Foglio delle Campane di Rogoredo
Comunicazione di Formazione Religiosa
 
foglio domenicale
 
  

Giornata Mondiale del Malato

Ogni anno la Chiesa celebra l’11 febbraio la Giornata mondiale del malato. Essa è stata istituita da S. Giovanni Paolo II nel 1992 e collocata liturgicamente nella memoria della B.V. di Lourdes. Il papa, nel messaggio di quest’anno, invita a riflettere sulla relazione di fiducia con il malato. Principalmente tale richiamo viene rivolto a quanti si occupano del malato: operatori sanitari e pastorali, volontari, familiari. Tuttavia, questo tema riguarda ciascuno di noi anche se non lavoriamo in ambito sanitario: infatti ciascuno costruisce ogni giorno relazioni umane significative con gli altri.

Nella sua opera più celebre, “Il principio dialogico”, Buber distingue due tipi di relazione: io-esso e io-tu. La prima, chiamata anche funzionale, si attua quando l’altro è trattato come oggetto. Nella seconda, invece, denominata relazione autentica, l’interlocutore è considerato nella sua dignità di persona. Come in tanti altri contesti, anche in quello del mondo della salute, l’essere umano può scadere a semplice oggetto, visto come qualcuno che serve alla soddisfazione dei propri bisogni: offre la possibilità di un lavoro, consente l’esercizio di una competenza, ecc. Lo scenario cambia ogni volta che la relazione io-esso si trasforma in relazione io-tu, indicante la comunione nelle sue infinite modulazioni diventando, così, relazione tra persone. Tra le sue molteplici forme, esiste quella di fiducia, definita nel titolo del messaggio papale, “base della cura olistica dei malati”. La fiducia non è uno stato d’animo individuale, un movimento interiore dell’anima, un dinamismo intrapsichico, ma esiste in uno spazio relazionale, nel concreto rapporto fra due esseri, “nella piena realtà del rapporto a due”(Buber). Dare fiducia è anche segno di non autosufficienza, di non essere bastanti a se stessi e, per questo, di aprirci sempre all’altro. “In ambito medico il rapporto tra operatore sanitario e paziente si realizza in una relazione umana dialogica, non oggettuale. Il paziente non è un individuo anonimo su cui sono applicate delle conoscenze mediche, ma una persona responsabile, che deve essere chiamata a farsi compartecipe del miglioramento della propria salute e del raggiungimento della guarigione.

Egli deve essere messo nella condizione di poter scegliere personalmente e non di dover subire decisioni e scelte di altri” (Nuova carta degli operatori sanitari n. 96). Per garantire tutto ciò, è necessario impostare una buona relazione con il medico che si esprime principalmente nel processo comunicativo. “Una comunicazione che sappia essere attenta alla storia della persona malata: entrare nella sua storia con discrezione e con l’amore che rendono attenti a tutte le sfumature; con una comunicazione progressiva e delicata; con una comunicazione che sappia infondere la gioia e la speranza sia nel caso si veda una prospettiva di guarigione, sia nel caso questa prospettiva non esista” (Card. Martini, Seminario nazionale dei medici cattolici, 1993). Questa relazione fiduciale porta a considerare la persona nel suo insieme, a guardarla cioè, in modo olistico:  sguardo capace, per questa ragione, di offrire una cura totale. Se esiste, un “dolore totale” (C. Saunders) esiste anche una cura totale; infatti, la dimensione olistica  si fa carico dell’interezza della persona e delle sue relazioni: dimensione fisica, intellettuale, emotiva, spirituale e sociale. Per essere capaci di fare ciò è decisivo saper passare dal semplice curare al prendersi cura; dal curare un organo malato al prendersi cura della persona tutta intera. Il verbo curare si riferisce alla rimozione della causa di un disturbo o di una malattia, all’interruzione radicale e al sovvertimento del decorso naturale della malattia. L’espressione prendersi cura, invece, esprime il coinvolgimento personale dell’operatore sanitario con la persona che soffre, coinvolgimento che si esprime attraverso la compassione, la premura, l’incoraggiamento e il sostegno emotivo, l’attenzione a tutti i bisogni, da quelli biologici a quelli spirituali. Questo perché l’essere umano, nella malattia, vive l’esperienza della frantumazione: la sua identità va profondamente in crisi facendo saltare tutti gli equilibri personali fondamentali, le aspettative nei confronti del futuro, i progetti di vita e il proprio ruolo sociale. Il malato non si riconosce più. Allora la cura olistica permette di riportare la salute a tutta la persona, senza dimenticare nessuno degli aspetti fondanti la propria personalità; ricompone i vari tasselli della sua storia dandole un volto nuovo e completo, ricollega, mettendoli in inter-azione, tutti gli aspetti fondanti e fondamentali del suo vissuto umano. Perché ciò accada, il malato ha bisogno di relazioni d’amore e di cura, di prossimità umana e calda empatia vissute all’interno di una sanante relazione di aiuto e di una comunicazione autentica, sciolta e libera da ogni forma di pregiudizio.

