Bisogna che mi presenti: mi chiamo Onorio Fortunato; gli amici mi chiamano confidenzialmente O Effe. Il perché di questo nome un po’ stravagante lo si capirà al termine della storia che sto per raccontare. Dimenticavo: sono un asino, non nel senso di stupido, ma proprio di asino.
Per la verità, quando ebbe luogo quello che sto per raccontare, ero un asinello.  Tutto accadde (quasi) all’improvviso. Vidi arrivare due individui trafelati che parlottavano tra loro. Non pensavo che cercassero me. Infatti, all’epoca, per l’età che avevo (quasi un anno) non ero ancora stato adibito a nessuna delle funzioni per cui in Palestina servono gli asini. Nessuno ancora mi era salito in groppa; non avevo ancora portato pesi e me ne stavo tutto il giorno vicino alla casa dei padroni che, per prudenza, mi tenevano ben legato al muro. L’asino con cui vivevo era in realtà un’asina perché si trattava di mia madre. Più o meno sapevo della vita che mi aspettava; anche se mia madre, in modo vago e sornione come fanno di solito gli asini, mi aveva accennato di un tale che era passato per casa qualche volta; era un amico del padrone e mi guardava con un occhio particolare. Secondo lei aveva un disegno su di me. Non si sbagliava.
Arrivano i due trafelati. Erano i giorni della Pasqua (io non potevo saperlo perchè era la prima Pasqua della mia vita); discutono con il padrone e mi slegano.
Io cominciai a preoccuparmi; mi era sembrato che il padrone si stesse affezionando a me e quindi non capivo la facilità con cui  permetteva a degli sconosciuti di trascinarmi via; a  far cosa, poi?
Opposi resistenza; la situazione non era chiara e i due erano un po’ antipatici. Parlavano tra loro di andare a Gerusalemme. E perchè non vanno da soli e a piedi? Gerusalemme è poco distante. (Dimeticavo di dire che io sono di Betfage, quattro case, appena dietro il Monte degli Ulivi, a due passi da Betania). Non era chiaro cosa andassero a fare a Gerusalemme; uno diceva che sarebbe certamente successo qualcosa di grosso e che a lui doveva toccare di stare tra i primi nel ‘regno’ (ma quale regno? mi sembravano se non dei poveracci, certamente non gente di alto rango); l’altro rispondeva che, con tutta la fatica che aveva fatto fino ad allora, il braccio destro doveva essere lui e che comunque bisognava fare i conti anche con gli altri dieci.
A meno che – e qui il discorso si faceva ancora più misterioso – il maestro avesse fatto un gesto speciale dei suoi, spiazzando tutti.
‘Non credo – diceva il più focoso – perchè non può rovinare tutta la fama che si è fatto in Galilea’. Questo nome mi ha fatto ridere; dovete sapere che tra gli asini circolano molte storielle divertenti sulla stupidità degli asini di Galilea. Beh – mi son detto – se questa è gente della Galilea posso stare tranquillo; non combinano nulla di buono: basta che non mi portino con loro in quel postaccio del Nord.
Trotterellavo tranquillo immerso in questi pensieri quando mi trovo davanti a lui. I due gli consegnano la corda che avevo al collo. Per prima cosa me la toglie (poi ho saputo che lui toglie le corde a tutti quelli che incontra perchè li lega in un altro modo) e mi dà una carezza. Io ho cominciato a non capire più niente. Non erano mani normali; erano leggere e calde, più calde della lingua di mia madre e comunicavano un senso di gioia e ottimismo. Trovare uno che si prende cura di un asino non è cosa da poco, ma lui ha fatto di più: mi ha fatto capire che gli servivo e che ero importante per lui. Ma non è finita: quasi con terrore ho capito che voleva cavalcarmi. E’ stato un attimo terribile. Adesso ho capito perchè mi avevano slegato e portato fin lì: era giunto il momento di essere cavalcato (brutto verbo che non sopporto, non solo per via del riferimento al cavallo, ma perchè ho sempre sentito gli asini adulti lamentarsi che, a parte i bambini, portare  qualcuno ti spacca la groppa in due). Ero troppo giovane e nessuno mi aveva ancora cavalcato; di solito si comincia con i bambini, ma questo era un uomo e che uomo!
