fraterno colloquio tra gli uomini". Impegnatevi a co­struire relazioni fraterne e amicali affinché nessuno si senta solo.
Sappiate essere accoglienti nei confronti degli immigrati, accompagnan­doli nel loro cammino di integrazione nella nostra realtà sociale attraverso un dialogo franco e sincero.
Abbiate particolare attenzione nei confronti dei giovani, cercando di in­contrarli, di conoscerli e progettando per loro adeguati percorsi formativi.
State vicini alle famiglie con un atteggiamento di sincero ascolto, so­prattutto verso le famiglie che vivono situazioni di sofferenza e di difficoltà. Una cura particolare sia riservata alle giovani famiglie affinché si sentano ac­colte e possano vivere da protagoniste nelle vostre comunità.
Nell'omelia della Messa crismale di quest'anno ho sottolineato tra l'altro "la forza missionaria di ogni battezzato". Ho voluto così mettere in luce che l'impegno missionario si deve avvalere dell'apporto di tutti e che ciascuno è chiamato ad essere corresponsabile della missione. E dicevo che "anche l'impegno a ripensare e a ristrutturare le nostre comunità in un'ottica di pastorale di insieme ha assoluto bisogno di questa coscienza missionaria di tutti i fedeli" (Il sacerdozio comune dei fedeli, p. 33). Non abbiate timore a rendervi disponibili a contribuire alle attività pastorali delle vostre parrocchie e ad aprirle sempre di più al territorio, offrendo agli altri ciò che il Signore vi ha do­nato: la ricchezza di ciascuno potrà così diventare buon pane quotidiano an­che per altri e per altre comunità.
Vi affido alla Vergine santa. La sua protezione vi sostenga e vi dia co­raggio. Lo Spirito di Cristo risorto guidi i vostri passi e il vostro cuore perché possiate essere testimoni credibili dell'amore di Dio per tutti gli uomini.
 
 
CARTA DI COMUNIONE PER LA MISSIONE
 
Maggio 2010
 
Introduzione
 
La “missione” è il senso stesso dell’esistenza della Chiesa: “ci siamo” per dire al mondo l’Amore del Signore per l’umanità.
Quindi non è una “cosa in più” del nostro essere: è semplicemente la vita autentica delle comunità cristiane in ciascuno dei suoi membri e nel suo insieme, è l’essere cristiani in tutti gli ambiti di vita.
 
In questa linea sottolineiamo alcune urgenze che nel nostro decanato ci sembrano prioritarie, per rinnovare le nostre parrocchie in questa consapevolezza, tenendo conto della lettera inviataci dal Cardinale dopo la visita pastorale.
 
“Il vostro territorio sta vivendo profonde trasformazioni che domandano alle vostre comunità una presenza sollecita e generosa capace di stare vicino alle persone, di ascoltarle, di accompagnarle nelle fatiche della vita quotidiana. Siate comunità aperte, disponibili all’accoglienza, in particolare verso i nuovi venuti; fate in modo che nessuno sia lasciato solo e che si possano costruire relazioni amicali e fraterne tra gli abitanti dei vostri quartieri” (Card. Dionigi Tettamanzi, Lettera ai sacerdoti e agli operatori pastorali del decanato Vigentino, 24 ottobre 2008, a conclusione della visita pastorale).
 
1. Formazione dei laici
 
“Sappiate accogliere e valorizzare i laici nelle vostre comunità riconoscendoli corresponsabili della missione di testimoniare il Vangelo di Gesù. Sia pertanto favorita la partecipazione attiva di tutti all’impegno missionario della Chiesa, nella convinzione che ogni cristiano ha da offrire un contributo di testimonianza unico e irripetibile. Nella Messa crismale del Giovedì santo di quest’anno dicevo: “I cristiani – in specie le famiglie cristiane – trasmettono la fede e l’amore di Cristo non solo quando rivestono qualche specifico compito o ruolo nelle comunità, ma per il semplice fatto di vivere da cristiani veri, gioiosi e sereni, con un vissuto quotidiano che è frutto della grazia battesimale” (Lettera ai sacerdoti e agli operatori pastorali…, cit.).
 
