Terza settimana   Mercoledì 

a cura di Don Ligi Galli

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Rompendosi la comunione con Dio, si è venuto ad incrinare anche l’armonioso rapporto degli esseri umani con l’ambiente in cui sono chiamati a vivere, così che il giardino si è trasformato in un deserto (cfr.  Gen. 3,17-18).

La rottura con il fondamento originario (Dio) provoca la rottura conseguenze tra gli uomini e degli uomini con l'ambiente.

L'immagine usata è quella biblica del giardino; a cui la stessa scrittura contrappone quella del deserto. Il giardino vive di acqua per le radici e di luce per le foglie; non sono simboli generici ma sono gli stessi che vengono usati per indicare l'azione dello Spirito. L'acqua è simbolo di vita e di forza: senza acqua la vita non è possibile.  La luce​ illumina e rende possibile la crescita nella verità. Lo Spirito è capace di far fiorire il deserto e d'altra parte senza la Grazia dello Spirito il grande giardino della creazione sfiorisce e pian piano diventa un deserto; senza acqua e senza luce la vita diventa stentata e instabile e l'unica luce possibile è quella artificiale.

Uscendo dalle immagini ognuno di noi può descrivere e verificare questa decadenza sia dentro di sé, sia fuori di sé: la desertificazione del nostro pianeta è preceduta sempre dalla desertificazione del nostro cuore.

A questo punto è necessaria una piccola digressione; l'uso di questo linguaggio è esposto al rischio della retorica che sovente descrive la condizione del peccato come triste e angosciante; è una retorica pericolosa: l’esperienza ci dice invece che il peccato sazia e piace soprattutto se l'euforia del piacere impedisce di vedere che su ogni cosa che possediamo e su ogni azione che facciamo è incisa - in piccolo -  una data di scadenza.

E' 'la pubblicità ingannevole' del Maligno a cui non sempre sappiamo resistere; il vero problema del peccato è che non ha futuro. Nel presente il peccato piace e l'euforia può riempire l'anima ma non la sazia; l'ombra del deserto improduttivo può giungere da un momento all'altro e come un ladro ci ruba ogni illusione.

La sazietà non porta gioia ma solo allegria.

Nel testo del Papa viene ribadito il fatto della profonda comunione che legga insieme il Creatore e le creature; per usare un’immagine di Nietzsche possiamo dire che, tolto il fondamento, la vita dell'uomo diventa un ‘eterno precipitare’ senza più né alto né basso e senza estensione a destra o a sinistra.

Il richiamo forte e originale dell’ecologia globale sta proprio in questa profonda ‘unità circolare’ che lega insieme Dio, esseri umani e l'ambiente.

L'assenza di un riferimento ‘solido’ e non solo formale introduce nel mondo uno squilibrio profondo.

In questo senso i cristiani sono impegnati a testimoniare il ‘Fondamento’ ed è qui che la loro testimonianza si interseca con il desiderio diffuso nel cuore di coloro che, pur non credendo in Dio, cercano un fondamento sicuro su cui far germogliare e crescere l’unità del genere umano nell’unità del Creato.

Nel linguaggio cristiano questo concetto è chiaramente espresso dal Concilio quando parla della Chiesa come ‘sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano’.