Io mi sono spaventato e mi sono messo di lato; ‘avete sbagliato, dovevate prendere un altro asino; io sono ancora giovane e inesperto’. Lui fece finta di nulla e dolcemente mi tirò a se. Io non seppi resistere, chiusi gli occhi, strinsi i denti e ‘sia quel che sia;  c’è sempre una prima volta: speriamo di non cadere’.
Rimasi in attesa;  mi sembrò che non succedesse più nulla: ‘meno male, ha capito che non sono un asino adatto’ . Ma poi, ecco, di nuovo una carezza...Incredibile lui era già su di me ed io non sentivo alcun peso; ‘Non è possibile: è vero che è magro, ma non sentirlo neppure. Mi è andata bene per essere la prima volta sono un asino Fortunato’.
Il personaggio che avevo in groppa si abbassò dolcemente e mi sussurrò all’orecchio: ‘E’ ora: dobbiamo andare’.  Ormai per me era fatta; non potevo tirarmi indietro, ma non sapevo neppure come fare ad andare avanti.
Se penzola da una parte e cade? Se comincia a picchiare? E poi ‘andare’, ma dove? E a fare che? E come faccio a tornare a casa: io non conosco ancora le strade. Qui si mette male.
Cominciavo a non capire più niente; ‘è vero che sono un asino, ma non sono stupido come quelli della Galilea’ . Improvvisamente ho pensato a mia madre: se lei mi ha lasciato andare vuol dire che potevo fidarmi; non avrebbe mai accettato, precisa com’era, di lasciarmi andare con degli sconosciuti. Magari era dietro e mi seguiva per riportarmi a casa. Mi girai per  rassicurarmi e invece di mia madre vidi un gran movimento di gente: tanti bambini che correvano da tutte le parti. Lui doveva essere simpatico ai bambini perchè lo salutavano con gioia. C’erano anche altri asini, ma mia madre no. Attimo di panico. E’ durato poco perchè avvertii una sensazione che non avrei più dimenticato e che ha cambiato definitivamente la mia vita di asino. Mi sembrò di essere portato in braccio; giuro: questa era la sensazione. Non ero io che portavo questo signore importante, ma era lui che portava me. Mi rendo conto che quello che dico ha dell’incredibile, eppure era così. Ma chi è Costui? E perchè ha valuto un asino come me?
Ma perchè mi fa sentire così leggero?. Deve essere qualcuno di veramente importante; così oltre che Fortunato mi sentivo anche Onorato.
Preso da questi pensieri quasi non mi accorsi di essere ormai in cima al monte e lì davanti vidi, finalmente, Gerusalemme. E’ stata un’emozione grande; tutti parlavano della città che stava di là dalla cima, ma io fino ad allora conoscevo bene solo le mosche e le crepe del muro che avevo sempre davanti agli occhi.
Gerusalemme è bellissima; non sembra neanche una città. Il tempio, enorme e bianco, era proprio lì di fronte a me; in realtà stava al di là della Valle così che per raggiungerlo bisognava scendere e risalire. Davanti a noi stava una bella porta,  con un frenetico via vai di gente. Arrivavano da lontano dei canti e si intravedevano processioni di gente variopinta, in preghiera. Anche se non ero ancora un asino esperto ho capito subito che doveva trattarsi dei preparativi di una grande festa.
Il mio ‘passeggero leggero’ alla vista di Gerusalemme ha avuto un fremito, come se piangesse; non potevo vederlo, ma rallentai l’andatura quasi per fargli capire che potevamo ancora tornare indietro. Lui avvertì che avevo rallentato il passo mi toccò dolcemente e sospirò; mi sembra che abbia detto :’non possiamo fermarci; è una vita che aspetto questo momento. Su coraggio, non sono solo’.