Ci sembra importante rinnovare il nostro impegno per una formazione qualificata di laici responsabili, nella prospettiva di essere segno / testimonianza per i molti cristiani “anagrafici” / “sociologici”.
Questo però non in una logica elitaria, ma in una prospettiva di “santità popolare”.
In questo ambito sottolineiamo e confermiamo alcune iniziative decanali già in atto e particolarmente significative: corso biblico, formazione catechiste, corso educatori, incontro decanale dei gruppi familiari…
Le parrocchie quindi decidono di fare “un passo indietro” sulla formazione, per farla “insieme” in decanato, su alcuni “livelli qualificanti”.
 
In questa prospettiva ci proponiamo di coinvolgere gruppi, associazioni e movimenti presenti in decanato per costituire una “commissione cultura” che si faccia promotrice durante l’anno di qualche incontro su tematiche “di fondo” che siamo chiamati oggi ad affrontare in modo rinnovato come cristiani e uomini di buona volontà “pensanti ”.
 
2. Pastorale familiare
 
“Date nuovo slancio alla pastorale familiare, seguendo le indicazioni tracciate dal percorso pastorale diocesano di questi anni” (Lettera ai sacerdoti e agli operatori pastorali…, cit.).
 
La prospettiva che vorremmo cercare di proporre è quella di favorire / esplicitare la dimensione “familiare / relazionale” della comunità cristiana, in particolare curando la formazione di famiglie che si fanno carico di altre famiglie e proponendo cammini di accompagnamento alle coppie in difficoltà.
 
Da questo punto di vista è riferimento la commissione famiglia, con la sua attività, in particolare con la proposta “annuale” di un incontro per i gruppi familiari e le singole famiglie.
 
Vorremmo però avere più attenzione a quelle coppie che, dopo i corsi fidanzati, vorrebbero proseguire il cammino e poi cominciare a lavorare seriamente e in modo condiviso sulla pastorale battesimale e post-battesimale.
 
3. Pastorale giovanile
 
“Date nuovo slancio… alla pastorale giovanile, promuovendo momenti di autentico ascolto dei giovani e offrendo loro qualificate proposte formative” (Lettera ai sacerdoti e agli operatori pastorali…, cit.).
 
  • Ascoltare ed accompagnare i giovani chiede di favorire oggi forme di comunitarietà di vita, nelle quali e attraverso le quali si costruiscano relazioni significative, tra i giovani, con i loro educatori e con i religiosi, le religiose e i sacerdoti che li guidano. Nello spazio di tempi di “vita comune” si danno le occasioni per una reale interiorizzazione dello stile del Vangelo nella vita quotidiana.
 
  • La pastorale giovanile decanale ha già alcuni punti forza: l’incontro mensile dei giovani (scuola della Parola / serata di Emmaus); il lavoro comune degli educatori dei preadolescenti e degli adolescenti; l’incontro costante dei coadiutori che permette un buon coordinamento delle proposte e di riflesso coinvolge anche gli educatori; il lavoro della commissione di Pastorale Giovanile (gruppo decanale che ha uno sguardo ampio su tutta la proposta giovanile).
 
  • E’ opportuno favorire maggiormente forme di “vita comune” a livello parrocchiale per le diverse fasce d’età e a livello decanale per i giovani.
Si auspica, inoltre, un tavolo di lavoro condiviso sull’Iniziazione Cristiana (di cui si sottolinea l’unitarietà del percorso che va dalla preparazione del Battesimo alla mistagogia dopo i Sacramenti).
Si lavorerà per continuare e rinvigorire il lavoro della Commissione di Pastorale giovanile.
 
4. Caritas
 
“Continuate a riservare una particolare cura per le attività caritative, facendo crescere la Caritas decanale (Lettera ai sacerdoti e agli operatori pastorali…, cit.).
 