Don Egidio

DOMENICA DEL PERDONO

Concludiamo qui la riflessione introdotta la scorsa settimana in occasione della domenica della divina Clemenza, riprendendo alcuni spunti di Papa Francesco tratti dalla “Fratelli tutti”, sul delicato e  tema del perdono che  diventa decisivo soprattutto nel tempo di Quaresima e che il Vangelo pone come fondamentale da sempre : “Perdonate e sarete perdonati … Con la misura con al quale misurate sarà misurato a voi in cambio …” Papa Francesco, che già nell’ anno della misericordia, aveva abbondantemente aiutato la chiesa e il mondo a riflettere sulla logica del perdono, affronta il tema anche nell’ultima sua enciclica con un approccio interessante e quanto mai attuale. Al n 241 e seguenti si legge:” Non si tratta di proporre un perdono rinunciando ai propri diritti davanti a un potente corrotto, a un criminale o a qualcuno che degrada la nostra dignità. Siamo chiamati ad amare tutti, senza eccezioni, però amare un oppressore non significa consentire che continui ad essere tale; e neppure fargli pensare che ciò che fa è accettabile. Al contrario, il modo buono di amarlo è cercare in vari modi di farlo smettere di opprimere, è togliergli quel potere che non sa usare e che lo deforma come essere umano. Perdonare non vuol dire permettere che continuino a calpestare la dignità propria e altrui, o lasciare che un criminale continui a delinquere. Chi patisce ingiustizia deve difendere con forza i diritti suoi e della sua famiglia, proprio perché deve custodire la dignità che gli è stata data, una dignità che Dio ama. Se un delinquente ha fatto del male a me o a uno dei miei cari, nulla mi vieta di esigere giustizia e di adoperarmi affinché quella persona – o qualunque altra – non mi danneggi di nuovo né faccia lo stesso contro altri. Mi spetta farlo, e il perdono non solo non annulla questa necessità bensì la richiede. Ciò che conta è non farlo per alimentare un’ira che fa male all’anima della persona e all’anima del nostro popolo, o per un bisogno malsano di distruggere l’altro scatenando una trafila di vendette. Nessuno raggiunge la pace interiore né si riconcilia con la vita in questa maniera. La verità è che «nessuna famiglia, nessun gruppo di vicini, nessuna etnia e tanto meno un Paese ha futuro, se il motore che li unisce, li raduna e copre le differenze è la vendetta e l’odio. Non possiamo metterci d’accordo e unirci per vendicarci, per fare a chi è stato violento la stessa cosa che lui ha fatto a noi, per pianificare occasioni di ritorsione sotto forme apparentemente legali». Così non si guadagna nulla e alla lunga si perde tutto.