(Povero illuso; se solo avesse saputo quello che sarebbe successo di lì a poco).
Appena iniziai la discesa giù per un bel sentiero, nascosto tra fichi e ulivi, dalla folla che avevamo attorno e che si andava sempre più ingrossando si alzò un canto. Le parole erano per me nuove e strane; le avrei capite molto più tardi. ‘Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore, osanna al Figlio di Davide’. ‘Figlio di Davide’  Vuoi vedere che questo è un signore nobile e che nella grande città riceverà tanti onori? Allora i galilei non avevano torto; qui c’è un regno in vista. Per questo hanno preso un asino piccolo, così sarebbe cresciuto bene e sarebbe stato un asino da re (alla faccia di tutti i cavalli).
La folla cresceva; quasi facevo fatica ad attraversarla. Finalmente alzai la testa e presi un aspetto fiero come si conveniva al momento; ogni paura se n’era andata: la leggerezza del Signore, la vista della folla, i canti esaltati, la festa...tutto era bello e mi sentivo importante; ero passato quasi all’improvviso dalla paura al sogno; tutto era chiaro: il potere è nostro! (Col senno di poi ho capito che quello fu l’unico pensiero da asino stupido). Qualcuno cominciò a stendere rami e vestiti per terra; per me era un problema perchè rischiavo di inciampare ad ogni passo. Mi parve che il Signore importante si sentisse un pò sollevato.
Ero così preso dalla folla che quasi non mi accorsi di alcuni personaggi che guardavano tutto stando in disparte; non sembravano affatto contenti. C’erano anche i soldati romani a cavallo; non stavano per niente bene in quella scena. Mi sono sentito più bello e più importante dei cavalli. Loro erano alti e forti, ma tanto irrequieti; certo loro sono animali da guerra, gli asini, invece, sono animali di pace;  quei cavalli mi facevano paura; non erano lì per far festa al Re. Io credevo che ce l’avessero con me per invidia; in realtà non accettavano il nuovo Signore.
Se i romani andavano avanti e indietro, quelli in disparte stavano fermi ed erano molto pensierosi; non potevano andare su e giù perchè avevano degli strani vestiti; pensai:’Almeno ci fosse qui mia madre che conosce tutte queste cose; lei era stata tante volte a Gerusalemme e quindi conosce queste persone importanti  che a Betfage non si sono mai viste in giro’.
Cominciai a temere per la mia Leggerezza. Perché non tutti erano contenti? Cosa stavano pensando di Lui? Lo seppi subito quando cercarono di far tacere i bambini e la folla osannante. Il Signore reagì; mi parve anche un pò arrabbiato:  ’se tacciono loro – disse – si metteranno a cantare le pietre’.
Io non conoscevo il potere, ma avevo più volte sentito dire che può fare tanto male. Mi sarebbe piaciuto che tutti potessero provare la strana sensazione di gioia che ho avuto quando ho offerto il mio groppone al Signore importante. ‘Adesso non li perdo di vista un attimo: se solo pensano di fare qualcosa di male al mio Signore....’ Mi son voltato e non c’erano più.
La cosa mi inquietò non poco. Avevo la netta sensazione che fossero intenti a preparare qualcosa.
Il Signore era tranquillo, rispondeva al saluto dei bambini ed era contento di vedere tante gente che gli faceva festa. Anche il gruppetto dei suoi amici, tra i quali distinsi con chiarezza i due che mi avevano preso e che ormai mi apparivano simpatici, si era calmato e a stento riuscivano a tenere lontani i bambini (per me questi amici si davano troppo arie).
Stavamo risalendo, ormai dalla valle verso la porta del tempio. Girammo a sinistra e, a questo punto, il Signore scese e continuò a piedi.