L’orizzonte nel quale ci vogliamo muovere è quello di riuscire a mantenere uniti i livelli di intervento Caritas.
Da una parte l’animazione delle varie comunità perché siano sempre più presenti sul territorio parrocchiale con azioni di reale vicinanza e condivisione, dall’altra la capacità di “coordinare” questi interventi perché esprimano il modo cristiano di vivere la prossimità ai poveri e a chi è nel bisogno.
 
In questo senso va la cura per la formazione degli operatori Caritas e l’aiuto al discernimento delle varie situazioni sociali che interpellano le coscienze dei credenti e degli uomini di buona volontà.
Già è da noi abbastanza praticato in particolare per quanto riguarda il coordinamento e la formazione degli operatori Caritas.
 
Quello che vorremmo realizzare è da una parte il “pensare insieme” la risposta ad alcuni problemi aperti o situazioni di intervento sui bisogni presenti nel nostro territorio (carcere, ospedale oncologico, case di riposo, dormitorio…) dall’altra provare ad esprimere una “parola evangelica” sui fenomeni di rilevanza sociale che accadono attorno a noi.
 
     Il consiglio pastorale decanale
 
Vorremmo ripensare la struttura e le modalità di lavoro del consiglio pastorale decanale, perché serva anche da luogo di confronto e promozione delle indicazioni di lavoro contenute in questa carta. Per questo occorrerà valorizzare il lavoro delle commissioni decanali. Avremo particolare cura della comunicazione all’interno del Decanato
 
  
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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE…
 
Per uno sguardo sul futuro che ci attende : dalla nuova evangelizzazione al Primo Annuncio della fede …
 