  1. Certo, «non è un compito facile quello di superare l’amara eredità di ingiustizie, ostilità e diffidenze lasciata dal conflitto. Si può realizzare soltanto superando il male con il bene (cfr. Rm 12,21) e coltivando quelle virtù che promuovono la riconciliazione, la solidarietà e la pace». In tal modo, «a chi la fa crescere dentro di sé, la bontà dona una coscienza tranquilla, una gioia profonda anche in mezzo a difficoltà e incomprensioni. Persino di fronte alle offese subite, la bontà non è debolezza, ma vera forza, capace di rinunciare alla vendetta».[226] Occorre riconoscere nella propria vita che «quel giudizio duro che porto nel cuore contro mio fratello o mia sorella, quella ferita non curata, quel male non perdonato, quel rancore che mi farà solo male, è un pezzetto di guerra che porto dentro, è un focolaio nel cuore, da spegnere perché non divampi in un incendio».

La quantità di conflitti  e di odio presente nel mondo, ma anche nelle piccole comunità e nelle stesse famiglie, ha raggiunto livelli preoccupanti e lo si vede bene dalle cronache quotidiane, ma chi  fa crescere dentro di sé  la bontà anche in mezzo a difficoltà e incomprensioni e persino di fronte alle offese subite, è un uomo veramente forte. La forza del perdono è la fonte della gioia che sembra essere scomparsa dal cuore degli uomini.                                                     

Don Marco


 DOMENICA 14 FEBBRAIO  Giornata mondiale del malato e Anniversario Lourdes

ore 15.00: S. Rosario

 ore 15.30: S. Messa e Benedizione di  Lourdes per 3ª età  e accompagnatori, Volontari, personale sanitario  ecc.


AIUTACI AD AIUTARE …

Il conto su cui è possibile effettuare anche detrazioni fiscali è quello intestato alla parrocchia su 

BPM / Milano : Iban: IT 39 G 05034 01750 0000 000 10716  Intestato a : Parrocchia Sacra Famiglia in Rogoredo 

Con le causali già indicate

1« Interventi in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemia da COVID-19» (comma. 1)

2«A sostegno delle misure di contrasto all'emergenza epidemiologica da COVID

3«Misure urgenti di solidarietà alimentare» (Circ. 8/E/2020, punto 5.4).

“La Bibbia in pillole”

curiosità bibliche  a cura di D. Di Donato

Domenica, 14 Febbraio, durante la Messa, leggeremo Isaia 54, 5-10.

Al versetto 10 leggiamo: “né vacillerebbe la mia alleanza di pace”.

L’alleanza è chiamata berît šālôm «alleanza di pace». In realtà, il vocabolo «alleanza» richiama per noi una correlazione, una bilateralità del rapporto. Qui invece è una promessa, un giuramento fatto da Dio su sé stesso: la creazione diventa il fondamento sul quale poter confrontare la verità della promessa. E šālôm non è soltanto «pace», intesa nel senso stretto di mancanza di guerra, ma è benessere, è la pienezza. Il modo migliore per rendere il termine: «giuramento di bene». Dio di fronte alla situazione d’Israele, offre una parola che porta a considerare dove sta la vera pienezza: accogliere questo Dio, Signore di misericordia, il cui affetto è un affetto eterno




Tutta la comunità si unisce con affetto nella preghiera alle care figlie,  ai parenti, agli amici e colleghi tutti del Dott. Lucio Macchi  per la scomparsa  improvvisa della moglie Anna Esposito.


 

 CALEDARIO

14 Domenica Ultima dopo l’Epifania

ore 9.00 : 6° inc. fidanzati

ore 15.00: S. Messa e Benedizione di Lourdes (per 3 età e anziani)

17 Mercoledì

ore 21.00: Cenacolo

21/2  Domenica I di Quaresima

ore 9.00 : 7° inc. fidanzati 

 

SUFFRAGI

16/2 Martedì 

ore18.00 Sandrini Luciano

17/2 Mercoledì 

ore18.00 Giovanni e Teresa Seregni; Vittorio e Marina Cazzaniga; Laura De Marchi; Teresa Strada.

18/2 Giovedì 

ore18.00 Edga Castro

20/2  Sabato 

ore 18.00 Rheo Gerardina; Baioni Gaspare

 

OFFERTE

Per Caritas 100 +1000 +300. 

Per necessità della parrocchia : 50 +300