Appena sceso mi diede un’altra carezza delle sue; c’era un grazie ed anche una specie di invito rassicurante: ‘aspettami qui e non muoverti’. Io lo segui con lo sguardo mentre si avviava verso la scalinata che portava nei cortili del tempio. Si fermò all’improvviso e, urlando, scacciò dal tempio una folla di venditori; ‘voi - diceva – avete cambiato la casa di mio Padre (sic!) e l’avete fatta diventare una spelonca di ladri’.
Ho proprio sentito bene e cominciai a chiedermi chi fosse veramente il Signore che avevo portato, e chi era suo Padre?. Dissi tra me. ‘Mi sa che se continua così qua finisce male e allora addio regno’. Dopo questa scena vidi che i suoi amici e la folla cominciarono a stare a distanza. Intanto i capi (ormai li avevo notati bene e sapevo riconoscerli, anche se erano vestiti in due o tre modi diversi) si stavano agitando. Si capiva che il Signore dava loro  molto fastidio. Facevano gestacci alla gente come per mandarli a casa. Io continuavo a cercare il Signore importante con lo sguardo, ma ormai non lo vedevo più. Penso sia entrato nel tempio.
Mi invase una grande paura. Ero così leggero con Lui in groppa e mi sentivo così confuso e appesantito senza di Lui.
Mi era rimasta la carezza. Il luogo dove aveva posto la sua mano aveva conservato la sua presenza; nelle ore, interminabili, che seguirono quella carezza mi sembrava fresca sotto il sole e quando il sole cominciò a tramontare, mi parve calda e rassicurante. Ero sicuro che sarebbe tornato; passò molto tempo. Forse mi sono anche addormentato un pò. A tratti mi assaliva la paura: se non viene a prendermi come faccio a tornare a casa; e poi: quale casa. Ormai mi sembrava impossibile stare senza di Lui. E’ come se mi avesse comprato; gli asini si affezionano. Ma il ricordo della carezza mi dava fiducia; in fondo Lui mi ha detto di aspettarlo lì.
Il tempio si stava svuotando, la gente rientrava a casa; ma Lui non si vedeva. Cercavo tra la gente che usciva dalla porta il volto di qualcuno dei suoi amici; ma non c’era più nessuno.
Si stava facendo buio; a quell’ora Gerusalemme è nel pieno del suo splendore; la luce radente fa vivere le pietre e sembra che ciascuna di esse brilli di una luce interna. Ero assorto nella gioia di quello spettacolo.
Sentii un rumore di passi che si avvicinavano veloci: era Lui con i suoi amici. Vedendomi sorrise.
Mi alzai di scatto pronto ad accoglierLo.  In quel momento capii che avrei potuto portarlo in capo al mondo.
Il suo volto era stanco e bellissimo; zoppicava un pò e non aveva il passo spedito con cui si era presentato al mattino; ‘Ha proprio bisogno di un asino’, pensai.
La leggerezza mi salì in groppa e, in silenzio, risalimmo dalla valle verso il Monte degli Ulivi. Non eravamo ancora in cima che già il buio era calato e i suoi amici accesero le torce.
A me parve che il Signore dormisse; comunque era pensoso. I suoi amici mi parvero preoccupati.
Era chiaro che qualcosa era andato storto; di regno non si parlava più. Rispetto al mattino mi sembrava di essere diventato un asino in fuga. Perchè non si era fermato a dormire a Gerusalemme? Cosa era successo esattamente nel tempio? Cosa stavano facendo adesso i potenti? Lo prenderanno di mira o lo lasceranno in pace? Il giorno dopo l’avrei rivisto oppure la mia vita tornava come prima? Ma, poi, chi era veramente Colui che avevo portato su di me in quel giorno?
Immerso in questi pensieri arrivai vicino a casa. Mia madre mi aspettava; Lui scese, mi diede una carezza e, all’orecchio, disse: ‘Grazie, ci vediamo domani’. Mi addormentai subito; ero sfinito. Sognai fino all’alba...  
 
  
(*) Questo racconto è stato trovato per caso.  Nonostante la sua evidente asineria forse a qualcosa può servire.