1. Parlare in modo nuovo di Dio
Il compito fondamentale e più importante della nuova evangelizzazione è quello di parlare in modo nuovo di Dio e di introdurlo nella conversazione. Non è un compito facile e soprattutto non è un compito che uno possa semplicemente proporsi e poi realizzare. Il termine Dio è uno dei termini più abusati. È la parola più appesantita fra tutte le parole umane; non ve n’è altra che sia stata così imbrattata, così lacerata. Avendo dimenticato Dio, noi europei abbiamo contro non solo la nostra storia, ma tutta la storia religiosa e culturale dell’umanità. Essa conosce il fenomeno del Santo, del totalmente Altro, che supera infinitamente le capacità della nostra conoscenza e del nostro linguaggio ed è tuttavia onnipresente. Lo descrive come il mysterium tremendum et fascinosum, come ciò che incute timore e rispetto e al tempo stesso attira e affascina (R. Otto). Gli antichi sapevano che lo stupore è l’inizio della riflessione, come la Bibbia sapeva che il timore di Dio è l’inizio della sapienza (cf. Gb 28,28; Sal 111,10; Pr 1,17; 9,10).
La nuova evangelizzazione deve partire di qui. La sua prima preoccupazione deve essere quella che Karl Rahner ha chiamato mistagogia e considerato l’idea guida della pastorale. Mistagogia significa accompagnamento a scoprire il mistero già presente in ogni esperienza di vita, per cercare Dio, che si aggiunge per così dire dall’esterno e come complemento alla nostra vita, ma è già presente in essa, pur restando sempre colui che deve venire. Si tratta quindi di introdurre a un’interiorità e alla percezione di «qualcosa» che è meraviglioso, venerando e santo, che è in definitiva incomprensibile e inesprimibile in e «dietro» tutto ciò che si può comprendere ed esprimere, che quindi è trascendente nel cuore della vita. Così noi possiamo trasmettere un’intuizione di ciò che in ultima analisi intendiamo quando diciamo «Dio».
La grande teologia cristiana ha sempre saputo che non si può esprimere esattamente chi è Dio, ma che in tutti i nostri concetti ci si rivolge a lui, che in questo caso la differenza supera la somiglianza (DENZ 806), che Dio è sempre maggiore e sempre più misterioso di tutto ciò che noi pensiamo di poter dire di lui.
Già Tommaso d’Aquino diceva che, riguardo a Dio, sappiamo più ciò che non è di ciò che è (cf. Summa theol. I, q. 1, a. 7, ad 1; a. 9, ad 3). La conoscenza dei propri limiti è la vera umanità dell’uomo. Lo preserva dalla hybris e dalla gigantomachia, dall’illusione di essere Dio, dal giocare al piccolo dio, trattando e sottomettendo senza alcun rispetto la natura e le altre persone. La convinzione di essere uomini e non Dio ci preserva anche dal pretendere troppo da noi stessi e dall’esaurirci. Ci avverte che non possiamo farci da soli, non possiamo «fare» la nostra vita, non possiamo salvare il mondo intero e non dobbiamo neppure pretenderlo da nessun altro.
Nella tradizione spirituale quest’atteggiamento si chiama umiltà. In genere, oggi questa parola non gode di buona stampa, perché sa di umiliazione e sottomissione. Purtroppo, in realtà, se ne è spesso abusato. Ma la vera umiltà è ciò che si chiamava in origine devozione (eusebeia, pietas), cioè timore reverenziale per ciò che è santo. Dove non esiste più nulla di santo, la vita diventa insopportabilmente priva di distanza, diventa brutale e anche terribilmente banale. L’umiltà invece riconosce sia la verità sia la dignità creaturale della vita. Teresa d’Avila chiamava la vera umiltà «camminare nella verità
». Dobbiamo riscoprire questa verità della nostra esistenza e apprenderla di nuovo.
La proclamazione e la teologia cristiana non possono tacere davanti all’impenetrabile mistero della realtà del mondo e al presentimento del mistero di Dio. Diversamente dagli idoli muti (cf. Sal 115,4s) il Dio biblico è un Dio che parla e un Dio vivente (cf. Dt 5,26; Mt 16,16).
È la maggiore differenza fra la religione cristiana e la religiosità orientale, come si presenta soprattutto nel buddhismo.
Il passo che conduce oltre la silenziosa interiorizzazione del mistero della nostra vita è quindi la fiduciosa conoscenza di fede che c’è «Uno» che mi «accetta», che io non sono un prodotto del caso e uno scherzo del destino, ma che Qualcuno si rivolge a me, mi chiama per nome e mi accetta. È la certezza dell’esistenza di un Uno che mi sta di fronte, che io posso invocare, verso il quale posso gridare, e che ascolta questo appello e questo grido anche quando nessuno più mi ascolta, che posso
ringraziare per la mia esistenza e per l’esistenza di altri, che posso ammirare, lodare ed esaltare.
Questa concezione personale di Dio raggiunge il suo punto più alto in Gesù. Nel cuore della sua vita terrena e al centro del suo messaggio c’è la sua relazione personale,intima e assolutamente unica, con colui che egli chiamava suo Padre (abbà) (cf. Mc 14,36). I discepoli, sentendolo pregare in quel modo, gli chiesero: «Signore, insegnaci a pregare», ed egli insegnò loro la preghiera del Padre nostro (cf. Mt 6,9; Lc 12,30). Per Gesù la buona novella liberatrice è quella di essere introdotti in questa comunione personale e in questo dare del tu a Dio, che ci libera dalla paura di essere in balìa di un destino senza volto e ci permette di sentirci al sicuro nella vita e nella morte in Dio. Perciò il compito fondamentale della nuova evangelizzazione è quello di condurre sia i cristiani praticanti sia coloro che pongono domande su Dio e lo cercano a percepire la sua chiamata personale nella loro coscienza, a rispondersi, a dire a Dio «Abbà, Padre» e a recitare il Padre nostro. All’inizio questa risposta può essere difficile,
balbettante e solo lentamente trovare la strada che conduce a una relazione personale con Dio e a una preghiera personale. Forse vi sono molte più persone di quanto crediamo che apertamente o tacitamente ci interpellano e ci chiedono: «Insegnaci a pregare» (Lc 11,1). Perciò la nuova evangelizzazione sarà sempre e soprattutto una scuola di preghiera.
 
