Quarta settimana. Venerdì 5

a cura di Don Luigi Galli

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Digiunare, cioè imparare a cambiare il nostro atteggiamento verso gli altri e le creature: dalla tentazione di “divorare” tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore.
I ‘segni’ quaresimali cominciano con il digiuno. La tradizione secolare della Chiesa ci ha consegnato l’indicazione di praticare il digiuno seguendo l’insegnamento stesso di Gesù che digiunò quaranta giorni prima di iniziare la sua missione.  Il digiuno occupa un posto importante nella pratica religiosa anche se oggi suscita non poche perplessità. Si esige perciò una rilettura del digiuno che ne faccia cogliere il senso profondo.
Credo che si possa riassumere l’importanza del digiuno in un parola: fare ordine per restituire ‘snellezza’ alla libertà. La nostra libertà è ferita; la sua debolezza rischia di lasciarla in balìa dell’ingordigia e dell’avarizia. L’ingordigia mette disordine, cambia le proporzioni, obnubila la mente e ci allontana dalla contemplazione di Dio.  E’ evidente che l’ingordigia si ‘gonfia’ quanto più ha davanti le cose di cui è ghiotta.
Il nostro testo usa un linguaggio molto chiaro: ci chiede di passare, con il digiuno, dalla tentazione di divorare alla ‘capacità di soffrire per amore’.  Non è necessario passare in rassegna quali sono le cose che ci fanno gola; ognuno di noi le conosce bene: piacere, denaro, dominio, potere, mollezza della vita, trascuratezza e disinteresse per gli altri.
E’ più utile guardare al positivo di come mettere ordine dentro di noi; l’indicazione del Papa è preziosa: ‘capacità di soffrire per amore’.  Siamo abituati a parlare di ‘sacrificio’ e questo ha dato una patina di tristezza al cristianesimo che, in molti casi, l’ha reso improponibile. D’altra parte noi seguiamo un Crocefisso; il digiuno ci aiuta nella riscoperta della gioia della Croce. Gesù ha dato se stesso per noi ed ha fatto tutto al nostro posto; il cristiano sa che deve tutto alla Croce e che nella Croce il nostro ‘debito’ è estinto.  Ma propria la Croce ci indica il centro dei nostri desideri e dell’ordine che la fede offre alla nostra vita. Allora per meglio rendere l’idea io preferisco parlare di ‘fatica’ (‘capacità di soffrire per amore’).
La gioia della sequela della Croce esige la fatica (che è una cosa diversa dal dolore); la fatica è creare un ambiente ‘pulito’ attorno alla libertà perché possa crescere. Noi fatichiamo quando dobbiamo mettere ordine perché ci vuole metodo e costanza, capacità di tenere la direzione giusta senza troppe distrazioni, la fedeltà alla parola data, la costanza che fa durare la fedeltà nel tempo. L’immagine che mi viene in mente è quella della ‘vergini prudenti’ che hanno vegliato, con fatica, per attendere lo sposo che tardava ad arrivare.
Il digiuno mette ordine perché è un segno esteriore che ha senso solo se indica ‘un atteggiamento interiore diverso verso gli altri e verso le creature’. La libertà che mette ordine è anche quella che sa creare un gran disordine.  Ognuno deve interrogarsi sull’ordine che è più urgente per se stesso: ordine nel cibo, ordine nell’uso del tempo, ordine nel lavoro, ordine negli affetti, ordine nella pulizia mentale….
Il digiuno, perciò, non riguarda solo il ‘mangiare’, ma c’è un digiuno doveroso dal lavoro (lavorare troppo fa ‘perdere tempo’ per cose più importanti), digiuno nelle spese, digiuno delle parole (senza il silenzio le parole perdono di valore), digiuno del sonno, digiuno nel divertimento smodato…
Mi permetto un’ultima osservazione; c’è una emergenza educativa che emerge dalle comode condizioni di vita in cui viviamo: i giovani vanno educati alla ‘fatica’. Si è diffusa l’illusione e la pretesa che si possa avere tutto e subito e che ogni desiderio debba essere riconosciuto come un diritto che altri (genitori, Stato) debbono garantire. Questa condizione è deleteria e piena di rischi perché toglie spazio alla libertà la quale fa sempre rima con responsabilità. La fatica è ‘il sale’ delle cose belle, così il ‘digiuno’ è ciò che fa gustare le cose per quello che sono e che valgono. Evitare agli altri di fare fatica (penso a molti genitori che ‘riempiono di cose’ la vita dei loro figli) alla lunga fa perdere il gusto per la vita.