2. Ripartire da Gesù Cristo
Il Vangelo non è un programma per il miglioramento del mondo. È il Vangelo di Gesù Cristo, sul cui volto risplende per noi il volto del Dio vivente, amico degli uomini, del Dio che si spinge fino alla croce e che proprio per questo è con noi e accanto a noi anche nelle ore più buie della vita. Perciò la nuova evangelizzazione è condurre a Gesù Cristo e introdurre nell’amicizia con Gesù. Nuova evangelizzazione significa ricominciare da Gesù Cristo, ritornare a scuola da lui per imparare attraverso di lui a conoscere Dio e l’uomo, a conoscerlo meglio e amarlo di più per deciderci a seguirlo con più impegno. Per i cristiani questo cammino non è mai concluso, ma dura tutta la vita. Il Nuovo Testamento definisce globalmente l’essere cristiano la «via», o la «nuova via» (cf. At 9,2; 19,9). Questa memoria del fondamento permanente e del centro della fede cristiana è la preoccupazione che sottende anche il volume Gesù di Nazaret di Benedetto XVI.
L’annuncio di Gesù Cristo non giunge all’uomo come qualcosa di estraneo dal di fuori; non viene per così dire rovesciato sull’uomo. È il Logos nel quale tutto è stato fatto, la luce e la vita in tutte le cose, la luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo. Non viene quindi come un estraneo, ma viene nella sua proprietà (cf. Gv 1,1-14). Egli è la luce del mondo; chi lo segue non cammina nelle tenebre, ma ha la luce della vita (cf. Gv 8,12). Perciò il messaggio di Gesù Cristo deve essere presentato come spiegazione della vita; esso è il senso dell’esistenza, della vita e del mondo.
Tutto questo non è per nulla innocuo. Il Vangelo di Giovanni conosce l’incomprensibile paradosso degli uomini che non accolgono questa luce (cf. Gv 1,5.10s), ma preferiscono le tenebre alla luce (cf. Gv 3,19). In quanto messaggio di liberazione il Vangelo di Gesù è sempre anche messaggio critico. Non si può tradurre in pratica senza la disponibilità alla conversione e al cambiamento di mentalità.
Lo attesta il messaggio di tutti i profeti, oltre a quello di Gesù. La vita di tutti quei «grandi» cristiani che noi chiamiamo santi è stata una vita di continua conversione. La nuova evangelizzazione non può evitare di parlare di questo aspetto. Dovrà dire: tu devi cambiare vita. In base a ciò che abbiamo detto, la priorità per la nuova evangelizzazione è la concentrazione su Cristo. Ha poco senso ed è anzi piuttosto controproducente discutere con persone che sono lontane dalla fede, o hanno difficoltà
nei riguardi della fede, della verginità di Maria, del purgatorio, delle indulgenze o di temi del genere che sono ben lontani dalla loro vita e dalle loro preoccupazioni. Non che non siano contenuti della fede, che nel loro contesto sono legittimi e non devono essere trascurati o addirittura omessi.
Ma a livello esistenziale queste verità si possono comprendere solo quando si possono vedere a partire dal fondamento e dal centro della fede, cioè a partire da Gesù Cristo. Non dobbiamo quindi perderci in tali questioni, ma chiarire anzitutto il fondamento e il centro. In altri termini: dobbiamo tener presente la «gerarchia delle verità». Da questa concentrazione su Cristo deriva un cambiamento di paradigma in campo pastorale. In epoca post-tridentina si dava la priorità a una distribuzione a tappeto dei sacramenti. I sacramenti sono sacramenti della fede; essi presuppongono la fede e possono essere impartiti solo in presenza di una fede perlomeno presunta. Oggi, in molti casi non la si può presupporre: molti non conoscono veramente Gesù Cristo; ne hanno in qualche modo sentito parlare;
lo conoscono o lo misconoscono per sentito dire; sanno questa o quella cosa riguardo a lui, ma non hanno mai veramente incontrato in modo personale lui e il suo messaggio. Perciò dobbiamo chiederci se spesso non meriteremmo il rimprovero di Dietrich Bonhoeffer: scialacquiamo i sacramenti e li trasformiamo in grazia a buon mercato.
Normalmente lo scossone prodotto dalle prediche tenute in occasione di missioni straordinarie si esaurisce in fretta se non è preceduto o seguito da un corso catechetico sistematico. Anche Gesù, come i rabbi del suo tempo, ha fatto scuola ai suoi discepoli. Fin dai tempi apostolici la catechesi è considerata un dovere fondamentale specialmente dei vescovi e poi dei parroci. Padri della Chiesa
che erano grandi teologi, come Agostino, e teologi come Tommaso d’Aquino non si tiravano certamente indietro in questo. Le Chiese di missione hanno conservato la tradizione della Chiesa antica e traggono proprio di lì la maggior parte del loro successo missionario. Ma da noi dove si può trovare un’introduzione alla fede e alla vita di fede? Da noi dove si può imparare la fede?
Non mancano certamente nuove iniziative meritevoli e lodevoli per una nuova e viva trasmissione della fede (cursillos, neo-catecumenali, corsi Alfa, corsi teologici per corrispondenza ecc.), ma purtroppo sono per lo più iniziative parallele alle forme parrocchiali ufficiali della catechesi.
Nell’attuale situazione scolastica l’insegnamento della religione, che un tempo contribuiva alla realizzazione del compito catechetico, non può più assicurare quest’introduzione, anche nel caso in cui venga accompagnato da un’intensa pastorale scolastica. La catechesi non può essere un mero processo di apprendimento scolastico; essa è sempre anche introduzione alla vita cristiana e alla vita della Chiesa. Deve essere vicina alla vita, partire da esperienze, interpretare esperienze e permettere di fare nuove esperienze. Più che di insegnanti ha bisogno di maestri di vita (Meister Eckhart). Questo è possibile solo con una vicinanza ambientale e personale alla Chiesa e alla comunità cristiana.
Si è giustamente introdotta, accanto all’insegnamento della religione, la catechesi comunitaria come preparazione alla prima comunione e alla cresima. Per lo più viene affidata a una persona poco o punto formata. Così, a parte alcune lodevoli eccezioni, essa offre nella migliore delle ipotesi una sorta di pre-evangelizzazione, rimane cioè a livello di un semplice tirocinio religioso. La catechesi di base per il battesimo (nel senso di una catechesi per i genitori o la famiglia in occasione del battesimo dei figli) è in
genere minima; così pure la catechesi degli adulti, che sarebbe invece molto importante per cristiani battezzati solo di nome, che nell’età adulta vogliono ritornare a una fede viva, o per non battezzati che chiedono il battesimo. Nessuna meraviglia che una tale mancanza di nutrimento religioso produca solo una fede anemica. Oggi, la conoscenza della fede ha raggiunto veramente il suo punto più basso. Bisogna parlare di analfabetismo religioso. E tuttavia si può amare solo ciò che si conosce e ciò che si ama si vuole conoscere ancor meglio e più in profondità.
Occorre un percorso catechetico sistematico integrale, cioè non solo conoscitivo, ma anche emotivo e orientato alla pratica, che conduca persone giovani e adulte con cuore, mano e ragione a Gesù Cristo e le introduca nella fede e nella vita della Chiesa, che li aiuti a essere cristiani adulti, cioè cristiani che possono aprire la bocca e rendere ragione della loro fede. La carenza di questa catechesi è una delle mancanze più gravi della Chiesa in Europa. Nessuna meraviglia che molti, che si ritengono maggiorenni, ripetano solo slogan ben noti e siano vittime della presentazione superficiale della religione che si fa attraverso i grandi mezzi di comunicazione sociale o la propaganda dei nuovi movimenti religiosi. Dobbiamo tornare a imparare dalla Chiesa antica e dalle Chiese di missione.

   Card. Walter Kesper

Al convegno delle Conferenze   Episcopali  Europee del 2009